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Love This Giant  -  David Byrne & St. Vincent
CD  4AD

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Se una vecchia volpe ed una giovane faina ...

Se una vecchia volpe incontra una giovane faina, ci si deve aspettare che succeda qualcosa. E che cosa può succedere, se ad incontrarsi sono un eclettico volpone che risponde al nome di David Byrne ed una che già dopo un paio di dischi ha catalizzato l’attenzione di tutti gli indie-rock addicted, nome d’arte St. Vincent, al secolo Anne Clark lo potrete scoprire dal 10 settembre, quando sarà disponibile sul mercato il frutto del loro lavoro “Love this giant”. I due hanno anche scritto un bel po’ di testi con spiegazioni, pretesti, scuse e motivi del loro sodalizio musicale sull’immancabile sito che promuove l’album, www.lovethisgiant.com, appunto.

Non mi dilungo a raccontare cosa loro stessi spiegano dell’album sul già nominato sito, ma mi piace riferirvi le mie impressioni dopo l’ascolto delle tracce di Love this giant: un lavoro molto, molto newyorchese, che meticcia e fonde le esperienze musicali dei due artisti: ritmi apparentemente afro, melodie senza né capo né coda, tanti tanti tanti fiati (ma di quelli strani, oboe, tromboni, corni, mica sexy sax o scintillanti trombe),  e altro campionario elettronico. A me è piaciuto, nonostante il mio mood del momento non proprio adatto a lasciarsi emozionare: di ritorno dalle vacanze, piove e mi sto preparando per una settimana di convention commerciale di cui non sento alcun bisogno. Allora mi alzo dal divano, torno al vecchio Technics, maritato con un terribilmente potente iPod (nel senso della capacità di stivarci dentro una discoteca che richiederebbe un metro e mezzo di libreria) e faccio ripartire l’ascolto.

La prima traccia “Who” si può scaricare gratuitamente dal sito dell’album, in cambio del proprio indirizzo e-mail, Byrne e la Clark duettano, cinguettano, lui ieratico come al solito, lei con una sinuosa voce da odalisca, e le percussioni ruffiane in sottofondo. Vi piacerà subito, i richiami a Rei Momo, uno dei lavori più “divertenti" di David Byrne si sentono, il risultato è accattivante.

Le altre tracce scorrono, con contrappunti e giochi di quei fiati di cui ho già parlato, senza mai risultare ridondanti o goticheggianti, come potrebbe succedere se uno che ha fondato  (con quell’altro geniaccio di Brian Eno) i Talking Heads perdesse un attimo il controllo. Che poi, guardando la copertina dell’album, terribilmente severa con St. Vincent che sembra una suora del periodo vittoriano e David Byrne un saccente predicatore mormone, tutto ci sia aspetta tranne di trovare un disco così “fun" e attuale.  Tra le altre, “Outside of space & time” un melodioso viaggio onirico (potrebbe essere il giusto sottofondo per un viaggio in ascensore verso l’ultimo piano dell’Empire State Building), un brano che riappacifica con l’antipatico mondo, e poi ho gradito Ice Age, un pezzo sobbalzante, prima poetici tromboni e poi un labirinto di suoni con la voce da sirena metropolitana di Anne Clark a reggere il gioco. E poi “Lightning”, che potrebbe benissimo stare in un disco dei Massive Attack…

Per concludere, se l’autunno musicale comincia così “bene”, e gli altri album che veleggiano all’orizzonte delle novità da parte dei nuovi e vecchi protagonisti della scena indie mantengono le promesse, ci sarà da deliziarsi le orecchie e riprendersi da una  trascorsa incerta stagione-musicalmente parlando-primavera estate.


Antonio "medicineman" Musotto

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