All’interno della scatola ci sono numerose bustine. In una c’è il perno rovesciato; in un’altra c’è del lubrificante con della grafite, una goccia del quale andrà messa sulla punta del perno. Si farà poi calare dolcemente il perno rovesciato. Ciò fatto si dovranno prendere due boccole di diversa grandezza (in un apposito sacchetto), metterle sui due perni metallici che spuntano dalla base e poi far scivolare la cinghia intorno ai tre punti (nelle foto si vede chiaramente); infine si fa calare il piatto che ha il contropiatto in unica fusione col piatto stesso. Fin qui una sciocchezza; ma quando si deve mettere il piatto e far scorrere la cinghia intorno al contropiatto, inizia il bello! L’operazione non è facile. Due punti della cinghia possono essere facilmente raggiunti con le dita, ma il terzo resta inaccessibile tra il piatto e la struttura in plexiglas che funge da mobile. Utilizzando del filo che servirà a tirare la cinghia verso l’esterno sarà possibile posizionarla correttamente per l’uso; c’è da dire che le due rotelle plastiche che vanno messe sulle due pulegge aggiuntive offrono un certo grip e che per fortuna in tutta l’operazione la cinghia non cade con troppa facilità. Diciamo che con una certa dose di calma e tre o quattro tentativi, il piatto è pronto per girare. Si collega poi l’alimentatore, che è il cilindro più grande e prevede 33 e 45 giri, ma non la possibilità di regolazione fine. I 33 giri in casa mia erano perfetti; i 45 giri un po’ più veloci del necessario (poca cosa, comunque). Vicino al cordone di alimentazione c’è l’interruttore a levetta che comanda l’accensione della luce interna.
Il piatto è leggero, ma molto ben smorzato; non necessita di clamp, posto che la superficie superiore è in gomma e quindi il disco non scivola. Per la sua conformazione, un po’ più ampio nel diametro rispetto all’LP e con il bordo tondo, riesce molto difficile togliere il disco “al volo”, ma si
deve invece arrestare e poi far ripartire la rotazione ad ogni cambio di facciata. La cinghia dovrebbe comunque essere sufficientemente robusta da non risentire di questo stress da partenza (come sapete c’è chi sostiene che il giradischi non debba essere continuamente acceso e spento perché altrimenti si stressa inutilmente la cinghia con le tensioni provocate dalla partenza; ma quello del Funk Firm è un piatto leggero e la partenza è molto rapida).
deve invece arrestare e poi far ripartire la rotazione ad ogni cambio di facciata. La cinghia dovrebbe comunque essere sufficientemente robusta da non risentire di questo stress da partenza (come sapete c’è chi sostiene che il giradischi non debba essere continuamente acceso e spento perché altrimenti si stressa inutilmente la cinghia con le tensioni provocate dalla partenza; ma quello del Funk Firm è un piatto leggero e la partenza è molto rapida).
La basetta del braccio, a foro Rega, è in fibra di carbonio e ovviamente ha il suo bel sacchettino. Non sarebbe male se magari ci fosse un manuale d’istruzioni più completo perché in realtà non è facilissimo capire se il foro vada più vicino o più lontano dal piatto; la basetta è ovale e può essere posizionata in entrambi i modi. Comunque, con una riga si controlla qual è la posizione dal foro che assicuri la corretta distanza tra fulcro del braccio e centro del piatto (i Rega vanno a 222 mm) e il gioco è fatto. In un altro sacchetto ci sono le viti per agganciare il collare per far passare il braccio che è senz’altro derivato da un Rega, ma che non va avvitato da sotto, ma ha il perno liscio, così da permetterne la regolazione in altezza attraverso una brugola (e c’è anche il sacchetto dove è contenuto l’apposito girabrugola). Che poi Rega dica che la regolazione in altezza è un capriccio audiofilo, sarà pur vero; ma personalmente preferisco regolare il VTA con la massima cura possibile.
Il braccio FX è, come detto, derivato dal Rega RB 301 del quale mantiene solo il fulcro e la parte finale, dove c’è il contrappeso. Diversi i cuscinetti all’interno, diversa la canna e diverso l’aggancio della testina che non ha il solito shell, ma un sistema a slitta tipo quello che c’è su alcuni bracci tedeschi (per esempio i Clearaudio); è un sistema rapido ed efficace perché dovendo solo spostare in avanti o indietro l’intero blocchetto, la dimatura la si fa veramente in pochi attimi (la dima fornita è quella Rega, con un solo punto di riferimento). Il braccio lavora molto alto, perché il blocchetto con agganciata la testina sono alti e quindi la parte posteriore è inusualmente anch’essa alta. L’FX ha fatto lavorare bene sia testine ad alta cedevolezza (la Denon SL 1) che a bassa cedevolezza (le DL 103, sempre di Denon) ed ha manifestato bassissimi attriti; quindi fate attenzione perché se ci andate con mano pesante e non avete l’alzabraccio in su, rischiate di fare una bella strisciata su tutta la superficie del vinile.
Ciò detto, collegata la spina all’alimentazione, ho montato la Denon DL S1 e sono partiti gli ascolti.
L’impianto utilizzato è il seguente: giradischi di riferimento il Bauer DPS con braccio Morch DP6 e testine Transfiguration Aria e Denon DL 103 ed il pre-fono American Hybrid Technology; comprimario il Pioneer PL 550 con il braccio originale e una Ortofon MC 15 Super II con il pre-fono Lehmann Black Cube; preamplificatore lo Spectral DMC 12 e finali di potenza lo Spectral DMA 50 e il Wyred 4 Sound ST 250; sistema di altoparlanti le Audio Note AN E SPx; cavi Kimber di potenza, Black Noise di alimentazione, YBA Cristal e altri cavi custom.
Figlio della sua tipologia (giradischi leggero), al pari di Rega o dei piccoli Pro-Ject, o del già citato Tarantella della Pink Triangle (giradischi che il Saffire mi ha ricordato parecchio), il suono non fa che confermare che di giradischi a struttura leggera si tratta. Con la Denon SL1 si ottiene una bellissima gamma acuta, mai spinta, mai troppo frizzante; una gamma media pulita, ricca di particolari e una gamma bassa senz’altro più leggera dei riferimenti (Bauer DPS, Revox B795 e Pioneer PL 550), ma certo non corta in quanto ad estensione; è solo posta un po’ più indietro. In compenso questa leggera mancanza di peso fa sì che il suono sia talmente chiaro da permettere di
discernere ogni minima sfumatura della registrazione.
Probabilmente i rockettari avranno qualcosa a ridire perché il punch di certe registrazioni resta un po’ indietro (in questo credo che imbattibile sia il vecchio trazione diretta di Pioneer che con le sue colorazioni permette di ascoltare il rock con maggiore appagamento; ma appunto lui ha delle colorazioni che il Saffire II, progetto più moderno, non ha), ma chi ascolta, come me, tanto barocco vocale, non avrà alcuna difficoltà ad apprezzare le doti di chiarezza che questo giradischi, con il suo braccio, offre.
A proposito di braccio, possiedo una basetta del Bauer DPS con foro Rega e un braccio Rega 300 modificato da Bauer che guarda caso ha lo stesso tipo di attacco (non serve il controdado) dell’FX. Ho provato a fare il confronto tra il Rega 300 e il braccio FX e devo dire che il Rega suona ben più argentino dell’FX che invece è più equilibrato.
Usando due testine uguali – DL 103 – ho provato, per quanto valga, a fare un confronto diretto tra Saffire II con FX e Bauer DPS con Morch DP6. In tutte le registrazioni che ho ascoltato, le gamme dalla media all’acuta si equivalevano, pur con piccole diverse sfumature; a livello di energia eravamo comunque allo stesso livello. Ma con gli ascolti di generi più completi (organo, orchestra sinfonica, jazz band) la gamma bassa del Bauer offriva una maggior pienezza del messaggio sonoro.
Tornato dal Monaco hi-end, dopo aver assistito al concerto di cui si è scritto in queste pagine, ho provato ad ascoltare una registrazione London del Romeo e Giulietta di Pròkofiev, nella direzione di Abbado. Sicuramente con il DPS il basso è più presente, più vivo, più “simile” a quanto ascoltato a concerto, ma è anche vero che la gamma acuta del Saffire II non risultava falsata rispetto a quanto ascoltato dal vivo. E la sensazione di leggerezza del basso è stata confermata un po’ con tutti i dischi, fatto salvo che quando ho ascoltato la Missa Bell’Amfitrit Altera di Orlando di Lasso, priva di bassi profondi perché si tratta di un coro a otto voci che canta a cappella, mi sono goduto beatamente tutte le lievi sibilanti del coro, la dislocazione dei cantanti nella scena, i timbri argentini e un po’ pedanti delle voci bianche e una bella riproposizione anche dell’ambiente, ricco di risonanze (forse ricreate, ma ricreate talmente bene da far credere di essere in chiesa).
Qualcuno dirà: allora questo Saffire II non ha i bassi. Non è esattamente così e chi ha avuto in casa tanti giradischi sa già la risposta; come ho scritto sopra il vantaggio dei telai estremamente leggeri è quello di un suono molto veloce, che spesso lascia indietro un po’ di “carne”, di sensazione di peso del suono. Non manca nulla, ma per alcuni generi musicali potrà essere opportuno cercare una testina e un pre-fono che in qualche modo equilibrino questa attitudine della base giradischi, senza però andare a snaturare la velocità e la capacità di estrarre con attenzione il suono dai solchi che lo caratterizza. Il gioco è divertente e chi lo intraprenderà non ne resterà deluso. Peraltro al Saffire II non manca certo la dinamica.
Una considerazione finale. Bello il prodotto, acchiappa dal punto di vista estetico. Buono il suono. Buono tutto. Ma consiglierei al produttore di munire l’imballo di un manuale d’istruzioni vero e proprio; troppo poco il foglietto dato in dotazione e per giunta solo in inglese. Un’esortazione all’importatore a dare una mano all’audiofilo che magari non conosce l’inglese, fornendo anche uno o due fogli A4 in italiano e con qualche illustrazione che aiuti nel montaggio di cinghia e braccio. E poi una considerazione finale sul costo. Il braccio (1.750,00 € circa) è in un range di prezzo con non moltissima battaglia; è piuttosto universale e non ha creato problemi né con la cedevole Denon DL-S1 né con la meno cedevole DL 103. Il giradischi (4.000,00 €) è sicuramente un prodotto valido ed è anche molto bello, ma ha molti competitor tra i quali scegliere e la battaglia sarà dura. Staremo a vedere se gli audiofili preferiranno le struttura metalliche pesanti dei giradischi tedeschi, o quella più leggera (anche alla vista) del The Funk Firm.
Domenico Pizzamiglio
Il braccio FX è, come detto, derivato dal Rega RB 301 del quale mantiene solo il fulcro e la parte finale, dove c’è il contrappeso. Diversi i cuscinetti all’interno, diversa la canna e diverso l’aggancio della testina che non ha il solito shell, ma un sistema a slitta tipo quello che c’è su alcuni bracci tedeschi (per esempio i Clearaudio); è un sistema rapido ed efficace perché dovendo solo spostare in avanti o indietro l’intero blocchetto, la dimatura la si fa veramente in pochi attimi (la dima fornita è quella Rega, con un solo punto di riferimento). Il braccio lavora molto alto, perché il blocchetto con agganciata la testina sono alti e quindi la parte posteriore è inusualmente anch’essa alta. L’FX ha fatto lavorare bene sia testine ad alta cedevolezza (la Denon SL 1) che a bassa cedevolezza (le DL 103, sempre di Denon) ed ha manifestato bassissimi attriti; quindi fate attenzione perché se ci andate con mano pesante e non avete l’alzabraccio in su, rischiate di fare una bella strisciata su tutta la superficie del vinile.
Ciò detto, collegata la spina all’alimentazione, ho montato la Denon DL S1 e sono partiti gli ascolti.
L’impianto utilizzato è il seguente: giradischi di riferimento il Bauer DPS con braccio Morch DP6 e testine Transfiguration Aria e Denon DL 103 ed il pre-fono American Hybrid Technology; comprimario il Pioneer PL 550 con il braccio originale e una Ortofon MC 15 Super II con il pre-fono Lehmann Black Cube; preamplificatore lo Spectral DMC 12 e finali di potenza lo Spectral DMA 50 e il Wyred 4 Sound ST 250; sistema di altoparlanti le Audio Note AN E SPx; cavi Kimber di potenza, Black Noise di alimentazione, YBA Cristal e altri cavi custom.
Figlio della sua tipologia (giradischi leggero), al pari di Rega o dei piccoli Pro-Ject, o del già citato Tarantella della Pink Triangle (giradischi che il Saffire mi ha ricordato parecchio), il suono non fa che confermare che di giradischi a struttura leggera si tratta. Con la Denon SL1 si ottiene una bellissima gamma acuta, mai spinta, mai troppo frizzante; una gamma media pulita, ricca di particolari e una gamma bassa senz’altro più leggera dei riferimenti (Bauer DPS, Revox B795 e Pioneer PL 550), ma certo non corta in quanto ad estensione; è solo posta un po’ più indietro. In compenso questa leggera mancanza di peso fa sì che il suono sia talmente chiaro da permettere di
discernere ogni minima sfumatura della registrazione.
Probabilmente i rockettari avranno qualcosa a ridire perché il punch di certe registrazioni resta un po’ indietro (in questo credo che imbattibile sia il vecchio trazione diretta di Pioneer che con le sue colorazioni permette di ascoltare il rock con maggiore appagamento; ma appunto lui ha delle colorazioni che il Saffire II, progetto più moderno, non ha), ma chi ascolta, come me, tanto barocco vocale, non avrà alcuna difficoltà ad apprezzare le doti di chiarezza che questo giradischi, con il suo braccio, offre.
A proposito di braccio, possiedo una basetta del Bauer DPS con foro Rega e un braccio Rega 300 modificato da Bauer che guarda caso ha lo stesso tipo di attacco (non serve il controdado) dell’FX. Ho provato a fare il confronto tra il Rega 300 e il braccio FX e devo dire che il Rega suona ben più argentino dell’FX che invece è più equilibrato.
Usando due testine uguali – DL 103 – ho provato, per quanto valga, a fare un confronto diretto tra Saffire II con FX e Bauer DPS con Morch DP6. In tutte le registrazioni che ho ascoltato, le gamme dalla media all’acuta si equivalevano, pur con piccole diverse sfumature; a livello di energia eravamo comunque allo stesso livello. Ma con gli ascolti di generi più completi (organo, orchestra sinfonica, jazz band) la gamma bassa del Bauer offriva una maggior pienezza del messaggio sonoro.
Tornato dal Monaco hi-end, dopo aver assistito al concerto di cui si è scritto in queste pagine, ho provato ad ascoltare una registrazione London del Romeo e Giulietta di Pròkofiev, nella direzione di Abbado. Sicuramente con il DPS il basso è più presente, più vivo, più “simile” a quanto ascoltato a concerto, ma è anche vero che la gamma acuta del Saffire II non risultava falsata rispetto a quanto ascoltato dal vivo. E la sensazione di leggerezza del basso è stata confermata un po’ con tutti i dischi, fatto salvo che quando ho ascoltato la Missa Bell’Amfitrit Altera di Orlando di Lasso, priva di bassi profondi perché si tratta di un coro a otto voci che canta a cappella, mi sono goduto beatamente tutte le lievi sibilanti del coro, la dislocazione dei cantanti nella scena, i timbri argentini e un po’ pedanti delle voci bianche e una bella riproposizione anche dell’ambiente, ricco di risonanze (forse ricreate, ma ricreate talmente bene da far credere di essere in chiesa).
Qualcuno dirà: allora questo Saffire II non ha i bassi. Non è esattamente così e chi ha avuto in casa tanti giradischi sa già la risposta; come ho scritto sopra il vantaggio dei telai estremamente leggeri è quello di un suono molto veloce, che spesso lascia indietro un po’ di “carne”, di sensazione di peso del suono. Non manca nulla, ma per alcuni generi musicali potrà essere opportuno cercare una testina e un pre-fono che in qualche modo equilibrino questa attitudine della base giradischi, senza però andare a snaturare la velocità e la capacità di estrarre con attenzione il suono dai solchi che lo caratterizza. Il gioco è divertente e chi lo intraprenderà non ne resterà deluso. Peraltro al Saffire II non manca certo la dinamica.
Una considerazione finale. Bello il prodotto, acchiappa dal punto di vista estetico. Buono il suono. Buono tutto. Ma consiglierei al produttore di munire l’imballo di un manuale d’istruzioni vero e proprio; troppo poco il foglietto dato in dotazione e per giunta solo in inglese. Un’esortazione all’importatore a dare una mano all’audiofilo che magari non conosce l’inglese, fornendo anche uno o due fogli A4 in italiano e con qualche illustrazione che aiuti nel montaggio di cinghia e braccio. E poi una considerazione finale sul costo. Il braccio (1.750,00 € circa) è in un range di prezzo con non moltissima battaglia; è piuttosto universale e non ha creato problemi né con la cedevole Denon DL-S1 né con la meno cedevole DL 103. Il giradischi (4.000,00 €) è sicuramente un prodotto valido ed è anche molto bello, ma ha molti competitor tra i quali scegliere e la battaglia sarà dura. Staremo a vedere se gli audiofili preferiranno le struttura metalliche pesanti dei giradischi tedeschi, o quella più leggera (anche alla vista) del The Funk Firm.
Domenico Pizzamiglio