AUDITORIUM DI MILANO concerto del 18 ottobre 2019 Campogrande, Le sette mogli di Barbablù Ravel, La Valse - Boléro Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi di Milano Direttore Patrick Fournillier Voce recitante Ottavia Piccolo
Ecco il programma musicale proposto all’Auditorium di Milano dall’Orchestra Sinfonica “LaVerdi” lo scorso venerdì 18 ottobre:
“Le sette mogli di Barbablù”, melologo per voce recitante e orchestra liberamente tratto da un racconto di Anatole France. Parte musicale di Nicola Campogrande. Voce recitante Ottavia Piccolo. Direttore Patrick Fournillier.
Sulla professionalità e l’impeccabile bravura della Piccolo, c’è poco da aggiungere. Se mai vi capitasse di seguirla a teatro capireste cosa voglio dire.
La storia, nell’interpretazione dell’autore, creava un profilo nuovo ed insolito del feroce Barbablù, a tratti divertente ed ironico. Ogni stralcio di recitazione della voce della Piccolo, era intervallato da brani orchestrali a commento dell’azione descritta.
Le sezioni musicali, a mio parere, forse la cosa meno interessante proposta, presentavano, tutto sommato, una scrittura orchestrale poco originale, spunti creativi già sentiti e macinati nell’immaginario di molti, da Stravinsky a John Williams. In generale, una gradevole performance.
“La Valse”, poema coreografico di Maurice Ravel, direttore Patrick Fournillier
Già da quell’impalpabile brusio che risuona in apertura del brano, Ravel preannuncia un sotteso clima di inquietudine e turbamento che nello svolgersi dell’intera e vorticosa partitura, raggiungerà una sinistra serenità. Composta nel 1920 su uno sfondo di drammatico dopoguerra, aveva già perso quella “joie de vivre” che riconosciamo nei “Valses nobles e sentimentales” del 1911.
LaVerdi nella fase iniziale sembra scollare le parti di quelle visioni danzanti, (non so se interpretarla come un’incertezza oppure come una scelta voluta del Direttore), e raggiungere il corpo centrale in un’amalgama più fluida e scorrevole, per ricucire quei brandelli dispersi e vorticosi, fino all’incalzante finale che sorprenderà l’ascoltatore con soluzioni armoniche (volutamente) dissonanti. Cosa lascia a chi ascolta un’opera così travolgente? Non perdetevi una prossima occasione per provarlo!
“Boléro”, Maurice Ravel, direttore Patrick Fournillier.
Per molti, ancora oggi, Ravel “è” il Boléro. L’autore e la sua opera coincidono, soprattutto quando una élite snobistica giudica semplice tale pagina di scrittura. Del resto, come potrebbe essere diversamente, quando un pubblico digiuno di specifiche nozioni di teoria musicale, armonia e orchestrazione, si abbandona alla chiara “orecchiabilità” di tale opera, ignorando completamente l’unicità, la genialità della tecnica compositiva e l’immensa conoscenza raveliana dei timbri orchestrali.
Ma poco importa! La percezione di un evento musicale è sempre un’esperienza intima e personale, che resta in ognuno di noi in maniera sempre diversa. Anche per chi la esegue, per chi ha il privilegio di poterla costruire. E qui torniamo a LaVerdi ed alla sua quindicesima Stagione in cui appare il Boléro.
Quest’ultima, una versione sostenuta e vitale già nei pianissimi iniziali. Soprattutto grazie al Maestro percussionista Ivan Fossati (sul proscenio al rullante), che ha trainato egregiamente il corpus orchestrale, che è decollato in un crescendo dinamico, quasi ipnotico, destinato a non arrestarsi mai, fino all’improvvisa ed inattesa modulazione in mi maggiore che in poche battute ci porta al travolgente finale.
Irrefrenabile coinvolgimento emozionale ... ne è valsa la pena, credetemi!