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Federica Fornabaio Unpeaceful

Sony Classical

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Ho ascoltato a lungo e meditato moltissimo su questo album della mia talentuosa concittadina Federica Fornabaio.
L'ho davvero metabolizzato ed ho riflettuto intensamente prima di accingermi a scrivere queste impressioni d'ascolto, perché si tratta di un'opera poliedrica e multicentrica, una produzione che sembra nascondere l'intenzione ed, a volte, disorientare l'ascoltatore proprio perché non ha un filo conduttore, se non la creatività dell'autrice.

Ho trovato questo disco molto intenso, connotato come è da una (per me) ricerca di una meta, di una collocazione, di una "etichetta" che ne rappresenti l'emblema. Proprio in tale ricerca si mostra chiaramente l'anima della autrice.
In un certo senso si intravedono le sue ansie, le sue paure, la paura di non piacere, di non accontentare gli ascoltatori, di essere autoreferenziale e non abbastanza grata ai grandi del passato. Da questo tormento interiore (sempre secondo me) nasce questo album, dal tormento che deriva dal confrontarsi quotidianamente, anche come interprete pianistico e come direttore d'orchestra, con i grandi autori del passato e contemporanei, confronto che rende ansiosi, che rende Unpeaceful, come il titolo dell'album, impazienti e senza pace, in un continuo divenire in equilibrio fra ancestrali paure e la necessità di contrastarle.

L'inquietudine interiore di questa giovane artista si manifesta in ogni composizione, mai banale, mai scontata, in un continuo contrappasso fra l'essere ed il dover essere, fra l'apparire ed il dover apparire, fra il compiacere ed il compiacersi. Ma il suo approccio è pieno di umiltà, di rispetto e gratitudine laddove si scorge un omaggio a Dave Brubeck o magari ad Erik Satie, con richiami espliciti e marcati, oppure, molto meno evidenti e quasi inconsci, a compositori contemporanei come, mi sembra di intuire, Max Richter, Yann Tiersen, Ludovico Einaudi, Ennio Morricone e Bruno Maderna.

Si intravedono i miti e le frequentazioni musicali dell'autrice, come quando sembra quasi che venga "citato" David Sylvian, eroe della musica alternativa mondiale, seminatore e tracciatore di sonorità interiori e interiorizzanti, trasognate, traslucide eppure mistiche.

Comporre musica, per giunta modern classical, è un compito titanico, laddove la tentazione di imitare e seguire supinamente il percorso altrui può costituire un ostacolo alla creatività più pura e, soprattutto, quando non v'è una parte lirica e vocale cui demandare il compito di instillare sentimento ed emozioni nell'ascoltatore. In tale tentazione la nostra beniamina non incorre, mantenendo una sua identità non solo formale, ma anche sostanziale, quando, pur richiamando lo stile compositivo altrui, rimane autenticamente ispirata e originale, tanto da plasmare a suo gusto ed immagine un brano che il grande Maestro Ryuchi Sakamoto le ha offerto in dono, facendoglielo scegliere in una rosa di 4; è il brano ASIENCE, la traccia n.3, quello che Federica Fornabaio ha ritenuto più vicino al suo sentire, il brano più "femminile" fra quelli offertile dal maestro.

L'album è come un viaggio che fa percorrere sonorità differenti e trasporta in luoghi differenti e diametralmente opposti.
Si parte con "Camera a Nord", nella cui introduzione si percepisce l'inchino a Dave Brubeck, per passare alla title track "Unpeaceful", dove in un crescendo Raveliano si affastellano gli affanni quotidiani e i nostri sforzi per placarli.
Digressione nella estetica colta e misteriosa di Sakamoto nel terzo brano. Estatica contemplazione della natura e dei suoi misteri con "Northern Light" per passare al brodo primordiale della "Solitudine dell'uomo", una composizione in cui il violoncello traccia un tappeto sonoro di rara bellezza e pathos.
"La bevitrice d'assenzio", un giro nello stordimento dell'anima per colei che, anziché affrontare i problemi che l'attanagliano, preferisce affogare le proprie pene nell'assenzio e lasciare irrisolti i conflitti che puntualmente riemergono. E' il secondo brano più lungo dell'album, quello più meditato, lirico e struggente.
"Romanza" è una composizione solo pianistica nello stile di romanza, appunto, mutuato dalla tradizione musicale francese e consolidatosi in Europa e Italia nell'ottocento. "L'ossessione del mare" è concepito come un richiamo, una composizione aulica ed allo stesso tempo rarefatta, con alternanza di pianoforte, fiati, corde, archi e crini, un dialogo fra strumenti che si fa man mano incalzante e poi rallenta, richiama, ritorna.
First Gymnopedie" è chiaramente un omaggio ad Erik Satie ed alle sue composizioni più famose. In questo contesto, l'autrice mostra tutta la sua maestria nel rendere omaggio al compositore e pianista francese, senza perdere in purezza ed autenticità della creazione.

"Vento", l'ultimo brano dell'album, è il mio preferito. Atmosfere rarefatte, dissonanze, silenzi e richiami musicali incorniciati dallo spazio, il vuoto, qualche lontana modulazione di fiati, percussioni, trombe e piatti, posti sullo sfondo, in ambiente senza dimensioni, echi benevoli di archi e metalli, luoghi senza confini con il pianoforte in primo piano.

Un album da avere assolutamente per gli amanti del genere, quelli che comprano, per esempio, i dischi di musica contemporanea di alcune etichette nordeuropee.

Composizione, arrangiamento, pianoforte: Federica Fornabaio.
Tromba e flicorno: Angelo Olivieri.
Violino e viola: Roberto Izzo.
Violoncello: Giuseppe Tortora.
Batteria e percussioni: Stefano Corrias.
Special Guest: GnuQuartet (Francesca Rapetti, Roberto Izzo, Raffaele Rebaudengo, Stefano Cabrera).
Contrabbasso: Guerino Rondolone.
Flauto: Giulia Cozzi
Sony Classical

Dal punto di vista della registrazione l'album denota una buona cura nella realizzazione e della fase di mixaggio, con un suono quasi mai compresso, ben spazializzato e dinamico, adatto ad essere riprodotto da qualsiasi sorgente ed in qualsiasi impianto.

Per quanto mi riguarda una piacevole sorpresa, questo disco mi ha conquistato e ammaliato, troneggiando in loop nel mio impianto per tanto tempo.

Federica Fornabaio è certamente destinata a compiere una grande, grandissima carriera.

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Vince Genovese
 
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