Auditorium di Milano Concerto del 24 novembre 2017 Gustav Mahler, Sinfonia n. 9 in Re maggiore Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi Direttore Claus Peter Flor
Le Sinfonie di Mahler sono tutte grandiose, dalla Prima, con il trionfale quarto movimento, sino alla Nona che a detta degli esperti rappresenta l'inno alla vita scritto da Mahler che già presagiva la sua prematura scomparsa (il quarto movimento che termina in “più che pianissimo” – pppp, in partitura – che per alcuni accomuna la Nona alla Sesta di Ciaikovski, che finisce anch'essa con un pianissimo, col suono che piano piano muore; e da qui l'idea di celebrazione della fine).
Tuttavia, quando ci si siede in platea per ascoltare la Sinfonia, poco conta l'iconografia o, comunque, conta molto meno perché ci si trova davanti alla Musica, quella grande e complessa di cui Mahler è stato sapiente compositore.
Il linguaggio della Nona, che in alcuni punti ripropone richiami alle sinfonie precedenti (Prima e Quinta, ma non solo) e nella quale riecheggiano gli impasti timbrici tipici di Mahler (ad esempio l'arpa doppiata dai contrabbassi in pizzicato, che dà quel suono particolare all'arpa, pesante ed etereo al contempo; o alcuni impasti dei legni) è però molto più complesso perché lo sviluppo della composizione non è “normale”, come solitamente si ascolta; la composizione è pervasa da linee melodiche a volte dissonanti che si incrociano, si lasciano, si riprendono, in un continuo e complesso dialogo. Vien quasi da domandarsi cosa avrebbe potuto essere la Decima Sinfonia se fosse stata compiuta.
Ascoltando la Sinfonia si può avere la sensazione che sulle pagine dello spartito quasi non ci sia spazio per contenere tutte le linee per i vari strumenti perché a volte nello stesso gruppo di strumenti, le voci si sdoppiano; qui il fascino della Nona, difficile per il neofita ma autentica “goduria” (mi si passi il termine) per l'ascoltatore più “scafato” proprio per quella sua grande complessità.
L'esecuzione voluta dal M° Flor ha offerto agli ascoltatori una visione umana ed estatica al contempo; umana nella veemenza dei momenti più concitati ma estatica nei momenti più lirici. Pianissimo splendidi, fortissimo potenti, mezzi toni di rara eleganza. E l'orchestra ha risposto molto bene; par quasi che con questi repertori l'Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi sia capace di dare i risultati migliori.
La sala questa volta era quasi piena; e stranamente gli applausi, pur potenti e prolungati, non sono stati fragorosi come invece avrebbero dovuto perché la lucida lettura voluta dal M° Flor era assolutamente affascinante e soprattutto rispettosa anche delle indicazioni in partitura quanto a tempi e dinamiche. Un bellissimo concerto; un'ora e mezza di distacco dalla realtà.
Prossimi appuntamenti con il repertorio sinfonico più “tonitruante”: 12 e 14 gennaio con il M° Robert Trevino che dirigerà la Leningrado di Shostakovich; 2 e 4 febbraio con la Quinta di Shostakovich diretta dal M° Zhang Xian (il programma comprenderà anche La Notte sul Monte Calvo e Canti e Danze di Morte di Mussorgskij); 15, 16 e 18 febbraio con la Terza di Rachmaninoff con la direzione del M° Bignamini (con anche il concerto n. 1 per pf e orch. di Čaikovskij); 23 e 25 febbraio con la Quinta (e i Lieder eines fahrenden Gesellen) di Mahler con la direzione del M° Flor.