Coincident Statement Linestage
Presentazioni.
È la prima volta che, con piacere, mi trovo a scrivere su queste pagine; suppongo che una qualche presentazione sia dovuta, se non di qualche interesse. Pertanto vi rimando, inserita nella dedicata sezione di presentazione del Team, a una brevissima introduzione al mio punto di vista (non che abbia importanza di per sé, ma ne acquisisce per voi al fine di inquadrare al meglio le mie opinioni) su alcuni elementi a me particolarmente cari nell'analisi di un componente ad alta fedeltà. Tolto il dente, via il dolore. Fatto? Bene, partiamo insieme. L'uomo dietro l'azienda, il prodotto dietro l'uomo. L'elettronica di cui parliamo, prodotta dalla canadese Coincident Speaker Technology, è ormai parte integrante del mio impianto da oltre un anno e, giusta o sbagliata che sia, credo di essermene ormai fatto un'opinione piuttosto precisa. Non per essere sbrigativo, ma siccome lo spazio è tiranno e preferisco sfruttarlo per parlarvi dell'elettronica, eviterò di tediarvi con la storia di questa azienda fondata nel 1993, rimandandovi per questo al sito del produttore, di certo non manchevole di informazioni in merito. Ritengo solo opportuno sottolineare quanto si tratti ormai di una realtà commerciale consolidata da vent'anni di presenza stabile sul mercato. Una doverosa menzione spetta alla politica di vendita, che si basa sul principio della distribuzione diretta dal produttore al cliente finale. Con gli ovvi benefici (prezzo d'acquisto), ma anche i limiti (possibilità di ascolto) conseguenti. Dietro al marchio, dietro all'azienda, come spesso capita nel piccolo mondo dell'high-end - ad esclusione di alcuni "grandi vecchi" - troviamo un uomo. Responsabile dell'idea, della nascita e dello sviluppo di tutte le sue creazioni. Nel caso in oggetto, trattasi di Israel Blume. Mi permetterei, sperando non si offenda, di definirlo un personaggio piuttosto atipico nel variopinto mondo dell'high-end. Molto diretto, schietto, potremmo persino definirlo bonariamente "burbero" talvolta, ma certamente un uomo dotato di forti idee proprie e distintive. Non troverete, nei suoi prodotti, quel lieve sentore di copia-incolla che spesso fa capolino nell'ormai moltitudine di oggetti che affollano il panorama high-end. Tasterete altresì con mano l'espressione diretta, e direi sin quasi "integralista", di idee chiare, figlie di obbiettivi ancor più chiari. Con poche o nessuna concessione al compromesso, anche quando questo potrebbe significare il potersi rivolgere a un mercato potenzialmente più ampio. L'obiettivo.
La "missione" dichiarata dello Statement Linestage, preamplificatore linea valvolare, profondamente atipico oggetto di questa prova, è, senza troppi panegirici, quella di "sparire" dall'impianto. Di consentire, ovvero, la regolazione del volume e l'ottimale adattamento di impedenze tra sorgente e finale, senza interferire sul loro bilanciamento timbrico. Unire la trasparenza e il silenzio dei migliori preamplificatori passivi a trasformatori, con la dinamica e la flessibilità d'impiego dei migliori pre attivi. Un obiettivo piuttosto chiaro: la creazione di un'elettronica che imponga quanto di meno la propria presenza. Questa prima osservazione dovrebbe già poter scremare non poco la potenziale "platea" dello Statement Linestage. Chi desideri un preamplificatore che porti con sé il suo suono, che connoti la timbrica del nostro impianto, dovrà guardare altrove. Parimenti le comodità - e le complicazioni circuitali che spesso ne derivano -, piaccia o meno, paiono esser integralmente bandite dal progettista quando e se giungano - a suo giudizio - a discapito della prestazione pura e dell'obiettivo prefisso. Lo Statement Linestage nasce "integralista" come il suo creatore, e così vi deve andar bene. Due soli ingressi linea, di cui uno selezionabile tra bilanciato e sbilanciato, e due uscite parimenti implementate per un possibile bi-amp passivo. Due manopole separate per la regolazione discretizzata monofonica del volume e... Nessun telecomando. Israel non è disposto a cambiare una virgola del suo progetto, poichè ogni singola scelta - riporta - è frutto di prove d'ascolto e, mi permetto di aggiungere, del chiaro concetto sposato del "less is more". Prendere o lasciare. Le uniche, non marginali, eccezioni sono volte al miglior inserimento con il resto dell'impianto; è pertanto possibile, con un semplice re-wiring richiesto al momento dell'ordine, avere due ingressi bilanciati o due uscite bilanciate, l'una escludendo l'altra. Opzione certamente più interessante ed utile è la possibilitá - attuata tramite un re-wiring sui trasformatori di segnale - di veder ridotto il guadagno standard da 20 a 14dB. Considerato il livello d'uscita delle moderne sorgenti digitali e il guadagno mediamente elevato dei finali di potenza in commercio... Come vogliamo dirla... Un guadagno medio-basso del preamplificatore, in generale, "è cosa buona e giusta". I motivi sono molteplici, volendo sintetizzare al massimo e scusandomi per la superficialità: 1 - Poter disporre di un ragionevole numero di step di regolazione del volume prima del raggiungimento di elevate pressioni sonore. 2 - Poter operare ove generalmente tali step, in un sistema discretizzato di attenuazione, siano tra loro più ravvicinati. A questo si aggiunga, in caso di classico potenziometro, il poter operare ove il tracciamento dei due canali sia più lineare. 3 - Semplicemente... Un guadagno elevato del preamplificatore, se abbinato a un finale dal guadagno parimenti elevato - a cui si aggiungano magari diffusori piuttosto sensibili -, porterà il rumore termico di fondo a un livello di fastidiosa udibilità. Di fatto, compromettendo la headroom dinamica del nostro sistema. Concludo subito la divagazione, non mancando però di menzionare l'ultima "feature" utile di questo preamplificatore, ovvero la possibilità di sollevare dal collegamento di massa l'alimentazione. Utile nel caso vi siano problemi di rumore legati a loop di massa. Il preamplificatore. Vediamo quindi brevemente come si presenta il nostro preamplificatore. Cosa mostra, e anche parte di quanto giace "sotto il cofano". Devo altresí riportare la richiesta di risevatezza in merito alla descrizione di alcune peculiarità circuitali. Non posso invero che comprendere (e pertanto rispettare) la posizione, quando trattasi di soluzioni decisamente non comuni ma che sarebbero più o meno facilmente replicabili se rese note. Come le fotografie vi mostrano, abbiamo due telai di formato atipico (25 cm L x 35 cm P x 20 cm H). Frontali(ni) in classico alluminio spazzolato e telai in lamiera di acciaio inox rifinita a specchio. Molto buono il livello di finitura, pur esprimendo mie personalissime riserve sul design espresso (ma sappiamo essere questione molto soggettiva). Come prevedibile, in un telaio troviamo l'alimentazione - e che alimentazione, lasciatemi dire -, nell'altro lo stadio linea vero e proprio. Tra loro un cordone ombelicale piuttosto rigido e dotato di buoni connettori con blocco di sicurezza a vite. Come anticipato, la prima sorpresa nasce dall'osservazione del frontale del telaio di amplificazione. Quelli che a prima vista potrebbero esser scambiati per i classici selettori rotativi destinati a controllo del volume e selezione ingressi, sono in realtá entrambe manopole di regolazione del livello. Sulle peculiaritá dell'attenuatore implementato, torneremo in seguito. Proseguendo nel "colpo d'occhio", incrociamo solamente una levetta di selezione dello stato di mute e una di commutazione tra i due (soli) ingressi disponibili. L' "ossessione" per il minor degrado del segnale si annuncia facendo a meno, a discapito di una maggiore flessibilitá d'impiego - leggasi possibilità di controllarli a distanza - e comodità d'utilizzo, anche di qualsiasi relè sul percorso del segnale. Sia in ingresso che in uscita. Il bilanciamento può "teoricamente" avvenire tramite la regolazione separata del volume per i due canali, ma trattasi giocoforza di una regolazione che raggiunge un accettabile grado di sfruttabilità solo quando si operi in un range di attenuazione i cui passi discretizzati siano tra loro ravvicinati. Ad ogni modo non la considererei un'opzione concreta qualora si necessiti effettivamente di una buona regolazione del bilanciamento (perdonatemi, ma ancora qualcuno pensa che un buon bilanciamento, se posizionamenti infausti dei diffusori lo necessitino, si possa effettuare con la sola regolazione dei livelli senza agire anche nel dominio del tempo?). Detti i - non pochi, invero - limiti di carattere prettamente ergonomico di questo gioiellino, passiamo brevemente alle sue pregevoli peculiarità realizzative. Forse preferireste subito sapere come suona (o "non suona"), ma farei peccato a non dare a Cesare quel che è di Cesare. E di soluzioni peculiari e raffinate, qui, ne abbiamo in abbondanza. Qualcosa a Cesare dobbiamo pur dare. Vi prometto che sarò sintetico. Un accenno al progetto.
Quasi scontato riportarvi che l'alimentazione, per scelta progettuale - volta alla minimizzazione del rumore - raddrizzata e stabilizzata interamente a stato solido, è interamente dual-mono e fa uso di filtraggio misto induttivo/capacitivo. Induttanze e trasformatori, incapsulati e resinati, sono tutti costruiti in Giappone su specifiche e avvolti in rame "6N", per gli amanti di queste facezie. L'anodica, al di fuori del primissimo stadio di filtraggio ad elevata capacità, utilizza molteplici condensatori Solen in polipropilene per il livellamento. Resistenze di alto livello ed elevata dissipazione termica, il tutto cablato rigorosamente punto-punto in modo decisamente rimarchevole (l'ordine regna sovrano) senza l'utilizzo di alcun circuito stampato. I miei personali complimenti per la qualità e il rigore dell'assemblaggio sono doverosi. Muovendo il nostro sguardo indagatore allo chassis dedicato al delicato trattamento del segnale, troviamo le vere e più profonde peculiarità di questo preamplificatore. In fedele accordo alla "missione" dichiarata, la struttura è sicura figlia primogenita dell'ammirazione del progettista per le migliori caratteristiche esprimibili dai preamplificatori passivi a trasformatori. Per vostra fortuna, come accennato in precedenza, mi è stata rivolta comprensibile richiesta di non entrare nel merito di alcuni particolari tecnici che risulterebbero invero fondamentali per poter assaporare l'unicità della realizzazione. Limitiandoci pertanto a una sintesi approssimativa, non possiamo non menzionare questi elementi chiave, seguendo il delicato segnale (di un singolo canale) dall'ingresso all'uscita: 1 - Regolazione discretizzata - in 24 passi - bilanciata del volume attuata tramite trasformatore. 2 - "Particolare" - perdonate l'odiosa vaghezza del termine - trasformatore di accoppiamento con il successivo, unico stadio attivo. 3 - Stadio di amplificazione effettuato tramite singolo triodo a riscaldamento diretto (DHT), per la precisione l'ormai sempre meno sconosciuto 101D - scelto per le sue eccelse doti di linearità e trasparenza -. 3a - Quasi superfluo menzionare l'assenza di qualsivoglia anello di negative feedback. 3b -Sospensione elastica della piattaforma su cui poggia lo zoccolo ceramico del triodo 101D, per minimizzare/eliminare gli effetti della nota vulnerabilità alla microfonia. 4 - Accoppiamento in uscita tramite trasformatore. In via generale vanno certamente evidenziati questi due aspetti: 1 - Utilizzo esclusivo di trasformatori di segnale - grandi, decisamente quanto semplicemente grandi - in Supermalloy avvolti in rame "6N". Incapsulati e resinati. Sempre costruiti in Giappone su specifiche. 2 - Nessun condensatore o resistenza in serie al segnale. Superfluo, ancora una volta, segnalare l'assenza di qualsiasi circuito stampato. Tutto è cablato punto-punto con grande maestria e soprattutto con raro ordine (a tutela della minimizzazione delle interferenze, con conseguente massimizzazione del silenzio ottenibile dal circuito). Il Triodo. Bene, ci siamo "tolti" la doverosa descrizione un po' feticista di questo particolare "strumento" al servizio del nostro segnale musicale. Se volete conoscere qualcosa in più sulla 101D, il web è come sempre una buona miniera di informazioni. Non sarò io ad annoiarvi ulteriormente in tal senso. Sappiate solo che ovviamente l'intero preamplificatore - e sostanzialmente di trasformatori stiamo quindi parlando - nasce e vive attorno a questo triodo. Perchè lo sottolineo? Per una supposta tendenza naturale, a fronte della sua impressionante trasparenza e assenza di colorazioni, della 101D ad attenuare lievemente l'estremo basso. Questa viene evidentemente compensata dal design del preamplificatore nel suo complesso, non mostrando, una volta completato il rodaggio piuttosto lungo del preamplificatore e dei suoi numerosi trafi, alcuna attenuazione di concreto rilievo sul basso profondo. Il sistema. Se vi state (giustamente) chiedendo quanto possa essere attendibile una mia valutazione sul basso profondo esprimibile da un'elettronica, credo di dover introdurre brevemente il resto del sistema in cui il Coincident Statement Linestage è stato inserito. Storage/lettura dei file: music server dedicato e privo di ventole, sistema operativo Windows 8 pro e lettore multimediale J-River in modalità Wasapi Event Style. Sistema DAC: dCS Scarlatti Up-Sampler + Scarlatti DAC + Scarlatti Masterclock Finale: Viola Bravo II Diffusori: Evolution Acoustics MM3 (amplificati internamente sotto i 100Hz) Cablaggio segnale, potenza ed alimentazione: Elrod Statement Gold Tavolini: Solid Tech Rack of Silence Extreme Reference, Music Tools. Il sistema, nel suo complesso, è a tutti gli effetti in grado non solo di raggiungere frequenze al limite dello spettro inferiore dell'udibile, ma di farlo anche a pressioni, come dire, "generose". Rendendo la valutazione dell'intera gamma di frequenze udibili un mero esercizio analitico spontaneo e naturale, e non uno sforzo di immaginazione o di intuizione (per non dire, ehm, fantasia). Il primo ascolto. Inserito in questo sistema lo Statement Linestage (telaio linea posizionato su ripiano sospeso tramite molle e con l'interposizione dei Solid Tech "Feet of Silence" come ulteriore sospensione elastica), alimentazione posizionata su base flottante, per certi versi sembra far a gara per nascondersi, per fare il lavoro sporco senza che tu debba accorgerti della sua presenza. Ma lo si scova, anche piuttosto facilmente se si sta attenti ai particolari. Non si mostra nel modo in cui verrebbe più semplice pensare di poterlo "stanare", vedendo quei due "valvoloni" di antica progenie far capolino con luce fioca. Ti potresti (erroneamente) aspettare colorazioni o alterazioni timbriche facilmente identificabili, una predilezione (magari un avanzamento) per una gamma di frequenze rispetto alle altre... O un certo rumore di fondo tipicamente associato ai triodi a riscaldamento diretto. Ma... Bang! Un bel colpo a freddo ai preconcetti. Fregati, nulla di tutto questo. Non voglio sostenere che le valvole te le debbano proprio far vedere per accorgerti che ci siano, ma sotto molteplici aspetti questo risulta... Vero. L'equilibrio tra le gamme è a dir poco ineccepibile, nessuna predilezione, nessun avanzamento (o arretramento, questione di interpretazioni) di una porzione dello spettro rispetto alle altre. La percezione di trasparenza è elevatissima. Lo Statement Linestage per certi versi non suona, lascia sia la musica a suonare. Come anticipato, però, "stanarlo" può risultare piuttosto semplice, anche se in modo decisamente più indiretto e sottile. L'analisi per confronti.
Volendo portare qualche riferimento utile sul "piatto", gli ultimi due preamplificatori succedutisi nella mia catena sono stati rispettivamente la seconda versione di un ibrido bilanciato di alta scuola americana - entrato giustamente nell'olimpo dei grandi preamplificatori a valvole - e uno stato solido raffinatissimo, naturale compagno del Viola Bravo II (Viola Spirito II, tanto per non fare nomi). Il citato preamplificatore ibrido imponeva in modo radicale la sua presenza "scenica" di primattore. Nulla faceva per nascondersi, anzi, sembrava voler ostentare la sua regale presenza, in qualche modo gridare al mondo il suo essere un grande attore. E lo era, intendiamoci, poteva permettersi di affermarlo. Inserito, e un solo secondo bastava a riconoscerne la sua presenza. Rimosso, e la sua assenza era lapalissiana. Non solo per la maestosita' avvolgente della sua scena (credo si potrebbe aprire un lungo capitolo di discussione tra le dimensioni percepite di soundstage e sorgenti sonore e la contemporanea capacità/possibilità di precisa messa a fuoco delle stesse ... Ma non apriamo vasi di Pandora) e per il suo contrasto dinamico, ma soprattutto per le sue voci a tratti davvero commoventi. Colorate? Eh, onestamente non mi sentirei proprio di poter affermare il contrario. Definiamole, per "quieto vivere", piuttosto chiaramente "eufoniche" - nell'accezione un po' curiosa, e in parte distorta, che ha acquisito il termine in hi-fi -, se non apertamente colorate. Certamente avanzate, così come dotato di particolare sottolineatura risultava il suo medio-basso, a dare un (talvolta) piacevole e suppongo voluto effetto "punchy" senza per questo perdere - eccessivamente - di controllo su un giro di basso impegnativo. Una macrodinamica veramente esplosiva e trascinante, ma... L'effetto... Ecco, permaneva all'ascolto la sensazione di bellissimi e coinvolgenti "effetti speciali". In armonia con la musica, voluti e volti a magnificarla, ma andando percettivamente oltre il contenuto della registrazione (che sia un male o un bene, dipenderà dai desiderata e dalle convinzioni di ognuno), o quantomeno - stante la sostanziale inconoscibilità della registrazione - ben oltre il concetto di una trasparente amplificazione di quanto timbricamente restituito dalla sorgente. Si imponeva tramite elementi di caratterizzazione spiccatamente dominanti e come tali lievemente "livellanti" le diverse registrazioni. Definirli difetti mi sembrerebbe azzardato se non scorretto, credo si tratti di scelte e spesso anche condivisibili. Altre ascriverei invero come effettive mancanze, quali un perdonabile ma chiaro limite percepito in estensione e soliditá del basso profondo (di immediato riscontro alternandovi un collegamento diretto sorgente->finale. E qui si potrebbe aprire un altro delicato capitolo tra accoppiamenti a condensatore o a trasformatore; e un ancor più delicato capitolo su come sia possibile, per alcune persone, esprimere valutazioni attendibili sul basso profondo di un'elettronica con sistemi che non ne consentano la riproduzione), un rumore di fondo comunque non bassissimo in termini assoluti e una microdinamica lievemente oscurata dalla strabordanza di quella macro. Ma ho divagato troppo, non siamo qui per raccontare di qualcosa che è stato, ma solo ad evidenziare per confronto quanto ci proponga oggi la Coincident. Paradossalmente - ma neanche troppo -, se l'ibrido citato ha rappresentato per la nostra disamina una sorta di nemesi sonora dello Statement Linestage, il Viola Spirito II presenta, au contraire, numerosi punti in comune nonostante nature di progetto così differenti. Entrambi scelgono di imporre il meno possibile la loro presenza timbrica (sempre indicativa e valida la prova del collegamento diretto sorgente->finale). Parimenti ambo i preamplificatori fanno dell'accuratezza microdinamica ancor prima che macrodinamica (non difettando in alcun modo in quest'ultima) una loro spiccata peculiarità. Il Viola Spirito II rappresenta un vero ed ostico termine di paragone quando si tratti di "silenzio" (e, signori, la musica è nascosta tra i suoi silenzi... Possiamo anche passarci sopra in cambio di priorità differenti, ma non raccontiamoci che il silenzio non conti nulla!), estrema naturalezza degli attacchi e dei rilasci, cesellatura del particolare e messa a fuoco incredibile delle sorgenti sonore (a voi le conseguenze dirette in termini di presenza percepita). Proseguendo in questo confronto a distanza, posso dire che l'estensione lato basse frequenze dello Statement Linestage ricalca da vicino quella del Viola Spirito II; entrambi lasciano sul piatto solo un lievissimo alleggerimento della prima ottava rispetto al collegamento diretto sorgente->finale. Ma quando dico lievissimo, credetemi, parlo realmente di qualcosa di così sfumato da poter esser colto solo con la volontà di coglierlo. E a tale livello, anche la semplice, forzata introduzione di un ulteriore cavo di segnale potrebbe esser complice. Nulla di paroganabile all'alleggerimento descritto in precedenza per il preamplificatore ibrido. L'estensione e la linearitá del Linestage è pertanto eccellente, da qualunque parte la si analizzi. L'estremo acuto è libero da costrizioni, arioso (anche se su tale parametro specifico non rappresenta forse la cosidetta "ultima parola"), rifinito ed integrato come poche altre volte mi è capitato di sentire. Nuovamente sul campo, rispetto al Viola Spirito II, lasciano due interpretazioni solo lievemente differenti per quanto riguarda la scena acustica restituita, tra loro ben più simili rispetto a quella formato king size ed "immersiva" dell' ibrido. Lo Spirito II, come accennato, mostrava una capacitá veramente straordinaria di messa a fuoco delle sorgenti sonore, assolutamente inarrivabile per l'ibrido, e risultando in parte inattaccabile anche dal Coincident. Il Viola esprimeva contorni così netti da ricreare olografie sonore credibili (per dimensioni ed emissione) di grande rilievo, con strumenti sempre correttamente definiti in realistiche proporzioni (ove le registrazioni lo consentano, ovviamente) e privi di quell'effetto lente (anche qui, questione di preferenze) di ingrandimento che può, o meno, esser gradito. A diretta (per quanto mi riguarda) conseguenza di questa straordinaria capacità di focalizzazione, il soundstage del Viola rispecchiava nè più nè meno quanto si supponeva presente nella registrazione, sviluppandolo ampiamente nelle tre dimensioni senza alcuna concessione a spettacolarizzazioni di sorta (a meno di non considerare tale - e non è il mio caso - la capacitá di risolvere informazioni, ambientali e non, a bassissimo livello). Se un limite mi sento di poter individuare è insito in una percezione volumetrica degli esecutori meno "solida", "fisica" in raffronto ad altri top-performers in tale specifico aspetto. L'ibrido, dal canto suo, immolava (buona) parte della sua capacitá di focalizzare le sorgenti sonore sull'altare dell'effetto "immersivo", della presenza e dell'immanenza delle stesse (esempio lampante le voci). Meno a fuoco, più imponenti (in quanto percettivamente meno "contenute" in limiti netti) e costituenti un soundstage comprensibilmente più ampio e diffuso. Entrambe le direzioni hanno giustamente i loro estimatori, e non posso che comprendere pienamene le ragioni di entrambi. Dove si pone lo Statement Linestage? Tra i due affreschi, seppur nettamente più vicino allo Spirito II che non all'ibrido. Il livello di focalizzazione e cesellatura non raggiunge quello "micrometrico" del preamplificatore di casa Viola, in compenso le valvole lasciano forse "finalmente" una raffinata e delicatissima traccia della loro presenza in termini di un lieve maggior effetto presenza fisica e solida degli esecutori, di più immediata percezione volumetrica/tridimensionale e di una tavolozza dei colori realmente ricca di sfumature. L'ultima parola in termini di risoluzione ai bassissimi livelli credo resti al Viola, con lo Statement Linestage comunque prossimo a un'incollatura. Ma, onestamente, su tale aspetto non mi sento di spingermi oltre, andando a memoria. In entrambi i casi siamo sostanzialmente ai vertici da me sperimentati, seppur possa notare come lo Statement Linestage sia votato maggiormente a una presentazione "organica/olistica" del messaggio musicale (non che il Viola, a modo suo, non lo sia ... Risultando uno stato solido invero piuttosto atipico), piuttosto che frazionata e concentrata sull'esaltare questo o quell'altro aspetto. Il (non) suono.
Ecco, ci stiamo avvicinando, per comparazione, ad individuare/smascherare finalmente il nostro Coincident Statement Linestage. Inseritelo, e le variazioni timbriche a sancirne la presenza saranno veramente minime. Toglietelo, e trascorsi pochi minuti vi ritroverete forse (come me) a saltare nervosamente da una brano all'altro. Insoddisfatti, senza apparentemente coglierne il motivo. Ancora qualche minuto di "insofferenza" speso tra l'incipit di un brano e quello di altri dieci iniziati e non finiti... e tutto diviene più chiaro. Inserisco nuovamente il preamplificatore. La timbrica rimane la "mia" (ovvero quella generata dal resto dell'impianto), ma risulta evidente quanto il collegamento diretto sorgente->finale mostri il fianco a un ritmo più "frenetico", quasi un voler indebitamente correre ed affannarsi, un "mangiarsi le parole". A scanso di equivoci ricordo la mia seconda debolezza, il caro, vecchio "PRaT", di conseguenza mal tollererei un'elettronica "sonnacchiosa". Nulla di lontanamente assimilabile, il Coincident. Ecco, lo Statement Linestage, al pari del Viola Spirito II, è "semplicemente" un grandissimo direttore d'orchestra. Detta i tempi con l'equilibrio e la naturalezza riscontrate solo in pochi altri grandissimi preamplificatori. I suoi attacchi sanno essere fulminei quando devono esserlo, il suo polso fermo ed autorevole, ma mai autoritario. Ammirevole la complessità e la ricchezza armonica (una seconda, delicatissima traccia della presenza dei triodi?) restituite senza predilezione alcuna dello spettro. Pregevole il suo riguardo nel preservare e illuminare ogni fonte sonora, anche a bassissimo livello, sino al suo naturale estinguersi. Dettagli cesellati con grande attenzione e cura, ma sempre integrati nel "corpus" sonoro. Tutto si esprime con una naturalezza intrinseca e poco esplicabile, se non con le conseguenze dirette della stessa. Non solo i vostri piedi batteranno il tempo e le vostre braccia abbozzeranno grottescamente - nel buio di una stanza d'ascolto la pazzia viene ben celata, grazie al cielo - la direzione di un crescendo orchestrale, ma lo faranno a lungo, molto a lungo. Naturalezza d'emissione e assenza di fatica d'ascolto sono facili amanti, si sa. Al contrario, il collegamento diretto sorgente->finale (nel mio sistema, ça va sans dire) si risolve in un'innaturale frenesia, una sorta di fagocitazione della microdinamica, inghiottita da una macrodinamica dominante. La percezione derivante è quella di un ascolto più "artificiale", più meccanico e meno naturale. E, per ovvia conseguenza, più affaticante ed insoddisfacente. Reinserito lo Statement Linestage, nonostante l'intenzione fosse di ascoltare i medesimi brani di riferimento per ulteriori confronti A/B, finivo irrimediabilmente per ascoltare i dischi fino al termine degli stessi... Nuovamente rapito dalla musica e dai suoi silenzi. Mi perdonerete se mi ripeto, ma lo Statement Linestage davvero si avvicina molto a una percezione di "non" suono, all'obiettivo evidentemente prefisso di mettersi al rispettoso servizio della vostra musica, dell'equilibrio timbrico restituito dalla vostra sorgente di riferimento (che si confida sia da voi apprezzato). Tende, come è sempre auspicabile avvenga, a farvi dimenticare l'impianto e lasciarvi prendere e coinvolgere dal messaggio. E riesce in questo pur essendo un'elettronica spiccatamente "ad alta fedeltà", che non accetta il compromesso (se di compromesso vogliamo parlare) di abbellire quanto non lo sia. Conclusioni. Bene, credo di aver concluso questo certamente incompleto affresco su quest'interessantissima elettronica. Non la considero un assalto limitato a una tipologia specifica di preamplificatori (a valvole, piuttosto che a stato solido o passivi), ma piuttosto un assalto al ruolo di preamplificatore ad altissima fedeltá tout court. Mi piacerebbe potervi invitare ad ascoltarla presso un rivenditore, ma sfortunatamente questo non è possibile data la politica di vendita. Ecco, se potessi fare una preghiera a Israel Blume, sarebbe quella di mantenere la politica della vendita diretta (con i diretti benefici in termini di rapporto qualità/prestazione/prezzo) ma di organizzare, ove possibile, almeno un punto d'ascolto dei propri prodotti per nazione. Detto questo, forse vale la pena ricordare che ho confrontato il Coincident Statement Linestage, venduto a $5.499 spedizione internazionale inclusa (costi di importazione esclusi), con un ibrido da $16.500 e uno stato solido - eccelso - da quasi $50.000 (entrambi i listini riferiti al momento della loro uscita sul mercato), ovviamente proposti tramite reti classiche di distribuzione (quindi con possibilità di ritiro dell'usato, scontistiche, etc etc). In conclusione... State cercando un preamplificatore che al tocco di un pulsante, comodamente seduti in poltrona, selezioni volume d'ascolto o sorgente? Amate la musica "liquida" per non dovervi nemmeno più alzare a cambiare disco? Avete diverse sorgenti bilanciate da gestire e volete poterlo fare "al volo"? (Anche se per questo una soluzione che mi ronza in testa ci sarebbe...) Bene, temo proprio questo non sia il prodotto più azzeccato per voi... A meno che non ve ne innamoriate e decidiate felicemente di cambiare abitudini solo per "lui": a me è successo ;) Tweaks. Consigliati ed economici: Smorzatori UltraSonic RX della Herbie's Audio Lab Dynamat Extreme... Posizionato un po' ovunque, con criterio. Sconsigliati: per il momento la sostituzione delle 101D solid plate con delle 101D mesh plate non ha sortito miglioramenti, anzi. Il motivo credo sia da ricercare nella non reale costruzione "mesh" delle 101D di attuale produzione, le quali vengono "propinate" come mesh plate nonostante siano costituite da una semplice placca forata. In caso di miglioramenti del risultato, non mancherò di riferire. Luciano Prodotto da: Coincident Speaker Technology
Prezzo: USD 5.499,00 |
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