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Altec Duplex 604, ovvero il ritorno dei Giganti
Strano mondo, il nostro mondo così perfetto.. con la sua preoccupante deriva tecnologica.
Ipod, Ipad, Minitablet, Earplug e Minibox in perfetto stile “piccola fiammiferaia” di Andersen sono l’incubo perfetto di tutta una generazione, come la mia, persa tra i ricordi di luccicanti frontali di amplificatori, di aghi danzanti di vu-meter e di minacciose batterie di woofer da 15”, pronti a spolverare, a suon di bordate di basso, i ninnoli impolverati dei nostri genitori. Domina ormai l’algido oggetto-elettrodomestico, iper-disegnato, tragicamente de-materializzato, miniaturizzato, sensorialmente pressurizzato come la carlinga di un aereo, che tutto tollera, purché sia e rimanga a limitata ripercussione emotiva. E il nostro piccolo mondo della Hi-Fi domestica non fa eccezione, diffusori sempre più piccoli e stylish, a misura di moglie e suocera, e, aggiungo, a elevato rischio di addomesticamento e femminilizzazione. Tanto da farci chiedere, a noi poveri maschietti sopravvissuti, cosa ci resti del divertimento, che non sia palesemente ... illegale, parafrasando Oscar Wilde? Ebbene, almeno in hi-fi l’antidoto esiste ed è a tutt’oggi reperibile, con relativa facilità e un po' di sana applicazione soltanto, e a costi tutt'altro che improponibili. Stiamo parlando del mitico trasduttore concentrico Altec 604 Duplex, che nasce negli anni '40 a Hollywood, California, e miracolosamente ancora in produzione nella sua ultima incarnazione denominata 604-8H-III; assieme al Tannoy Super Gold sicuramente il più famoso trasduttore audio della storia. E’ una vera icona del suono americano, la Harley Davidson degli altoparlanti, in produzione da oltre 70 anni (!) ma tutt'ora vivo vegeto & venerato da stuoli di amatori e appassionati in tutto il mondo. Prodotto giurassico e modernissimo allo stesso tempo, ma capace ancora oggi di stupire con le sue qualità anche l'ascoltatore più smaliziato, oramai avvezzo a materiali di derivazione aerospaziale come il berillio, il titanio, la ceramica e il diamante artificiale, entrati di prepotenza anche nelle nostre sale di ascolto. Già l'aspetto esteriore, con la sua magnifica carrozzeria laccata (a seconda della generazione) in nero antracite, in verde smeraldo o in grigio/bianco, incute rispetto e timore, per bellezza e imponenza. I suoi 18 kg di peso, le sue forme levigate, il suo cestello forgiato, la magnifica membrana cartacea da 15” di alchemica composizione, i suoi pesanti magneti concentrici di purissimo Alnico (materiale oggi improponibile per i costi altissimi) ed il tweeter concentrico a compressione, con l’inconfondibile tromba a settori in bachelite, che fa capolino nel centro del cono, ci raccontano di un mondo che oggi non c’è più, agli esatti antipodi del nostro che rifugge dall’esibizione virile della tecnologia, ma piuttosto la nasconde con malcelato pudore all’interno di una carrozzeria firmata. Non ci soffermeremo in questa sede sulle diversità e peculiarità delle diverse serie, dalla prima “A” alla “K”, informazioni facilmente reperibili in rete, segnaliamo solamente che mentre le prime serie con il famoso bollino blu di Hollywood raggiungono quotazioni da antiquariato, le serie più apprezzate dal punto di vista sonoro sono, in ordine crescente, le C, le rare D e le E. (vedi fig. 1, 604D e 604E a confronto) fig. 1
Si fa notare che questi trasduttori, nati originariamente come monitor per i principali e più titolati studi di registrazione erano essenzialmente venduti privi di cabinet, di cui erano solamente indicate le misure e le forme corrette. Una delle tipologie più diffuse per qualità sonora risponde alla storica sigla “620”, oltre trecento litri orgogliosamente esibiti, dalle fattezze "pericolosamente" vicine a una lavatrice industriale. (vedi fig. 2, cabinet 620 assemblato) fig. 2
Ma cosa dobbiamo dunque aspettarci da questi mostri sacri, una volta montati in cabinet? Innanzitutto un indice di gradimento muliebre piuttosto basso, tendente allo zero assoluto, con la sicura contropartita, però, di un indice di godimento sonoro decisamente alto ... pieno, lungo e lento, per dirla con Biagio Antonacci. A voi la scelta, quindi, anche se, viste le dimensioni di questi manufatti, rimane a mio avviso consigliabile una collocazione degli stessi in territorio “no-fly-zone”,al sicuro da incursioni muliebri o da promesse fidanzate, che potrebbero scoprire in voi anche sospette tendenze maniacali represse ... Beh, arrivati fin qui vorrete sicuramente sapere come suonano questi giganti buoni ... e qui basterebbero due parole, un avverbio e un aggettivo: meravigliosamente bene. Doverosa però qui una premessa, necessaria a inquadrare la scala dei valori del sottoscritto: come appassionato di riproduzione musicale preferisco evitare sia l’ermeneutica classica da recensore hi-fi, sia la nostalgia audiofila tout-court. Non mi piace la recente rincorsa delle sonorità antiche, lente e gonfie dei tempi che furono, tant'è che è di mio recente conio la definizione di "vintage prestazionale", un crinale ideologico che divide gli oggetti del mondo di ieri in due categorie: i melmosi e i fuoriclasse, categoria quest'ultima che include i Garrard 301, i Thorens 124, gli Emt, le Quad Esl 57, gli Studer C37, i Marantz Model 9, tanto per citare apparecchi noti a tutti. Aspettatevi quindi da una coppia di 604, correttamente implementati, innanzitutto una voce emozionante e a tratti conturbante, ma anche spietata, per definizione e trasparenza, assenza di grana, incredibile vivacità dinamica, un immagine letteralmente scolpita a tutto tondo come solo i concentrici o i larga-banda sanno fare, coerenza incredibile, anche considerando l’incrocio altissimo per un 15”, a circa 1500 Hz, e un basso non profondissimo, ma veloce e timbrato, con una resa davvero stupefacente dei legni, dei contrabassi e naturalmente del pianoforte. Non dimentichiamo che il 604 è tutt’ora uno dei monitor più amati anche da personaggi come Dough Sax della Mastering Labs, specie per quanto concerne la resa delle tastiere. Ascoltare con questi altoparlanti i classici del Jazz, da Amstrong a Bill Evans, Ella Fitzgerald ma anche Elisabeth Schwarzkopf o il grande tenore Hermann Prey è un esperienza coinvolgente e ammaliante come poche. Da buon monitor ovviamente predilige un ascolto angolato e in campo relativamente vicino e naturalmente materiale sia in LP che in CD o su nastri master di prima qualità, mentre alle prese con moderne riprese multi-microfoniche e compresse ci restituisce spietatamente in faccia quanto datogli in pasto. Garbage in – garbage out, anche qui, come prevedibile, non si scampa alla vecchia regola. Ora un piccolo elenco di precauzioni, da osservare accuratamente, in quanto il 604, a dispetto dell’età rimane un purosangue a tutti gli effetti, e come tale va trattato a scanso di delusioni anche cocenti e anatemi indirizzate al sottoscritto: A) In generale: evitare l'acquisto di oggetti con provenienza da studi di registrazione dismessi, con condizioni men che ottime, anche al solo esame visivo. B) Controllare l'originalità e l'integrità delle membrane e del diaframma del tweeter. I materiali originali sono molto migliori di quelli offerti come ricambio. C) Indispensabile la misura della la resistenza delle due bobine, più vicini sono i valori, meglio funzionano in coppia, l’ideale sono le coppie “matched pair”, con numeri di serie consecutivi. D) Evitare le offerte "troppo" speciali e preventivare una spesa indicativa di 1500/2000 dollari la coppia, per le serie C, D o E (tutti a 16 Ohm), più spedizione (costosa purtroppo) e dogana. E) I crossover originali sono di fattura alquanto pragmatica, non sono all'altezza del manufatto, vanno a mio avviso preventivati altri 500/1000 USD per un crossover di classe adeguata, ottima la gamma offerta della Iconic Audio. F) Il cabinet: pur essendo nato in periodo anteriore ai parametri Small & Thiele il progetto del mobile 620 è altamente ottimizzato e di grande resa sonora. I materiali migliori sono il multistrato di betulla fenolico o marino, e gli spessori corretti sono 3/4 di pollice, evitare assolutamente costruzioni troppo smorzate, mdf o truciolati di basso rango, pena l'impoverimento armonico del suono. G) Interfacciamento: vista l’elevata efficienza, che supera i 100dB e la non elevatissima tenuta in potenza, circa 30 Watt, quasi si impone l’uso con valvolari a triodi single-ended di adeguato rango, tipo 300B o 845. Personalmente uso i monotriodi della Vaic Valve con le VV52, una valvola dalla dinamica esplosiva e dotata di grande apertura sulle alte, con un risultato complessivo davvero convincente. Per quanto riguarda i cavi si raccomanda l’uso di semplici e sottili cavi di argento di alta qualità, tipo i Kondo SpZ o similari. La mia piccola - spero non troppo tediosa - incursione nel mondo di questi fantastici e, ripeto, attualissimi trasduttori termina per ora qui, anche se molto ancora ci sarebbe da scrivere, a partire dai piccoli interventi di fine-tuning per ottimizzarne il rendimento alle più recenti realizzazioni a tema da parte di alcuni grandi nomi come Jean Hiraga, Jeff Markwart, Jean-Marie Piel a Wolf von Langa, con quest’ultimo che addirittura ne ripropone una trasformazione in field-coil, cioè dotato di bobine elettro-eccitate, il Sacro Graal della mitologia audio. Per i patiti degli approfondimenti storici tanto, per fortuna, si trova in rete su pagine dedicate (tra cui segnaliamo www.audioheritage.org, www.alteclansingunofficial.nlenet.net e www.jblpro.com ) e negli scritti di molti esperti e amatori, diffusi nei vari continenti e alla faccia della “piccola fiammiferaia” di Andersen, aggiungo io con un sorriso. Alessandro Costanzia |