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Serate Musicali
Concerto del 28 Novembre 2016
 QUARTETTO D’ARCHI DELLA SCALA
Emilio Aversano, pianoforte

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​La musica da camera va ascoltata dal vivo. Se ne comprendono meglio la difficile struttura, il timbro degli strumenti e alla fine “la si gode” con maggior facilità.

Bel concerto, ieri sera, al Conservatorio di Milano. Il Quartetto della Scala ha offerto prova della sue bravura tecnica e coesione, nonché di un timbro splendido.

Ambizioso il programma che ha offerto all’ascoltatore opere di Mozart e Beethoven assolutamente fuori dai normali canoni estetici dei tempi in cui furono scritti; meno in Mozart, ma certamente Beethoven è parso di molto anticipatorio di ciò che accadrà parecchi anni dopo la sua morte.

Della composizione di Mozart, l’Adagio e Fuga in do minore K 546, già ebbi a scrivere quando fu eseguita dall’Associazione Mozart Milano nel concerto del 19 aprile 2014. Mi auto cito: L’Adagio e Fuga è un brano “sperimentale”, se così si può dire, che esce completamente dai canoni estetici del Mozart da tutti conosciuto. Scuro, cupo all’inizio nell’Adagio e quasi sperimentale nelle dissonanze della Fuga, qualcuno ci vede un presagio di morte; tuttavia quei toni foschi si trovano a tratti anche nel Don Giovanni e potrebbe quindi trattarsi semplicemente di una composizione nella quale Mozart ha inteso passare qualcosa del suo “io” più profondo. E’ legittimo poi pensare che Mozart, oltre a quanto gli veniva richiesto da terzi, potesse intendere far qualcosa per sé, giusto per ampliare la propria espressività e in quest’ottica metteremmo questa composizione. Il brano è purtroppo eseguito raramente, mentre invece dovrebbe esserlo più spesso.
Impeccabile l’esecuzione del Quartetto d’archi.
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Stesse cose si potrebbero scrivere della Grande Fuga in si bem. magg. op. 133 di Beethoven che all’ascolto proietta l’ascoltatore nel successivo secolo, tanto arditi sono lo scandire del tempo, le lievi dissonanze che a volte si percepiscono nel sommarsi delle quattro linee (violino primo, secondo, viola e violoncello). Il grado di maturazione del Beethoven di quel periodo era ormai completo; molti dei quartetti erano già stati scritti e Beethoven si stava proiettando molto avanti (e chissà sin dove si sarebbe spinto …). Anche in questo caso, esecuzione impeccabile del Quartetto d’Archi.
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Infine il Quintetto il la magg. op. 81 di Dvořàk, un autore che in questi ultimi tempi troviamo spesso nei programmi concertistici. Più lirico, cantabile, con l’aggiunta del pianoforte che non fa certo da sostegno timbrico, ma che ha una sua partitura complessa che lo porta ad interagire alla pari con il quartetto d’archi.
Contrappunto agli estremi livelli come anche la bellezza della composizione portata a compimento dal Quartetto, in questo caso Quintetto, per il grande piacere del pubblico presente che è stato omaggiato di due bis, a base di musiche di Mozart e di Elgar.
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Sala piena per un terzo, ma applausi scroscianti.

Domenico Pizzamiglio
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