Acoustic Signature Thunder
Bello, un bel giradiscone tedesco, pesante e massiccio, di quelli che pensi subito che suoneranno bene. Quando te lo propongono in prova, che fai? Dici di no? Noi abbiamo detto di si, invece. Cosa facciamo? Partiamo subito con la polemica sul suono dei giradischi in base alla tipologia di telaio o ai materiali impiegati per realizzarlo? No, aspettiamo un po’ e cominciamo a parlarvi di Acoustic Signature, azienda tedesca affermata da anni e fino a ieri distribuita in Italia senza troppa convinzione. Ora si avvale di un nuovo distributore che, saggiamente, ha subito provveduto ad inviare un suo prodotto da recensire. L’azienda ha una produzione abbastanza vasta ed il Thunder è il secondo modello in ordine d’importanza, partendo dall’alto. La linea contempla anche due pre-phono e vari accessori. Il Thunder è realizzato interamente in alluminio pieno, con una base rotonda da 70 mm dal peso di circa 25 Kg ed un piatto da 50 mm in alluminio con inserti chiamati Silencer, atti a smorzarne le risonanze e le vibrazioni. L’eliminazione del rumore dovuto alla rotazione del perno è tra le caratteristiche del progetto, così come la notevole massa del piatto, che raggiunge i 15 Kg. La precisione dei fori praticati sul piatto per ricevere i 24 Silencer, è di 1/100 di mm. Il perno, cuore di ogni giradischi, dev’essere lavorato al fine di produrre meno rumore possibile, la minima frizione durante la rotazione e una stabilità di prestazioni sul lungo periodo. E’ prodotto in acciaio con particolari caratteristiche di durezza ed è provvisto di una sfera in lega di tungsteno alla base. La sede del cuscinetto è realizzata in bronzo auto-lubrificante e quindi non necessita di manutenzione. Alla base del cuscinetto, si utilizza un materiale ad alta tecnologia sviluppato in proprio, chiamato Tidorfolon. I cuscinetti lavorano quindi a secco, senza olio. Il motore è esterno, ospitato in un pesante cilindro, sempre in alluminio, ed è controllato elettronicamente dall’unità esterna AlphaDig, regolata da un quarzo. Risulta quindi insensibile alle fluttuazioni di tensione o ai disturbi iniettati sulla rete dagli elettrodomestici connessi all’impianto elettrico dell‘abitazione. La base per il braccio è completamente regolabile tramite una slitta sotto la base principale, fissata con due brugole. V’è la possibilità, su richiesta, di montare fino a tre bracci. I tre piedi cilindrici permettono la messa in bolla del giradischi con semplici regolazioni. La velocità, 33 o 45 giri, si regola direttamente dal controllo esterno, tramite due diversi pulsanti. Il peso dell’intero giradischi oscilla dai 41 ai 46 Kg, a seconda degli optional montati. Il nostro è arrivato provvisto di braccio, uno SME IV.
Ovviamente avremmo preferito una basetta per il nostro Graham ma i tempi erano stretti e non potevamo attendere. Quindi, vi preghiamo di tenere ben presente che abbiamo ascoltato l’insieme giradischi+braccio e parleremo del suono di questo insieme. Del resto, se il fabbricante ritiene che l’accoppiata sia sinergica, per noi va benissimo. Naturalmente abbiamo provveduto a montare la nostra testina di riferimento, la Lyra Helikon. Allineare la testina quando si tratta dei bracci SME è semplice come bere un bicchier d’acqua e richiede solo poco tempo in più. Chi di voi non conoscesse i bracci SME, sappia che la posizione della testina è fissa ed il suo allineamento si ottiene muovendo avanti e indietro tutto il braccio, sulla slitta apposita. Con una semplice dima, il setup non crea alcuna difficoltà neanche a chi vi si cimenti per la prima volta. Un po’ meno immediata è la regolazione del VTA, ché il braccio va sollevato ed abbassato con attenzione, non avendo alcun riferimento, né fermi intermedi. Quando allentate le stesse due brugole che servono per allinearlo, lui scende completamente. Dovete quindi alzarlo e ristringere le brugole una volta trovata la giusta misura, mentre lo tenete fermo con una mano. Niente d’insormontabile, beninteso. Ce l’ho fatta anch’io, che a manualità non sono proprio una cima. Il piatto dev’essere completato con un tappetino in pelle nera, forato in corrispondenza dei cilindri smorzanti, creando un effetto ottico decisamente gradevole. Un consiglio scontato ma doveroso: attenzione a dove mettete il giradischi, che non tutti i tavolini hanno una portata sufficiente a reggere gli oltre 40 Kg. Come potete vedere dalle foto, io ho utilizzato il supporto che normalmente ospita i miei pesanti finali. L’operatività non crea alcun problema, il braccio è leggero e ben stabile, la leva per sollevarlo ha una buona resistenza e dovrebbe scongiurare manovre maldestre. Lo SME si muove leggero lungo i suoi assi, apparentemente senza resistenza. L’antiskating si regola con la semplice ghiera graduata ed il valore deve corrispondere al peso impostato. Per quest’ultimo, facilmente regolabile, vi servirà la bilancina, visto che non vi sono riferimenti, neanche per una regolazione empirica. Un’ultima cosa: il piatto è pesante e l’indicatore della velocità lampeggia fino a quando non si raggiunge la corretta velocità. Per accelerare i tempi ed evitare probabili usure alla cinghia, suggeriamo di esercitare una breve spinta per favorire la rotazione del piatto.
Il Thunder è stato inserito nel seguente impianto: testina Scan Tech Lyra Helikon, cavo phono: LAT International XLR, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, cavo tra pre phono e preamplificatore: Transparent Super XLR, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, cavo tra lettore digitale e preamplificatore: MIT Oracle MA Proline, preamplificatore: MBL 4006, cavo tra pre e finali: MIT Oracle MA-X Proline, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di potenza: MIT Magnum MA, cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, filtro di rete: Black Noise 2500. I cavi in uscita dal
braccio SME non sono bilanciati ed abbiamo risolto con semplici adattatori
Neutrik RCA/XLR. Ribadendo che l’ascolto è il risultato della combinazione
giradischi/braccio, valutiamo subito la Suite Española Op. 47 di Albéniz, eseguita dalla New Philharmonia
Orchestra diretta da Frühbeck
de Burgos (Super Analogue Disc). Il primo dubbio che vorremmo dissipare è
quello della differenza tra il suono col tappetino e quello senza, col vinile
appoggiato direttamente sul metallo del piatto. Il medio-basso ci sembra più
corretto (nel senso che risulta più asciutto) senza il tappetino. Il basso
profondo va bene e la precisione nel distinguere i singoli strumenti della
grande orchestra ci sembra sufficiente, anche se forse si può fare di meglio
(si può sempre fare di meglio, purtroppo). Bene la dinamica, che in questa
registrazione abbonda. La grancassa è un pochino arretrata. La velocità nei
transienti di “Castilla” è più che sufficiente. L’immagine tridimensionale si
sviluppa molto bene sia in larghezza che in profondità e non dà adito a
critiche. Ben riprodotta la microdinamica di “Asturias”, non manca nessun
particolare, per quanto semi nascosto nel solco di vinile. Rimetto il
tappetino, ascolto di nuovo il brano e noto un aumento del medio-basso che
forse diventa un filo preponderante ma siamo nel campo dei gusti d’ascolto e
dell’equilibrio tonale, che può variare anche a seconda dell’impianto
utilizzato. Noi scriviamo quello che sentiamo e valutiamo quello che crediamo
essere più corretto nella nostra catena audio, che è probabilmente diversa
dalla vostra. Prendete quindi queste osservazioni per quello che sono e non per
critiche, perché tali non sono. Sempre col tappetino al suo posto, forse si
percepisce un appena accennato aumento della microdinamica. La cosa si potrebbe
spiegare col fatto che la pelle tra disco e piatto evita i micro scivolamenti
dei quali il vinile potrebbe soffrire mentre la puntina fa resistenza nel
solco. La differenza, ribadisco, è sottile e potrebbe dipendere da un mio
condizionamento psicologico, quindi non prendete questa affermazione per certa
e fate le vostre prove. Io credo che preferirei ascoltare senza tappetino ma
con l’uso del clamp, che purtroppo è venduto a parte. So che non sempre e non
su tutti i giradischi i clamp vanno bene ma sono dell’idea che quando il disco
diventa un tutt’uno col piatto, generalmente il sistema suona meglio. Nel
proseguire gli ascolti, si fa sempre più notare l’eccezionale costanza di
rotazione del piatto; neanche nelle note tenute più a lungo si percepiscono
variazioni di tonalità. Una prestazione decisamente superiore, sotto questo
aspetto. Un po’ meno convincente invece è la capacità di descrivere i
particolari più minuti delle registrazioni, che col mio riferimento Basis 2001
con braccio Graham 2.2, sembra leggermente superiore.
In “Wish You Were Here” dei Pink Floyd (Harvest), la prova inizia col tappetino sul piatto. Dopo poco lo tolgo e riascolto “Shine On You Crazy Diamond” ed ho la conferma che il mat incupisce leggermente il suono, fa arretrare la chitarra rispetto alle tastiere e forse fa perdere qualche piccolo particolare per strada. Torno quindi ad ascoltare senza tappetino ma poco convinto su quale sia la soluzione migliore tra le due, visto che entrambe presentano pregi e difetti. Tocca fare delle scelte, mentre ripenso a quanto mi sarebbe piaciuto avere il clamp per le mani, visto che quello del Basis non calza sul lungo perno del Thunder. Ora, senza lo strato di pelle sotto al vinile, i colpi di grancassa sembrano leggermente “arrotondati”, mentre si mantiene uguale la caratteristica già notata di un addolcimento dei piatti e della gamma acuta in generale. Quest’ultima conserva però perfettamente tutta l‘”aria” che consente alla musica di fluire con naturalezza, senza dare l’impressione della famigerata tenda davanti ai diffusori. Il sax di Dick Parry è sicuro, graffiante e perfettamente intonato. Passo alla voce di Willie Nelson nel doppio vinile “It Always Will Be” (Lost Higway). Il basso elettrico è esteso, secco e ben integrato nel sound. Forse un po’ arretrato nella porzione medio-bassa ma è un’impressione, più che una certezza. La voce è stupenda e la steel guitar in “My Broken Heart …” è struggente come se stesse suonando qui di fronte. Globalmente, non è un ascolto isterico, come a volte capita e come i luoghi comuni sui giradischi ad alta massa e telaio rigido vorrebbero, anzi! Il suono scorre rilassato, forse persino con una dinamica un poco inferiore rispetto alle aspettative che una simile “corazzata” promette sulla carta.
Un gran disco è questo “Live At The Montreal Jazz Festival 1985” di Ahmad Jamal col suo quartetto. Il suono dell’Acoustic Signature ha un timing quasi rilassato, tanto che sembra girare un po’ più lento della velocità nominale. Verifico con lo stroboscopio che così non è e che il controllo quarzato funziona perfettamente. Una dolcezza tanto inaspettata quanto, molto spesso, gradita durante gli ascolti. Per la terza volta vi ricordo che stiamo ascoltando la sinergia tra giradischi e braccio e che cambiando quest’ultimo componente, certamente si potranno percepire differenze nella prestazione. Mentre ascolto, rifletto sul fatto che se facessi ascoltare ad un’ignara platea il mio setup analogico di riferimento a confronto con questo, entrambi nascosti alla vista ma dopo averli descritti al panel d’ascolto, probabilmente l’identificazione sarebbe invertita. Il che mette a tacere le “previsioni del suono” sulla carta, che peraltro ho sempre trovato assai fallaci. E’ vero che progetto e realizzazione di un giradischi ne condizionano il suono ma, come dimostra questa prova, basta un tappetino più o meno spesso appoggiato sul piatto, un braccio diverso o un clamp, per cambiare sensibilmente le caratteristiche sonore della sorgente in funzione. Coloro che: “A me il telaio sospeso fa schifo perché suona lento”, “Il plexiglas dà un’impronta sonora plasticosa”, “Il telaio rigido è sempre e comunque più dinamico”, ecc., sono solo in cerca della visibilità che il comune audiofilo con poca esperienza decreta in automatico a coloro che sputano sentenze apparentemente inappellabili, spesso alzando la voce. Chi vi scrive, invece, ascolta dubbioso qualsiasi soluzione o apparecchio si trovi di fronte, senza preconcetti o chiusure immotivate. In questo caso devo prendere atto che la macchina in prova non raggiunge la dinamica e la velocità del mio “morbido” riferimento, per esempio. Per contro, devo riconoscere che l’alta massa del piatto dell’Acoustic Signature ed il controllo elettronico della velocità, conferiscono una costanza di rotazione estrema, con la conseguenza di emettere suoni dalle tonalità perfettamente stabili. Se avessimo ancora spazio e non temessimo di annoiare i lettori, potremmo lanciarci nella diatriba sulle varie tecniche di trazione del piatto ma vedremo di trattare questa cosa in futuro ed in sede da decidere. Nel frattempo, è il caso di tirare le conclusioni su un apparecchio che decisamente ci è piaciuto, con la sua immagine di solidità e serietà e col suo modo di riprodurre la musica estremamente equilibrato, senza colpi di teatro e senza pecche. Il suo prezzo è abbastanza elevato ma c’è da dire che i materiali impiegati e la complessa lavorazione per giungere al risultato finale hanno dei costi che per un giradischi prodotto interamente in Germania non sono indifferenti. Se potete, guardatelo da vicino (le immagini non rendono bene l’idea della qualità della realizzazione), toccatelo, ascoltatelo. E’ probabile che vi venga voglia di portarvelo a casa. Fatevi aiutare, che è pesante … Angelo Jasparro |
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