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Karan Acoustics KA I 180 Mk 2
Cominciamo dalla fine: 9.950 euro per un amplificatore integrato sono decisamente tanti, e proiettano questo apparecchio nelle parti alte delle classifiche dei componenti audio più costosi, per quanto concerne la sua categoria.
Toccherà quindi approfondirne bene le caratteristiche sonore, che non si può valutare a cuor leggero una macchina dal prezzo così importante, seppure non fuori dal mondo, un mondo di prodotti a volte apparentemente folli e fuori da ogni logica di mercato. A tal proposito, voglio ricordare una conversazione intrattenuta con la mia compagna, durante una serata romana, circa il rapporto qualità/prezzo e le recensioni da esso dipendenti. Lei asseriva, dopo una mia breve spiegazione, che se provo un apparecchio da pochi soldi (si faceva un esempio da 200 euro) lo valuto con maggior benevolenza rispetto ad uno da 10.000, analizzando il quale, come si dice, “spacco il capello in quattro”. Ed infatti è proprio così, cari “i miei 25 lettori” (chissà che la citazione non mi porti fortuna e magari vi moltiplichiate, con tutto il rispetto per il Manzoni). Potrei fare altrimenti? Da un amplificatorino da 200 euro cosa ci potremmo aspettare, oltre al fatto che faccia muovere decentemente le membrane dei nostri diffusori? Il suono perfetto? Beh, avremmo trovato la pietra filosofale e potremmo trasformare in oro forse persino le cattive incisioni! Ma così non è, purtroppo, che il mondo ideale non l’avevano ipotizzato neanche Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere”, mentre spifferavano a Leonardo da Vinci un po’ di invenzioni da perfezionare. Ritengo allora giusto cercare anche il minimo difetto ad un apparecchio molto costoso, per capire, e soprattutto raccontare a voi, se l’impegno per il suo acquisto sia giustificato o meno. Questa volta, sotto la lente d’ingrandimento, mettiamo il serbo Karan Acoustics, integrato stereo da 180 W per canale su 8 Ohm, dalla livrea molto discreta e dalle dimensioni piuttosto contenute. Tutto pare condurre ad un’indole modesta e quasi sottotono fino a quando … lo sollevate di peso. Non solo per i suoi 19 kg, che proprio pochini non sono, quanto per il fatto che se lo prendete per le alette laterali, come viene spontaneo fare, rischiate di procurarvi un taglio alle mani, a causa della finitura abbastanza affilata delle stesse alette di raffreddamento. Torniamo un attimo all’azienda che produce questa macchina, la Karan Acoustics. Non provate a contattare il progettista Milan Karan, che tanto non avete alcuna possibilità di trovarlo. La commercializzazione in tutto il mondo avviene tramite una società olandese chiamata Hermes Netherlands, e tutti devono fare riferimento ad essa. Insomma, niente “dal produttore al consumatore” con Karan. E, malgrado l’alone di mistero troneggi, la trentennale vita dell’azienda testimonia che non si tratta un fuoco di paglia, contrariamente a quanto spesso accade nel nostro settore, dove i produttori nascono quotidianamente, a prendere il posto di coloro che invece escono dal mercato con lo stesso ritmo. Stiamo parlando del mercato high-end, evidentemente, ché in quello consumer il fermento dovuto all’invasione delle elettroniche cinesi, è persino esagerato e, nel nostro Paese, indubbiamente sovrabbondante. C’è infatti il concreto dubbio che l’offerta superi la domanda di qualche ordine di grandezza. Torniamo a parlare, nello specifico, del nostro amplificatore integrato, del quale forniamo le caratteristiche principali: - architettura completamente bilanciata - potenza 2x180 W su 8 Ohm, 2x300 su 4 Ohm - risposta in frequenza DC-300 kHz a -3 dB - rapporto S/R migliore di 112 dB - distorsione di intermodulazione inferiore a 0,03% alla potenza max su 8 Ohm - peso 19 kg netto - dimensioni 500x90x340 L’amplificatore è imballato in una robusta cassa di legno, molto ben protetto al suo interno, ed è munito di telecomando per il volume. Le foto sono molto eloquenti, l’apparecchio si presenta con una linea pulita e discreta, che può superare senza fatica il severo giudizio estetico delle vostre compagne. Un pannello di alluminio molto spesso, con una sporgenza al centro, contiene il marchio, che si illumina fiocamente di un discreto colore rosso ad apparecchio acceso.
Le due manopole laterali per il controllo degli ingressi e del volume hanno una linea non particolarmente originale, ma di un’eleganza classica che non stanca mai. Il pesante pannello superiore reca il marchio Karan, scavato nel metallo. Semplice anche il pannello posteriore, che presenta le uscite rec out, anche per l’utilizzo home theater, un ingresso linea bilanciato e 3 sbilanciati, i morsetti di uscita per gli altoparlanti, l’ingresso IEC dell’alimentazione e l’interruttore di accensione. Ottima la qualità di tutti i connettori. Come già accennato, le fiancate sono costituite dalle abbondanti alette di raffreddamento che, malgrado le istruzioni dicano che possono diventare molto calde, da me non sono mai diventate più che tiepide, sia con l’apparecchio acceso senza segnale, che con l’uso vero e proprio. Sempre da istruzioni, è previsto un rodaggio minimo di 200 ore! Siccome la macchina era nuova, l’ho lasciata accesa per un’intera settimana, giorno e notte, in modo che si “cuocesse” come da richiesta del costruttore, utilizzandola per amplificare il segnale della TV, senza ascoltare musica, più che altro per il fastidio di dover individuare che cambiamenti ci fossero tra le due condizioni. Dopo innumerevoli prove, di altrettanti apparecchi, certe curiosità non le ho più … L’integrato Karan è stato collegato al seguente impianto: giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Lyra Kleos, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD Yamaha CD-S3000, lettore multimediale: Oppo 105 D, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B³, diffusori: JBL 4350B, subwoofer Velodyne SPL-1200, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, cavo phono Cammino PH B 2.2 Ref XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500. Gli ascolti cominciano con Vivaldi - The Four Seasons, eseguite dai Suonatori de la Gioiosa Marca, diretti da Giuliano Carmignola (SACD FIM). Le celeberrime Quattro Stagioni, sono qui eseguite ad una velocità impressionante, alla quale difficilmente siamo avvezzi, e risultano anche per questo molto interessanti. La registrazione è di una naturalezza e rigore timbrico esaltanti, ed il risultato è sontuoso, pieno ed armonico, come se si fosse al cospetto dell’orchestra. Il violino solista appare dotato di un buon corpo ed il suono delle corde non è mai stridente oltremisura. Il violone, antenato del contrabbasso, ha un’emissione pulita, controllata e senza code, pur scendendo ottimamente in basso, fornendo alla musica il “calore” del quale necessita, completandola. Restiamo in ambito classico, con gli Stile Antico - Heavenly Harmonics (SACD Harmonia Mundi). Le voci dei cori sono proprio belle, sia in origine, che in questa riproduzione, e risultano disposte su un palcoscenico molto ampio. E’ l’inganno o, se preferite, l’incanto della stereofonia, che il Karan ripropone in tutta la sua forza, e che permette di approssimare con la mente le dimensioni della Chiesa londinese di All Hallows, proiettandoci tra le sue pareti, così da illuderci di essere presenti all’evento originario. Difficile chiedere di più, direi, sotto questo profilo. E’ pure degna di nota la capacità di quest’elettronica di discernere le varie voci, collocando i cantanti nelle loro rispettive posizioni all’interno del coro. Cerco tra le registrazioni di pianoforte qualcosa che sia realmente al top della tecnologia di registrazione, e mi trovo tra le mani il CD Organus “Berlin Affair”, nel quale Chie Ishii suona brani di Chopin e di sua composizione. Grande dinamica, in questa registrazione, che il Karan dipana senza alcuno sforzo, oltre a riprodurre un timbro del pianoforte molto aderente alla realtà. Ultimamente frequento piuttosto spesso una casa nella quale la proprietaria suona, tra l’altro con grande abilità, un “mezza coda” ospitato in salone ed il suono che sto ascoltando, confinato nella pur non piccola stanza d’ascolto a mia disposizione, ricorda molto da vicino quello che ascolto là. Alla faccia di quelli che “il suono dal vivo non c’entra nulla con la riproduzione casalinga”; mantra che ripetono, non facendo affatto una bella figura, e che dimostra solamente la loro pigrizia nell’andare a sentire la musica acustica dal vivo. Fatevi un favore: per una volta nella vita investite 30 euro in un concerto di musica classica, invece che in qualche inutile accessorio per il vostro impianto, così magari ci prendete gusto. Certo, dovete mettere in conto il rischio del crollo di alcune vostre certezze, ma le certezze, si sa, esistono per essere smentite. Tornando al nostro amplificatore noto, tra un appunto polemico ed uno circa il suono che ascolto, una grande velocità nel riprodurre i tempi di attacco dei vari suoni, ed un’altrettanto grande rispetto del loro decadimento, coi tempi giusti, dettati dagli strumenti e dal luogo in cui sono stati registrati (una sala di registrazione con cabine estremamente curate e forte smorzamento dei riverberi darà un risultato ben diverso da una grande Chiesa, ad esempio). Il brano 9, di percussioni, contiene alcuni piatti di batteria, che, nel caso dell’amplificatore in questione, sono riprodotti allo stato dell’arte, mentre le congas e la batteria fanno loro da interessante contrappunto. Come si fa a non godere di una simile riproduzione? Cambio genere e passo al CD Velut Luna “Storyville Jazz Band”, del quale parlo sempre molto volentieri, per più di una ragione. La prima è che trovo la musica Dixieland molto allegra e divertente, soprattutto se eseguita con la perizia di questa Band, e poi la registrazione che ha realizzato Marco Lincetto è strepitosa, per dinamica e rigore timbrico. Due caratteristiche del messaggio musicale che il nostro Karan deve conoscere piuttosto bene, a giudicare da come interpreta il suono di questo CD. I suoni sono così neutri da lasciare tutto lo spazio espressivo necessario all’interpretazione dei musicisti, senza “imbrigliarli” con imposizioni esterne. Gli ottoni, ad esempio, massicciamente impiegati in questa musica, non sono mai sopra le righe, e graffiano in giusta misura. Restiamo in casa Velut Luna col SACD “Making Whopee”, di Rosella Caporale ed Oscar del Barba. Scelgo questo SACD per la semplice ragione che conosco molto bene la voce di Rosella Caporale dal vivo, ed ho quindi un confronto ben preciso con quanto sento uscire dall’impianto. Anche in questo caso siamo molto, molto vicini alla realtà, una volta fatta l’inevitabile tara ai mezzi tecnici attraverso i quali i suoni devono passare prima di essere immagazzinati nei supporti, siano essi analogici o digitali, per quanto tecnicamente avanzata possa essere la strumentazione impiegata. Cosa che, con Velut Luna, è fuori discussione. Cambiamo genere? “Wish You Were Here”, Pink Floyd, SACD EMI. Ecco, qui la manopola del volume comincia a girare abbondantemente in senso orario. Il suono che arriva alle mia JBL dal Karan continua ad essere molto lineare, senza alcun accenno di compressione, mentre i piatti della batteria di Nick Mason sono riportati alle orecchie con un po’ meno lucidità ed apertura rispetto al mio riferimento, ma in modo poco significativo. “Short Stories” di Jon & Vangelis (CD Polydor), ci dimostra come anche qui, con la splendida voce di Jon Anderson, si voli alto, grazie ad una fantastica riproduzione. In questo bellissimo disco, Anderson, cantante degli Yes, è accompagnato dal polistrumentista/omnistrumentista greco Vangelis. Fa impressione leggere, nelle note di copertina, questa frase: “Vangelis - all instruments”. Ogni volta che la leggo sono assalito da un attacco di invidia, io che suono un solo strumento, e neanche tanto bene. Eh, già, perché in questo disco, Vangelis suona tutto, e bene ha registrato ogni cosa (non vi avevo ancora detto che i Nemo Studios di Londra erano di sua proprietà?). Sarei curioso di sapere se era lui a fare anche i caffè ed a cucinare il pranzo … Intanto che butto giù queste facezie, ascolto una musica molto ben riprodotta dal piccolo (rispetto ai miei due monofonici di riferimento) amplificatore serbo, che prende il toro .. le JBL … per le corna e le fa esprimere forte e bene quando occorre, piano e con dolcezza, ma sempre in modo impeccabile, quando l’esecuzione lo richiede. E la musica dev’essere sempre la Signora e Padrona di quanto esce dai nostri impianti audio, da quando li accendiamo e ci sediamo davanti a loro, a quando ci alziamo alla fine delle sessioni di ascolto. E siamo così arrivati alle conclusioni di questa prova, che è andata liscia come l’olio. Il che, per i lettori abituati a leggere di mistiche visioni ad ogni recensione, può sembrare poco. Invece è molto, credetemi. Quando si ascolta un componente e non si riescono a trovare difetti, aberrazioni timbriche, distorsioni udibili, schiacciamenti di dinamica … si sta ascoltando qualcosa che, semplicemente, va come deve andare. Un suono molto neutro, quello che vi fornirà il Karan, appena addolcito in gamma alta, col risultato di non essere mai stancante e di porgervi la musica con grazia ed eleganza. Alla luce di quanto appena detto, come inquadrare questo Karan nel prezzo richiesto? La mia personale opinione è che l’offerta sia corretta, rapportata al mercato attuale, e che questo amplificatore serbo sia da prendere in seria considerazione da chi è stanco di cambiare elettroniche che impongono il loro carattere, e voglia passare a qualcosa di realmente valido, che lasci passare dai suoi circuiti ciò che riceve. Ascoltatelo, provatelo nel vostro impianto e poi mi fate sapere la vostra. Angelo Jasparro INFO: Produttore: Karan Acoustics Distributore per l'Italia: MondoAudio Prezzo di listino: 9.950 euro |