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AUDITORIUM DI MILANO
Concerto del 12 ottobre 2018
Franz Joseph HAYDN – Sinfonia n. 44 in mi minore “Trauer”
Gioacchino ROSSINI – Stabat Mater per soli, coro a quattro voci miste e orchestra
Aleksandra Sennikova, Soprano
Valeria Girardello, mezzosoprano
Shanul Sharma, tenore
Roberto Lorenzi, basso

Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi
Direttore M° Claus Peter Flor
Direttore del Coro Signora Erina Gambarini

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Un programma interessante, quello del concerto del 12 ottobre scorso; per due motivi. Il primo l’esecuzione di una Sinfonia di Haydn, compositore che incomprensibilmente molti ritengono un minore (si ascoltino La Creazione e poi ne riparliamo) e che sempre più latita dai cartelloni delle stagioni concertistiche; ed il secondo l’esecuzione dello Stabat Mater di Rossini, anch’esso non proprio onnipresente nei cartelloni.
E’ ormai acclarato che al Maestro Flor piaccia ombreggiare i suoni con calibrati crescendo o diminuendo. Se ne è avuta ancora evidenza nel primo movimento della sinfonia di Haydn, dove ogni frase era cesellata con una attenzione estrema e con un effetto di “movimento” del suono non indifferente.
Il secondo movimento, il Mineutto (stranamente posto da Haydn come secondo, invece che come terzo movimento, come era uso fare), in tempo di Allegretto, è stato tenuto ad un tempo piuttosto sostenuto; forse troppo per un tempo che richiama una danza fatta di movimenti aggraziati e certo non veloci.
Bellissimo il terzo movimento, tenuto a volume molto moderato ed ampio nel tempo; la scelta non è stata peregrina, posto che Haydn stesso chiese che quel movimento venisse eseguito durante il suo funerale (da qui probabilmente il titolo
Trauer, ovvero Lutto, dato alla sinfonia) e pertanto un tempo lento e un suono lieve sono apparsi appropriati. Infine stranamente intervallato da lunghe pause l’ultimo movimento che è stato quello che meno ha convinto chi scrive. E’ risultata evidente una ricerca di una estetica che però alla fine si è rilevata poco Sturm und Drang, periodo al quale la sinfonia appartiene.
Per quanto invece riguarda Rossini, in una delle sue pagine meno eseguite ma nonostante ciò tra quelle comunque molto note, hanno destato qualche perplessità gli interventi del coro, eccessivamente urlati, con l’aggiunta di più scollamenti del coro tra le quattro tessiture. Nel Quando corpus morietur, ad esempio, più d’uno i momenti in cui le quattro compagini hanno dato l’impressione di non andare perfettamente “insieme”, come anche nel coro finale Amen. In sempiterna saecula, in cui le soprano sono apparse più volte in ritardo sulle tre restanti voci. Quanto all’interpretazione, sicuramente un buon lavoro di squadra, ma non è parso che si trattasse di un brano composto su un testo dolente come lo “Stabat Mater”; mancava quel minimo di dolore che forse si intendeva sostituire col coro sempre in fortissimo.

​Quanto ai solisti, molto bravo il basso sia nell’aria
Pro peccatis suae gentis che nel duetto col coro Eja, mater, fons amoris, e la mezzosoprano, con una bella voce con tinte di contralto, nella cavatina Fac, ut portem Christi mortem; qualche problema nella tenuta del tempo per il tenore che però aveva acuti molto belli e che ha deliziato il pubblico con un pulitissimo Re bem finale, nel Cujus animam gementem, Infine la soprano, brava ed intonata, ma con un vibrato eccessivo che poco si addice alla sua giovanissima età.
Come sempre un plauso all’orchestra.
Domenico Pizzamiglio
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