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Nick Cave and The Bad Seeds - Murder Ballads

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Sono ormai settimane che il disco di cui narro fa la spola in tutti gli apparati di riproduzione della musica in mio possesso.....subendo numerose trasferte in auto e sessioni di ascolto casalinghe e/o nel mio studio.
Mi capita spesso che, quando un album incontra il mio gusto musicale, io sia portato ad ascoltarlo in maniera quasi ossessiva, al punto da riascoltarlo anche di seguito.
Ma veniamo al dunque. Il progetto artistico sottostante all'album "Murder Ballads", ideato e messo in pratica da "Nick Cave and Bad Seeds" intendeva, in chiave moderna,  ripercorrere l'antica tradizione folk anglosassone, secondo la quale i cantastorie, spostandosi di borgo in borgo, narravano, cantando, di efferate e cruente storie di morte e passione, di amore, passione e morte, ovvero di passione, amore e morte. Dove la morte violenta, la storia d'amore, l'insana passione divenivano, nella loro rappresentazione popolare, motivo di intrattenimento, curiosità e novità. Infatti, il titolo del lavoro è palesemente esplicativo del contenuto dell'album, laddove esso si dipana in 10 ballate "omicide" con ritmi e arrangiamenti chiaramente legati alla citata tradizione e connotati, in parte, anche da un richiamo alla musica western, sulla quale si innestano stili ed influenze di ogni sorta, dal blues al pop, fino ad arrivare all'industrial wave rock, capitanato nella formazione dei Bad Seeds dal grande chitarrista Blixa Bargeld, già co-fondatore dei celebri Einsturzende Neubauten.
L'istrionico Nick Cave, da par suo, con la voce baritonale che lo contraddistingue, velata e rotta dagli abusi di ogni sorta subiti, declama compiaciuta gli espliciti testi delle ballate, mentre la musica, a tratti ipnotica, avvolge l'ascoltatore con ritmi, a volte compassati ed altre crescenti.
A duettare con Nick Cave o ad accompagnarlo si prestano alcune rinomate voci, fra le quali è facile ricordare  Kylie Minogue nel brano "Where the wild roses grow" e P.J. Harvey in "Henry Lee". Quest'ultima, nel periodo di uscita dell'album, 1996, era la compagna e probabilmente "musa ispiratrice" del nostro, del quale si è resa partecipe anche nell'arrangiamento di alcuni brani. Un disco molto vario e coinvolgente da ascoltare rigorosamente a volumi non propriamente da sottofondo per una conversazione.
Come brani assolutamente da ascoltare segnalo :
"Stagger Lee", con un ipnotico giro di basso e sovraincisioni industrial, nella quale Nick Cave presta la voce ai vari protagonisti della "assassinesca" vicenda narrata ; "Crow Jane", sincopato e funereo blues; "O'Malley's Bar", infinita ballata, dura oltre 14 minuti, dall'incedere incalzante e "paranoico", nella quale si narra di una dozzina di omicidi avvenuti nel bar di O'Malley, o forse semplicemente nella mente dell'autore.
Un disco raffinato, con testi ed arrangiamenti di primissima qualità, un concept album che non deve mancare nella discoteca di appassionati del genere. Registrazione di buona qualità anche se non audiophile.


Vince Genovese

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