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Fiere audio: ascolto di impianti o
fitness audiofilo?
Sgombriamo il campo da qualsiasi millanteria: la definizione di "fitness audiofilo" non è venuta in mente a me, ma alla mia compagna che mi ha seguito nelle scorribande della fiera Audio Video Show di Varsavia (e anche alla visita alla città, che decisamente merita).
E di fiere "tradizionali" vi parlerò oggi. Poco più di un anno fa avevo scritto un articolo sull'onda delle disposizioni sanitarie che allora vigevano, e che adesso è superato dagli eventi più favorevoli. Non è invece superata, secondo me, la visione tradizionale (e vecchia) delle fiere audio. L'espressione "fitness audiofilo" di riferisce al fatto che la stragrande maggioranza dei visitatori delle fiere audio ha l'abitudine di entrare nelle stanze, cercarsi un posto a sedere, mettersi comodo... per rialzarsi dopo pochi secondi, come se stesse facendo una sorta di maldestro squat. A parte gli scherzi, devo dire che le passate, recenti esperienze di Monaco e, pochi giorni fa, Varsavia, mi hanno lasciato molto perplesso. Tanta, troppa gente, per una fiera di audio che si propone di fare ascoltare i prodotti in dimostrazione. Sale, ma soprattutto piccole camere d'albergo, strapiene di persone, che ti costringono s fermarti fuori dalla porta, con gente all'interno che chiacchiera, senza rendersi conto di ciò che ascolta. A volte salette con meno gente, ma disturbate dalla musica di quelle di fianco, o dal chiacchiericcio delle persone in corridoio, malgrado la porta sia chiusa (e non lo è sempre). Ambienti dove si vorrebbe ascoltare ma il dimostratore, declassato al ruolo di svogliato DJ, parla con qualche conoscente o semplice visitatore che chiede notizie su quanto sta suonando, o accenna ai massimi sistemi audio, come se quella fosse la sede per lunghi discorsi. A proposito di richieste: non si capisce perché gli espositori facciano tanta fatica a stampare un foglietto che indichi quali sono i componenti dell'impianto in dimostrazione. Se hanno finito la cartuccia della stampante, possono scrivere a mano. Come potete vedere dal nostro reportage, non si capisce quasi mai ciò che suona nelle sale. E allora ecco il viavai di audiofili che si sdraiano a terra per leggere il marchietto in basso sul frontale dei diffusori, o che si piazzano lungo il "lato B" per scrutare le targhette con marca e modello... In una sala avevano addirittura steso una corda, con tanto di cartello che imponeva di non superarla, proprio per evitare le contorsioni audiofile tra diffusori e parete, coi conseguenti rischi, sia per l'impianto, che per l'incolumità degli attempati ospiti che, una volta in ginocchio, rischiano di incriccarsi e non alzarsi più sino all'arrivo di un fisioterapista (nessuno si offenda, parlo anche per me). E tutti i visitatori parlano tra loro, commentando ciò che, per forza di cose, non possono aver capito a sufficienza. E quando si incontrano si porgono a vicenda la fatidica domanda: "Cos'hai ascoltato di bello?". Domanda che anche a me viene regolarmente rivolta, e che mi stimola sentimenti da termovalorizzatore. Non capisco una parola di polacco, devo ammetterlo, ma a guardare l'espressione degli audiofili polacchi avrei potuto tradurre tutto senza difficoltà. Dicevano le stesse cose che si dicono qui e a Monaco, o in qualsiasi altra parte del mondo. Capisco che ci siano persone che si recano a questi eventi con l'idea di socializzare coi "colleghi" di hobby, ma allora penso che un'esposizione statica, come i banchetti dei dischi, possa essere più che sufficiente, oltre che meno impegnativa per gli espositori. Tra questi ultimi, c'è chi si impegna di più e chi di meno, ma in ogni caso almeno due giorni in più rispetto a quelli di apertura al pubblico, se ne vanno per l'allestimento, nei casi più favorevoli. Insomma: per "socializzare" non sarebbe più interessante una bella grigliata audiofila, invece del nevrotico avanti e indietro per salette già gremite di persone? E il bello è che organizzatori e, spesso, anche visitatori, postano con evidente orgoglio file di persone fuori dalle porte, come se questa cosa legittimasse e fosse una medaglia al valore della manifestazione. Ma forse sono io un po' misantropo; più casino vedo e più mi passa la voglia di fiondarmici. In conclusione: io credo davvero che si debbano ripensare queste manifestazioni. Lo stesso High End di Monaco, da quest'anno, ha ridotto a 2 le giornate di apertura al pubblico, mentre le restanti 2 sono riservate agli operatori. E credo anche che le esposizioni debbano essere organizzate con criteri diversi, più a "misura d'ascolto", ché una fiera di audio non è un salone dell'auto, dove si passa, si guarda e si tira su il volantino (quello di carta, che se vi fregate quello dell'auto vi denunciano) da riguardarsi una volta a casa. Noi ci abbiamo provato l'anno scorso, con EVAExpo, conseguendo un buon risultato, sebbene con qualche errore di gioventù. Non è detto che non ci riproveremo, una volta rimosso qualche ostacolo logistico. Voglio chiudere questi "alti lai" con una cosa positiva, anche se purtroppo lontana da casa nostra: la presenza di giovani, e anche giovanissimi, alla fiera di Varsavia. Intere famiglie, come se fossero in gita al lago. Cose che da noi non si vedono più da decenni, insomma, e che fanno ben sperare per quei mercati meno maturi del nostro. Seguono un po' di foto a testimonianza di quanto affermo. Saluti e baci Angelo Jasparro Novembre 2022 |