Auditorium di Milano Concerto del 10 Marzo 2017 Chopin e Bartòk Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi Direttore Stanislav Kochanovsky Pianista Philipp Kopachevsky
Programma tutto dell'Europa Orientale, nel concerto del 10 Marzo scorso; mi scuso con l'Auditorium, che mi ha invitato, per il ritardo nella pubblicazione delle impressioni di quel concerto.
Molta era l'attesa per il giovane pianista russo Philipp Kopachevsky, vincitore di molti premi e molto apprezzato dalla critica. Un'attesa soddisfatta dall'esito del concerto.
Il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Fryderyc Chopin è sorprendente già all'inizio; siamo solito pensare a Chopin come a un “sensibilone” (Notturni), piuttosto che a un “brillantone” (Polacche), ma comunque ben poco nerboruto; invece già il solo attacco del concerto, con la risolutezza e marzialità del primo tema, proietta l'ascoltatore in un clima totalmente differente e forse inatteso. Tutto il concerto si sviluppa in modo grandioso, mantenendo comunque le difficoltà delle composizioni pianistiche di Chopin; Philipp Kppachevsky non ha mancato il suo compito. Splendido per suono, tenuta del tempo, espressività, diteggiatura. Eccellente l'interazione con l'orchestra diretta dal M° Kochanovsky, dal gesto chiaro, calibrato, eloquente.
Splendidi i due brani di Chopin per i bis richiesti a gran voce dal pubblico (e non solo dalla claque russa presente in sala); una funambolica – a mio avviso un po' troppo – esecuzione del Walzer Op 64 n. 1, sicuramente sintomo di una perfetta preparazione tecnica, ma non fine a se stessa, come hanno dimostrano i calibratissimi “rubato ed altro brano di Chopin del quale purtroppo non ricordo il numero di catalogo (non è facile ricordare tutti i numeri di tutti brani di cataloghi impegnativi come quello di Chopin).
Formalmente perfetta l'esecuzione del Concerto per Orchestra di Béla Bartòk; le ricerche timbriche, espressive, innovative scritte da Bartòk, gli influssi della musica popolare, la costruzione in quasi continuo divenire, che attinge anche al repertorio classico, sino a giungere, attraverso lo sviluppo del discorso musicale tipico di Bartok sino al quinto e ultimo movimento che, come detto da Bartok stesso, è l'affermazione della vita, sono stati tutti restituiti in modo pressoché perfetto dall'orchestra sotto la direzione del “composto” M° Kochanovsky, giovane ma di cui sarà il caso di seguire la carriera. Non sarebbe male se per la prossima stagione l'Auditorium pensasse di affidargli un altro paio di concerti, magari anche in altri repertori; l'impressione è stata quella di uno di quei direttori che senza clamori, poi dal vivo ti dà dei risultati che lasciano grandissima soddisfazione del pubblico.
L'orchestra si conferma quell'organico ormai maturo del quale Milano deve andare fiera; bel suono, bella coesione, nessun limite di repertorio. Cosa volere di più?