Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano Concerto del 22 maggio 2017 Orchestra Antonio Vivaldi, direttore Lorenzo Passerini Pianista Roberto Cappello Musiche di Ratti e Gershwin
Insieme con Bach, Gershwin è stato il primo compositore che ho conosciuto in vita mia. Mio padre amava molto la sua musica e mi ha passato quell'amore. Quindi, quale scusa trovare per non andare a Conservatorio? Nessuna! E bene ho fatto.
Il programma della serata è iniziato con una composizione del giovane compositore Piergiorgio Ratti a titolo “Panico”. Ove per panico non si intende il panico propriamente detto, ma il dio Pan e le sue peripezie e piaceri. Composizione piacevolissima, interessante per l'intenso gioco di cambio di ritmi tra le varie compagini; è la seconda volta che incontriamo composizioni di questo giovane lombardo che vanno verso una modernità ascoltabile, lontana dalle cose dissonanti e non sempre piacevolissime per l'orecchio che hanno contraddistinto certa produzione della seconda metà del secolo scorso (ma molto ben lontane dalle composizioni noiose e ripetitive di certi pianisti/compositori moderni).
Il Concerto in Fa minore di Gershwin viene eseguito troppo poco, perché le stagioni concertistiche prediligono cose più classiche (e a dire il vero è un po' tutto il ventesimo secolo ad essere negletto; i vari concerti di Rachmaninov, ma anche quelli di Ravel, non li si vedono spesso nelle locandine delle varie stagioni concertistiche). Ed è un peccato perché il Concerto di Gershwin è pieno di inventiva; qualcuno dice che nella composizione riecheggi Rachmaninov, ma tirandola per i capelli a me pare che qualcosa del russo lo si percepisca solo verso la metà del secondo movimento, dove l'andamento musicale ricorda in parte la Rapsodia su un Tema di Paganini di Rachmaninov.
Per il resto, come ho già scritto relativamente ad una esecuzione avvenuta all'Auditorium di Milano, riecheggia il sincopato tipico del jazz, riecheggia il blues, riecheggia l'America spensierata. Bellissima prestazione sia da parte dell'orchestra che da parte del M° Cappello che ha accentuato tutte le sincopi, dando un andamento al tempo assolutamente “acchiappante” (mi si passi il termine, ma il pubblico e gli orchestrali sembravano – sembravamo, mi ci metto anch'io – posseduti dalla musica; piedi che battevano il tempo, mani che andavano a tempo di musica, corpi quasi danzanti pur nello spazio ristretto delle poltroncine del Conservatorio).
A seguire An American In Paris, ritratto di quella che sarebbe stata la prima visita di un americano nella Parigi degli anni 20/30 del secolo scorso. Qualche problema con le percussioni (non i timpani, però) ma di leggerissima entità ed un tempo tenuto appena più lento del solito, ma una ricchezza sonora pienamente rispettata e riproposta agli ascoltatori.
Ed infine la Rapsody in Blue; bravissimi il clarinettista ed il trombettista e brava tutta l'orchestra che ha eseguito la partitura con quella leggerezza che è dovuta alla partitura. Nulla da dire sulla prestazione del M° Cappello che al pianoforte ha regalato tanti umori diversi, dal jazz “tirato”, al dixieland, al blues.
Detto che l'orchestra ed il direttore Lorenzo Passerini (alla sua seconda e per noi convincente prova) hanno lavorato bene, una menzione speciale va al M° Cappello che ha padroneggiato le difficoltà tecniche della partitura e ha giocato con le note e con i tempi in modo divertito e divertente per chi ascoltava; un vero solista virtuoso, capace di interagire con l'orchestra in modo da restituire una prestazione entusiasmante (ed infatti il pubblico era talmente appagato da aver applaudito calorosamente già alla fine del primo movimento del concerto).
E finalmente questa volta sala bella piena e un pubblico entusiasta; Gershwin sarebbe il musicista in grado di riunire tutto il mondo. Difficile resistere alla sua musica, al suo ritmo, alla sua genialità compositiva ed al suo colore orchestrale.