Auditorium di Milano Concerto del 17 dicembre 2017 Composizioni di George Gershwin Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Direttore e Tenore John Axelrod Pianista Giuseppe Albanese Soprano Adina Aaron Baritono Michael Redding Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi Direttore Erina Gambarini
Poche musiche hanno la familiarità e la notorietà presso il pubblico delle composizioni di George Gershwin.
Musica “americana” per antonomasia, frutto di commistioni che vanno da Ravel a Debussy, al Blues ed al Jazz, le composizioni di Gershwin sono note a tutti, anche al passante di strada totalmente disattento a ciò che la musica possa regalargli; lo fermi, gli canticchi Summertime e lui certo ti dice “si, la conosco”.
Strano che un compositore come Gershwin, già acclamato, si ritenesse un compositore che aveva bisogno dell'aiuto di altri grandi musicisti, come fece quando cercò l'aiuto di Ravel e di Stravinskij, aiuto che questi rifiutarono. Forse avevano capito che il messaggio di Gershwin, trasversale certo (colpisce chiunque, di qualunque colore abbia la pelle e qualsiasi età abbia) ma magnificente nel risultato, era talmente grande che necessitasse di null'altro che quanto lo stesso Gershwin era in grado di dare. Peraltro l'abbondante uso di strumenti che caratterizza la musica di Gershwin ne fa un assoluto Maestro del Colore, immediatamente riconoscibile da tutti gli altri.
Il successo ottenuto è stato incontestabile. Orchestrali che pestavano i piedi sul palco, pubblico in visibilio, applausi, urla di “bravo” in grande quantità. Ed è da dire che il concerto di ieri, quel successo, lo ha ampiamente meritato.
Ma partiamo dall'inizio, da quella rapsodia in jazz che è la Rhapsody in Blue. Orchestra in ottima forma, il M° Axelrod divertito ma molto, molto attento e compiaciuto mentre il Maestro Albanese suonava le parti solistiche. Compiacimento e piacere che il pubblico ha condiviso. Raramente, per non dire quasi mai, si assiste ad una così ampia differenziazione tra ogni singola frase musicale nelle parti solistiche. Ora occhieggia il Blues, ora il Jazz, ora una sorta di musica da strada, con sincopati portati all'esasperazione, ora il più ampio lirismo. Funambolica la partitura (si sa che Gershwin era un pianista con una tecnica finissima), ma il M° Albanese ha dimostrato di possedere ciò che necessitava per mettersi al servizio più completo della musica. Uno spirito quasi da improvvisatore, come i sommi del Jazz che erano usi riservarsi un pezzo di bravura, a turno, ogni volta che suonavano in gruppo. Ieri sera l'esecuzione del trio Albanese/Axelrod/orchestra (mai dimenticare che l'orchestra è uno strumento complesso e che da lei dipende l'esito del concerto) è stata entusiasmante. All'inizio, forse, gli interventi del pianista hanno creato un po' di sconcerto proprio perché troppo diversi da quanto solitamente si ascolta; ma nell'esposizione, che è poi stata chiara, per come voluta dal M° Albanese, c'era tanto di variazione del tempo, con tante atmosfere diverse. E il pubblico ha compreso il messaggio esplodendo in un applauso che l'ha detta lunga sull'apertura mentale che la musica sa dare.
Bis del M° Albanese, una splendida versione da concerto di un altro brano famosissimo di Gershwin, “The Man I Love”. Era palese la voglia del pubblico di cantare con il pianista. E quanti si sono trattenuti; io per primo.
Seconda parte del Concerto, la versione concertistica dell'opera Porgy and Bess che si è avvalsa del coro, del soprano Adina Aaron e del baritono Michael Redding. Entrambi già interpreti sul palcoscenico di quest'opera, hanno ammaliato il pubblico; lei per le capacità vocali, anche in quella zona pericolosa in cui spesso Gershwin fa cantare la soprano, ovvero il difficile passaggio in basso in cui risulta impossibile cantare di testa e si deve passare al suono di gola; lui anche per la presenza scenica e per l'interpretazione recitata (non che la voce fosse da meno; anzi!). Sorpresa per il pubblico, all'attacco di “It Ain't Necessarely So”, il M° Axelrod si è girato verso il pubblico e si è messo a cantare (più a recitare che a cantare, visto che di note scritte ne ha cantate poche; ma voleva dare carattere al suo personaggio – lo spacciatore di cocaina - ed al testo cantato) duettando con Porgy. Piacevolissimo. Eccellente anche il coro diretto da Erina Gambarini. Il tutto per una prestazione che pur se non perfettissima, ha portato comunque il pubblico alla richiesta di bis, immediatamente proposto dall’orchestra.
Di una cosa mi dispiaccio; che sul programma non fossero indicati i due solisti del coro, soprano e basso, che hanno cantato benissimo le loro parti. Avrebbero veramente meritato una menzione.
Domenico Pizzamiglio
Alla fine del concerto, Domenico si faceva una domanda, che ha poi rivolto anche a me: "Chissà come mai questa musica arriva così prepotentemente al cuore del pubblico ..." Al momento non ho trovato una risposta ma pensandoci a freddo, posso supporre che la ragione sia una sola: il ritmo! Diversamente alla musica classica comunemente intesa, qui abbiamo un'orchestra nella quale le percussioni ed i fiati, soprattutto, marciano a ritmi veloci, sincopati, swingati ... Ritmi, sempre presenti e che ti fanno muovere la testa e battere i piedi. Ed il ritmo, cari Lettori, è nel sangue dell'essere umano da sempre, tanto è vero che i primi strumenti musicali che si conoscano sono percussioni. Il nostro cuore batte ritmicamente e quando disgraziatamente lo fa fuori tempo, dobbiamo affidarci ai medici, che lo riportino in carreggiata. Quando culliamo un bambino, lo facciamo ritmicamente, cercando di mantenere la costanza delle oscillazioni della culla, per tranquillizzarlo. Il ritmo ci accompagna da quando siamo nel ventre di nostra madre e lo farà fino a quando siamo vivi. Ecco perché una musica con ritmo, sia anche un'ammasso di rumori digitali in una discoteca, riesce a coinvolgerci in questo modo; e ve lo dice uno che odia le discoteche e non balla (ma ogni tanto suona ancora la batteria). Se poi è musica vera come quella che abbiamo ascoltato Sabato, siamo all'assoluto e svariati minuti di applausi lo testimoniano senza dubbi.
Ma forse mi sbaglio, forse le ragioni sono altre. Se le conoscete voi, fatecele sapere, che siamo molto curiosi.