Lyra Kleos
Siamo in ritardo … Intendo dire sulla presentazione della Lyra Kleos che non è certo una novità.
Tuttavia a volte è utile mantenere una luce accesa che illumina un prodotto particolarmente interessante, soprattutto quando – come in questo caso – dopo un fugace ascolto o dopo che ne hai montate un paio o tre sui giradischi degli amici, finisci per comprarla per tuo uso personale. Si, perché la Kleos è entrata a far parte del mio parco testine da Natale scorso.
La Kleos è la seconda testina dal basso nel listino Lyra. Prima di lei c’è la Delos che è andata a sostituire la vecchia Dorian che per molti audiofili ha rappresentato il punto di partenza verso l’alta fedeltà analogica di livello elevato. Solo che la Dorian aveva la tendenza a portare un po’ in evidenza gli estremi di gamma (soprattutto gli acuti, che in alcune condizioni risultavano poco domabili), mentre la Delos ha riportato il tutto ad un concetto di maggior neutralità. La Kleos va in quella stessa direzione, forse più della Skala, eccellente anch’essa (troverete un mio scritto online), ma non così piacevolmente estesa in alto come la Kleos e con un basso più tonico, più “romantica” come qualcuno afferma.
Inutile che vi stia a dire i nomi di costruttore, progettista, designer e collaudatore delle Lyra; farebbero tanto “accademia”, ma sono informazioni poco utili perché le si trovano scritte sul sito del produttore e chi legge questo scritto ha evidentemente un computer col quale potrà fare ogni controllo (così come incrociare le mie impressioni con quelle di altri).
Tuttavia a volte è utile mantenere una luce accesa che illumina un prodotto particolarmente interessante, soprattutto quando – come in questo caso – dopo un fugace ascolto o dopo che ne hai montate un paio o tre sui giradischi degli amici, finisci per comprarla per tuo uso personale. Si, perché la Kleos è entrata a far parte del mio parco testine da Natale scorso.
La Kleos è la seconda testina dal basso nel listino Lyra. Prima di lei c’è la Delos che è andata a sostituire la vecchia Dorian che per molti audiofili ha rappresentato il punto di partenza verso l’alta fedeltà analogica di livello elevato. Solo che la Dorian aveva la tendenza a portare un po’ in evidenza gli estremi di gamma (soprattutto gli acuti, che in alcune condizioni risultavano poco domabili), mentre la Delos ha riportato il tutto ad un concetto di maggior neutralità. La Kleos va in quella stessa direzione, forse più della Skala, eccellente anch’essa (troverete un mio scritto online), ma non così piacevolmente estesa in alto come la Kleos e con un basso più tonico, più “romantica” come qualcuno afferma.
Inutile che vi stia a dire i nomi di costruttore, progettista, designer e collaudatore delle Lyra; farebbero tanto “accademia”, ma sono informazioni poco utili perché le si trovano scritte sul sito del produttore e chi legge questo scritto ha evidentemente un computer col quale potrà fare ogni controllo (così come incrociare le mie impressioni con quelle di altri).
Che le Lyra abbiano sempre goduto di una solida fama di prodotto ben suonante è risaputo; sono ormai più di vent’anni che le conosciamo e direi che la Kleos conferma questa opinione comune.
Costo? 2.650,00 €. Non pochi di certo; ma quantomeno in una classe di prezzo non affollatissima che fa si che, pur con un grande sforzo, si possa affrontare l’acquisto, senza giungere allo sforzo ancor più immane di Tytan i/Etna o quello ancora superiore per Olympos/Atlas. Sono qui a dirvi che costa poco? Assolutamente no; costa, ma nell’ambito del panorama delle testine di gamma elevata, è un prezzo che mi tocca definire “corrente”.
La Kleos è una testina a bobina mobile a bassa uscita, anche se non bassissima (0,5 mV a 5 cm/secondo) con impedenza interna di 5,4 ohm; carico consigliato con i pre fono attivi da 95,3 a 816 ohm, come risulta dai dati sul sito del produttore, leggermente differenti da quanto riportato nel manuale originale della testina, ove c’è una ‘legenda’ che aiuta a scegliere il carico più appropriato; ma ne parlerò in seguito. Il cantilever è in boro fatto dalla Ogura e la puntina è a taglio line-contact. Nessun cablaggio in oro o altro metallo prezioso, ma solo del buon rame ad alta purezza 6-N . La parte a contatto con il portatestina è in alluminio, pesa gr 8.8 e presenta sulla parte superiore una modanatura che rende il contatto con le shell più accurato.
Costo? 2.650,00 €. Non pochi di certo; ma quantomeno in una classe di prezzo non affollatissima che fa si che, pur con un grande sforzo, si possa affrontare l’acquisto, senza giungere allo sforzo ancor più immane di Tytan i/Etna o quello ancora superiore per Olympos/Atlas. Sono qui a dirvi che costa poco? Assolutamente no; costa, ma nell’ambito del panorama delle testine di gamma elevata, è un prezzo che mi tocca definire “corrente”.
La Kleos è una testina a bobina mobile a bassa uscita, anche se non bassissima (0,5 mV a 5 cm/secondo) con impedenza interna di 5,4 ohm; carico consigliato con i pre fono attivi da 95,3 a 816 ohm, come risulta dai dati sul sito del produttore, leggermente differenti da quanto riportato nel manuale originale della testina, ove c’è una ‘legenda’ che aiuta a scegliere il carico più appropriato; ma ne parlerò in seguito. Il cantilever è in boro fatto dalla Ogura e la puntina è a taglio line-contact. Nessun cablaggio in oro o altro metallo prezioso, ma solo del buon rame ad alta purezza 6-N . La parte a contatto con il portatestina è in alluminio, pesa gr 8.8 e presenta sulla parte superiore una modanatura che rende il contatto con le shell più accurato.
Alcune considerazioni.
Punto primo. Lyra consiglia bracci tangenziali o altrimenti imperniati classici. Ho provato sia on il braccio del mio Pioneer PL 550 che con un Rega 700, imperniati classici. Risultato ottimo, tracciamento sicuro, basso ben fermo e alto un po’ aperto, come da caratteristica di quel braccio. Tuttavia non ho sentito grandi differenze di tracciamento o di resa del basso usando il Morch DP6 che non rispetta a fondo le indicazioni di Lyra, ma che essendo un dual pivot non “balla” tra le mani come i classici unipivot. Peraltro è da ricordare che da sempre Lyra va d’accordo con Graham che è unipivot, ma anche in questo caso è vero che il braccio viene trattenuto da un magnete posto sul lato sinistro, guardando il braccio da davanti. Sui bracci unipivot puri ho esperienze per interposto impianto, nel senso che l’amico Stefano usa una Dorian su un braccio VPI e l’amico Dario usa una Olympos su un Vector; problemi? Direi di no; in entrambe le condizioni la testina lavora tranquillamente. Insomma, direi che a meno che non ci sia qualche ‘fissazione’ o idiosincrasia dell’utente, la Kleos mi è parsa abbastanza onnivora in fatto di bracci (il che non vuol dire “fate sempre e comunque il contrario di quel che dice Lyra”).
Punto secondo, il VTA. Deve essere regolato molto attentamente per permettere al nuovo sistema di collocazione dell’elastomero di funzionare a dovere. Peraltro le differenze si sentono piuttosto nettamente con una propensione per il perfetto parallelismo con la superficie del vinile.
Punto terzo, il peso. Divertente l’indicazione da 1,65 a 1,75 grammi con il miglior risultato a 1,72. Spero abbiate una bilancina precisa. Comunque col peso fissato a 1,65 il suono mi è parso carente in basso, con piccoli problemi di tracciamento. Non ho udito differenze apprezzabili tra 1,75 e 1,72 (non sono ancora diventato un pipistrello), ma se Lyra mi dà una indicazione, tendo a fidarmi e la seguo.
Punto quarto, la massa del braccio. Che sia di massa media, dice Lyra. So che qualcuno ritiene la massa un parametro poco importante (ho visto testine ad alta cedevolezza, come la mia Denon DL S1, lavorare su bracci pesanti, con magari shell molto pesanti che portano la frequenza di risonanza pericolosamente in basso); comunque io ho usato sia la canna Red (6 gr di massa) che la Blue (14 gr) del mio braccio Morch. Dopo un assestamento di qualche giorno con la canna Red, la gamma bassa ha iniziato ad assumere proporzioni tali da indurmi a pensare di aver sbagliato acquisto. La frequenza di risonanza non era particolarmente alta (11 Hz, sia verticale che laterale, con disco test Ortofon), ma in corrispondenza di detta frequenza la testina “saltava” sui solchi con oscillazioni dell’ordine dei 2-3 millimetri; sembrava chiedermi “smorzami un po’, ti prego”. Messa la canna blu, il basso è tornato al suo posto, la frequenza di risonanza si è abbassata a 9 Hz e in corrispondenza di tale frequenza la testina si muoveva pochissimo e comunque molto meno che con la canna Red. Quindi attenti a non farvi fuorviare nei giudizi e controllate che anche l’abbinamento meccanico sia quello giusto.
Punto quinto, l’accoppiamento elettrico con il pre-fono. Devo dire che il sito ha finalmente smesso di indicare quel dato “da 10 a 47.000 Ohm” che voleva dire tutto e il contrario di tutto. Ora c’è una ‘legenda’ di facilissima consultazione, riportata nelle istruzioni allegate alla confezione della testina; è vero che si deve necessariamente conoscere la capacità del cavo che va dai connettori della testina al pre-fono e in questo caso Morch è molto preciso; ma lo sono anche altri produttori. Comunque, anche per chi ha un phono con ingresso fisso con carico a 100 Ohm, posso dire di non aver sentito differenze tali da stravolgere il suono passando da 100 a 500 Ohm e quindi ho preferito la prima delle due, fissando a 100 Ohm il carico con il mio American Hybrid Technology.
Finito? Direi di si, a parte un paio di complimenti a Lyra per il proteggi stilo e per il fatto che non si devono mettere controdadi di sorta, con il vantaggio di lavorare in tranquillità sino a che non si passa a quella dimatura che consiglio di fare tenendo come riferimento il cantilever.
L’impianto con il quale ho condotto l’ascolto è il seguente: giradischi Bauer Audio DPS2, braccio Morch DP 6 con canna Precision Red (ho usato un cavo tra braccio e pre-fono della Nanotec, il PH 2/S del quale parlo qui sotto), pre-fono American Hybrid Technology –P, preamplificatore Lavardin 6.2, amplificatori finali lo Spectral DMA 50 e il Wyred 4 Sound ST 250, altoparlanti le Audio Note AN E Spx, oltre ai cablaggi giù più volte citati in precedenti miei scritti.
Nelle prime ore d’uso, il suono della Kleos era un po’ confuso, non perfettamente a fuoco; il che è normale, ma lo segnalo solo per chi al primo ascolto rimanesse deluso. Datele tempo e quel senso di confusione, unito alla predominanza delle gamme media e medio-acuta, sparirà dopo qualche disco per lasciare spazio ad una gamma acuta ben aperta ma mai fastidiosa. Spesso la gamma acuta di alcune testine sembra scollegata da quella medio-acuta, come se la testina mettesse una sorta di “turbo” che spinge proprio le frequenze più acute. Non è così con la Kleos che ha invece una continuità notevole e che tanto mi ha ricordato le esperienze passate non tanto con la Titan i, quanto con la Olympòs. Il basso è più corposo rispetto ad alcuni modelli della precedente serie, ma è molto veloce e naturale nei tempi di salita e decadimento, cosicché un violoncello pare avere un’oncia in più di “verità” rispetto alla Argo o alla Helicon. Diciamo che la risposta in frequenza pare ora più lineare rispetto ad alcuni modelli precedenti, nei quali a volte la gamma acuta prendeva il sopravvento.
L’assenza di grana, la capacità di tracciamento in stile “laser”, la finezza e precisione dei timbri, fan pensare che il competitor naturale della Kleos sia la vecchia Titan I alla quale la Kleos somiglia abbastanza; certo è diversa dalla Skala che da me è risultata appena più scura.
Dopo tutto questo confrontare, pensare, rimuginare, mi sono messo ad ascoltare attentamente, cercando di trovare qualcosa che non andasse per il verso giusto. Ma in realtà, più che trovare qualcosa che non va, è emerso come quella continuità di gamma media-medio/acuta e acuta diano il giusto timbro a certe compagini orchestrali, come per esempio i legni che spesso perdono molto della loro lucentezza naturale, ma non qui (lo so; sembra che mi piaccia rompere le scatole su determinati parametri. Ma chi siede in sala da concerto la prima volta, tra le cose che rileva c’è proprio il suono dei legni che raramente negli impianti è così luminoso). O come – già lo segnalai nella prova della Skala – gli archi non siano rappresentati dalla sola corda, ma che si senta chiaramente anche la cassa armonica; e questo anche sulle note più acute e con registrazioni nemmeno da considerare allo stato dell’arte, com’è la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven nell’esecuzione di Karajan con i Berliner Philharmoniker (DDG dei primi anni 60).
Come avevo scritto nella prova della Skala, l’effetto “verità” degli archi nella registrazione Decca de “La Fille mal gardée” è ben presente anche qui e da melomane incallito quale sono, sentire dei violini aperti ma non striduli, mi fa solo tanto piacere. E anche in questo caso c’è la lucentezza dei legni e la violenza delle percussioni.
Le voci restituite dalla Kleos sono molto naturali. L’ascolto della Missa Bell’Amfitrit Altera di Orlando di Lasso (Simon Preston, Argo) è restituita con ricchezza di sfumature timbriche e con una giusta presenza di risonanze ambientali – presenti nella registrazione -, con una sicura collocazione nello spazio delle varie tessiture, ma soprattutto con una capacità di tracciamento tale che, a parte alcune campionesse (Audio Note IO-M, Ikeda 9 TT, Lyra Olympòs, Goldenote Tuscany) è abbastanza raro trovare in una testina di prezzo alto ma non impossibile.
La gestione delle grandi masse orchestrali non risente di compressioni di sorta; la citata capacità di tracciamento aiuta a non fare mai confusione ed anzi spesso è proprio con i segnali più complessi che la Kleos manifesta la sua appartenenza ad un rango elevato. Ho chiaramente ascoltato alcune delle mie registrazioni preferite di Stravinskij, Shostakovich, Mahler, Bruckner, Richard Strauss ed in tutta franchezza non ho trovato mai nessun neppur minimo segno di confusione, di collocazione meno che precisa degli strumenti o altro. Neppure nel Miserere di Arvo Part (ECM) che da questo punto di vista è piuttosto ostico; anche lui suonato tutto dall’inizio alla fine e senza nessun problema, ricco di particolari (ad esempio le canne piccole dell’organo e la pedaliera che rifiniscono il suono in alto e in basso, la violenza delle percussioni, la velocità ed il timbro giusto delle campane tubolari).
Sembrerà ovvio, ma la Kleos tende a scomparire in presenza di registrazioni molto ben fatte, come mi è capitato con la tromba di Ponomarev in A Night In Tunisia, Art Blakey and the Jazz Messengers (Philips ad incisione diretta) o con l’orchestra d’archi delle Sei Introduttioni Teatrali di Locatelli (Foné), con le quali l’impressione di aver davanti gli esecutori è stata limitata solo dal mio ambiente che non è certo un auditorium.
Per concludere; quando è arrivata la Kleos l’ho montata e ho avvertito Angelo Jasparro del nuovo arrivo. Molto incuriosito, Angelo si è precipitato (è il caso di dirlo) ad ascoltarla. Da quel momento non si è più ripreso. Roso dall’invidia, non s’è dato pace. Un giorno mi ha chiamato al telefono e mi ha detto che aveva cambiato testina anche lui. Con una Kleos, ovviamente!
Domenico Pizzamiglio
Prezzo: 2.650 euro
Produttore: www.lyraconnoisseur.com
Distributore: www.audiograffiti.com
Punto primo. Lyra consiglia bracci tangenziali o altrimenti imperniati classici. Ho provato sia on il braccio del mio Pioneer PL 550 che con un Rega 700, imperniati classici. Risultato ottimo, tracciamento sicuro, basso ben fermo e alto un po’ aperto, come da caratteristica di quel braccio. Tuttavia non ho sentito grandi differenze di tracciamento o di resa del basso usando il Morch DP6 che non rispetta a fondo le indicazioni di Lyra, ma che essendo un dual pivot non “balla” tra le mani come i classici unipivot. Peraltro è da ricordare che da sempre Lyra va d’accordo con Graham che è unipivot, ma anche in questo caso è vero che il braccio viene trattenuto da un magnete posto sul lato sinistro, guardando il braccio da davanti. Sui bracci unipivot puri ho esperienze per interposto impianto, nel senso che l’amico Stefano usa una Dorian su un braccio VPI e l’amico Dario usa una Olympos su un Vector; problemi? Direi di no; in entrambe le condizioni la testina lavora tranquillamente. Insomma, direi che a meno che non ci sia qualche ‘fissazione’ o idiosincrasia dell’utente, la Kleos mi è parsa abbastanza onnivora in fatto di bracci (il che non vuol dire “fate sempre e comunque il contrario di quel che dice Lyra”).
Punto secondo, il VTA. Deve essere regolato molto attentamente per permettere al nuovo sistema di collocazione dell’elastomero di funzionare a dovere. Peraltro le differenze si sentono piuttosto nettamente con una propensione per il perfetto parallelismo con la superficie del vinile.
Punto terzo, il peso. Divertente l’indicazione da 1,65 a 1,75 grammi con il miglior risultato a 1,72. Spero abbiate una bilancina precisa. Comunque col peso fissato a 1,65 il suono mi è parso carente in basso, con piccoli problemi di tracciamento. Non ho udito differenze apprezzabili tra 1,75 e 1,72 (non sono ancora diventato un pipistrello), ma se Lyra mi dà una indicazione, tendo a fidarmi e la seguo.
Punto quarto, la massa del braccio. Che sia di massa media, dice Lyra. So che qualcuno ritiene la massa un parametro poco importante (ho visto testine ad alta cedevolezza, come la mia Denon DL S1, lavorare su bracci pesanti, con magari shell molto pesanti che portano la frequenza di risonanza pericolosamente in basso); comunque io ho usato sia la canna Red (6 gr di massa) che la Blue (14 gr) del mio braccio Morch. Dopo un assestamento di qualche giorno con la canna Red, la gamma bassa ha iniziato ad assumere proporzioni tali da indurmi a pensare di aver sbagliato acquisto. La frequenza di risonanza non era particolarmente alta (11 Hz, sia verticale che laterale, con disco test Ortofon), ma in corrispondenza di detta frequenza la testina “saltava” sui solchi con oscillazioni dell’ordine dei 2-3 millimetri; sembrava chiedermi “smorzami un po’, ti prego”. Messa la canna blu, il basso è tornato al suo posto, la frequenza di risonanza si è abbassata a 9 Hz e in corrispondenza di tale frequenza la testina si muoveva pochissimo e comunque molto meno che con la canna Red. Quindi attenti a non farvi fuorviare nei giudizi e controllate che anche l’abbinamento meccanico sia quello giusto.
Punto quinto, l’accoppiamento elettrico con il pre-fono. Devo dire che il sito ha finalmente smesso di indicare quel dato “da 10 a 47.000 Ohm” che voleva dire tutto e il contrario di tutto. Ora c’è una ‘legenda’ di facilissima consultazione, riportata nelle istruzioni allegate alla confezione della testina; è vero che si deve necessariamente conoscere la capacità del cavo che va dai connettori della testina al pre-fono e in questo caso Morch è molto preciso; ma lo sono anche altri produttori. Comunque, anche per chi ha un phono con ingresso fisso con carico a 100 Ohm, posso dire di non aver sentito differenze tali da stravolgere il suono passando da 100 a 500 Ohm e quindi ho preferito la prima delle due, fissando a 100 Ohm il carico con il mio American Hybrid Technology.
Finito? Direi di si, a parte un paio di complimenti a Lyra per il proteggi stilo e per il fatto che non si devono mettere controdadi di sorta, con il vantaggio di lavorare in tranquillità sino a che non si passa a quella dimatura che consiglio di fare tenendo come riferimento il cantilever.
L’impianto con il quale ho condotto l’ascolto è il seguente: giradischi Bauer Audio DPS2, braccio Morch DP 6 con canna Precision Red (ho usato un cavo tra braccio e pre-fono della Nanotec, il PH 2/S del quale parlo qui sotto), pre-fono American Hybrid Technology –P, preamplificatore Lavardin 6.2, amplificatori finali lo Spectral DMA 50 e il Wyred 4 Sound ST 250, altoparlanti le Audio Note AN E Spx, oltre ai cablaggi giù più volte citati in precedenti miei scritti.
Nelle prime ore d’uso, il suono della Kleos era un po’ confuso, non perfettamente a fuoco; il che è normale, ma lo segnalo solo per chi al primo ascolto rimanesse deluso. Datele tempo e quel senso di confusione, unito alla predominanza delle gamme media e medio-acuta, sparirà dopo qualche disco per lasciare spazio ad una gamma acuta ben aperta ma mai fastidiosa. Spesso la gamma acuta di alcune testine sembra scollegata da quella medio-acuta, come se la testina mettesse una sorta di “turbo” che spinge proprio le frequenze più acute. Non è così con la Kleos che ha invece una continuità notevole e che tanto mi ha ricordato le esperienze passate non tanto con la Titan i, quanto con la Olympòs. Il basso è più corposo rispetto ad alcuni modelli della precedente serie, ma è molto veloce e naturale nei tempi di salita e decadimento, cosicché un violoncello pare avere un’oncia in più di “verità” rispetto alla Argo o alla Helicon. Diciamo che la risposta in frequenza pare ora più lineare rispetto ad alcuni modelli precedenti, nei quali a volte la gamma acuta prendeva il sopravvento.
L’assenza di grana, la capacità di tracciamento in stile “laser”, la finezza e precisione dei timbri, fan pensare che il competitor naturale della Kleos sia la vecchia Titan I alla quale la Kleos somiglia abbastanza; certo è diversa dalla Skala che da me è risultata appena più scura.
Dopo tutto questo confrontare, pensare, rimuginare, mi sono messo ad ascoltare attentamente, cercando di trovare qualcosa che non andasse per il verso giusto. Ma in realtà, più che trovare qualcosa che non va, è emerso come quella continuità di gamma media-medio/acuta e acuta diano il giusto timbro a certe compagini orchestrali, come per esempio i legni che spesso perdono molto della loro lucentezza naturale, ma non qui (lo so; sembra che mi piaccia rompere le scatole su determinati parametri. Ma chi siede in sala da concerto la prima volta, tra le cose che rileva c’è proprio il suono dei legni che raramente negli impianti è così luminoso). O come – già lo segnalai nella prova della Skala – gli archi non siano rappresentati dalla sola corda, ma che si senta chiaramente anche la cassa armonica; e questo anche sulle note più acute e con registrazioni nemmeno da considerare allo stato dell’arte, com’è la Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven nell’esecuzione di Karajan con i Berliner Philharmoniker (DDG dei primi anni 60).
Come avevo scritto nella prova della Skala, l’effetto “verità” degli archi nella registrazione Decca de “La Fille mal gardée” è ben presente anche qui e da melomane incallito quale sono, sentire dei violini aperti ma non striduli, mi fa solo tanto piacere. E anche in questo caso c’è la lucentezza dei legni e la violenza delle percussioni.
Le voci restituite dalla Kleos sono molto naturali. L’ascolto della Missa Bell’Amfitrit Altera di Orlando di Lasso (Simon Preston, Argo) è restituita con ricchezza di sfumature timbriche e con una giusta presenza di risonanze ambientali – presenti nella registrazione -, con una sicura collocazione nello spazio delle varie tessiture, ma soprattutto con una capacità di tracciamento tale che, a parte alcune campionesse (Audio Note IO-M, Ikeda 9 TT, Lyra Olympòs, Goldenote Tuscany) è abbastanza raro trovare in una testina di prezzo alto ma non impossibile.
La gestione delle grandi masse orchestrali non risente di compressioni di sorta; la citata capacità di tracciamento aiuta a non fare mai confusione ed anzi spesso è proprio con i segnali più complessi che la Kleos manifesta la sua appartenenza ad un rango elevato. Ho chiaramente ascoltato alcune delle mie registrazioni preferite di Stravinskij, Shostakovich, Mahler, Bruckner, Richard Strauss ed in tutta franchezza non ho trovato mai nessun neppur minimo segno di confusione, di collocazione meno che precisa degli strumenti o altro. Neppure nel Miserere di Arvo Part (ECM) che da questo punto di vista è piuttosto ostico; anche lui suonato tutto dall’inizio alla fine e senza nessun problema, ricco di particolari (ad esempio le canne piccole dell’organo e la pedaliera che rifiniscono il suono in alto e in basso, la violenza delle percussioni, la velocità ed il timbro giusto delle campane tubolari).
Sembrerà ovvio, ma la Kleos tende a scomparire in presenza di registrazioni molto ben fatte, come mi è capitato con la tromba di Ponomarev in A Night In Tunisia, Art Blakey and the Jazz Messengers (Philips ad incisione diretta) o con l’orchestra d’archi delle Sei Introduttioni Teatrali di Locatelli (Foné), con le quali l’impressione di aver davanti gli esecutori è stata limitata solo dal mio ambiente che non è certo un auditorium.
Per concludere; quando è arrivata la Kleos l’ho montata e ho avvertito Angelo Jasparro del nuovo arrivo. Molto incuriosito, Angelo si è precipitato (è il caso di dirlo) ad ascoltarla. Da quel momento non si è più ripreso. Roso dall’invidia, non s’è dato pace. Un giorno mi ha chiamato al telefono e mi ha detto che aveva cambiato testina anche lui. Con una Kleos, ovviamente!
Domenico Pizzamiglio
Prezzo: 2.650 euro
Produttore: www.lyraconnoisseur.com
Distributore: www.audiograffiti.com
Cavo fono NANOTEC SYSTEMS PH 2/S
Durante la prova della Lyra Kleos ho avuto occasione di ascoltare questo cavo della giapponese Nanotec Systems di cui poco si parla e di cui avevo già provato i cavi di segnale e di potenza per una rivista con la quale collaboravo in precedenza.
Ero molto incuriosito dall’esito che avrei ottenuto nel mio impianto utilizzando il Nanotec PH 2/s che mi sono fatto dare in versione sbilanciata e dotata di connettore pentapolare tipo SME.
I cavi Nanotec sono caratterizzati dall’uso di rame ad alta purezza che viene “spennellato” con una sostanza contenente micro particelle di metalli nobili (argento e oro) in percentuale variabile. Ciò migliora la conducibilità del metallo che trasferisce il segnale.
Il cavo in questione costa 780,00 Euro (listino italiano) per 1,2 metri di lunghezza ed è molto flessibile; il che lo potrebbe far favorire rispetto ad altri nell’uso con giradischi con controtelaio flottante.
Qual è il risultato usando questo cavo? All’inizio si è portati a pensare che la gamma acuta sia attenuata; in realtà spariscono alcuni suoni aspri, che fanno sembrare la gamma acuta più viva, per lasciare il posto ad una maggior pulizia. Basta ascoltare registrazioni come il Concerto di Capodanno del 1979 (Boskoski, Decca) per accorgersi che i violini sono sempre chiari e che le varie percussioni metalliche (piatti, triangolo ecc) sono anch’esse vere, pur senza snaturare il timbro naturale degli strumenti.
Il basso, come da tradizione Nanotec, è controllato, ben delineato, sempre privo di ogni esagerazione. La gamma media è anch’essa chiara e timbricamente molto ricca.
Insomma, visto che il cavo phono si incarica di portare i deboli segnali provenienti dalla testina (e nel caso di testine MC il segnale è ancor più debole), è opportuno che il trasferimento avvenga nel modo meno traumatico possibile e sembra che questo Nanotec cerchi di fare il meglio possibile; evidentemente non è un cavo per tutti, perché la cifra richiesta può non essere giustificata in certi set-up. Ma se il set-up è di livello elevato, una prova al vostro posto, io la farei.
Tra le regole di Audio-Activity.com non è previsto che si parli di cavi, tranne in casi eccezionali, quando ci si trova davanti ad un prodotto che “aggiusti” le caratteristiche di linearità e pulizia del segnale proveniente dai nostri (di Angelo e mio) impianti. In questo caso, nel mio impianto il risultato è stato tale che ho serenamente derogato alla regola stabilita.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: www.nanotec-systems.jp
Distributore: www.oz-sound.it
Ero molto incuriosito dall’esito che avrei ottenuto nel mio impianto utilizzando il Nanotec PH 2/s che mi sono fatto dare in versione sbilanciata e dotata di connettore pentapolare tipo SME.
I cavi Nanotec sono caratterizzati dall’uso di rame ad alta purezza che viene “spennellato” con una sostanza contenente micro particelle di metalli nobili (argento e oro) in percentuale variabile. Ciò migliora la conducibilità del metallo che trasferisce il segnale.
Il cavo in questione costa 780,00 Euro (listino italiano) per 1,2 metri di lunghezza ed è molto flessibile; il che lo potrebbe far favorire rispetto ad altri nell’uso con giradischi con controtelaio flottante.
Qual è il risultato usando questo cavo? All’inizio si è portati a pensare che la gamma acuta sia attenuata; in realtà spariscono alcuni suoni aspri, che fanno sembrare la gamma acuta più viva, per lasciare il posto ad una maggior pulizia. Basta ascoltare registrazioni come il Concerto di Capodanno del 1979 (Boskoski, Decca) per accorgersi che i violini sono sempre chiari e che le varie percussioni metalliche (piatti, triangolo ecc) sono anch’esse vere, pur senza snaturare il timbro naturale degli strumenti.
Il basso, come da tradizione Nanotec, è controllato, ben delineato, sempre privo di ogni esagerazione. La gamma media è anch’essa chiara e timbricamente molto ricca.
Insomma, visto che il cavo phono si incarica di portare i deboli segnali provenienti dalla testina (e nel caso di testine MC il segnale è ancor più debole), è opportuno che il trasferimento avvenga nel modo meno traumatico possibile e sembra che questo Nanotec cerchi di fare il meglio possibile; evidentemente non è un cavo per tutti, perché la cifra richiesta può non essere giustificata in certi set-up. Ma se il set-up è di livello elevato, una prova al vostro posto, io la farei.
Tra le regole di Audio-Activity.com non è previsto che si parli di cavi, tranne in casi eccezionali, quando ci si trova davanti ad un prodotto che “aggiusti” le caratteristiche di linearità e pulizia del segnale proveniente dai nostri (di Angelo e mio) impianti. In questo caso, nel mio impianto il risultato è stato tale che ho serenamente derogato alla regola stabilita.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: www.nanotec-systems.jp
Distributore: www.oz-sound.it