Playback Designs MPS-3
Continua l' "onda lunga" dei convertitori, che arrivano in redazione a getto continuo e che, pare, continueranno ad arrivare. Noi ci stiamo prendendo gusto e ci rendiamo conto sempre di più che il fermento attorno a questa categoria di apparecchi ha un senso, soprattutto a causa dell'avanzamento della tecnologia digitale, che tende a non arrestarsi.
A tal proposito, più avanti farò un “mea culpa” che, per onestà, devo a tutti i miei affezionati lettori (e non solo a loro). Poi ne riparliamo. Adesso ci dedichiamo a questo lettore digitale integrato Playback Designs MPS-3, proveniente dall'Oregon, Stati Uniti. A proposito, la prima volta che ho avuto modo di incontrare un apparecchio di quest'azienda è stato ad un T.H.E. Show di Las Vegas, credo fosse il 2009. Qualcosa in quel suono mi colpì al punto da consigliarlo ad un paio di distributori italiani che in quei giorni si trovavano in Nevada. Per un motivo o per l'altro, il marchio restò ancora per un po' senza distributore in Italia. Ora il distributore c'è e, destino vuole, è il nostro turno di mettere le mani su un lettore certamente più aggiornato rispetto a quello di allora. Playback è stata fondata da Andreas Koch, che 30 anni fa in Svizzera si occupava già di conversione digitale/analogica in Studer Revox, Jonathan Tinn, ex distributore di Tenor Audio e DarTZeel, oltre che manager in EMM Labs. Nel team di Playback Designs, anche Bert Gerlach, progettista tedesco degli stadi d'uscita analogici delle macchine della Serie 5.
Questa non è la sede adatta per approfondimenti sulla tecnologia degli apparecchi Playback ma se siete interessati a saperne di più circa il progetto, vi consigliamo questo link, nel quale il distributore italiano ha già tradotto il tutto nella nostra lingua: http://www.dnaudio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=182:1nmtfftgdq6&catid=44&Itemid=146
A tal proposito, più avanti farò un “mea culpa” che, per onestà, devo a tutti i miei affezionati lettori (e non solo a loro). Poi ne riparliamo. Adesso ci dedichiamo a questo lettore digitale integrato Playback Designs MPS-3, proveniente dall'Oregon, Stati Uniti. A proposito, la prima volta che ho avuto modo di incontrare un apparecchio di quest'azienda è stato ad un T.H.E. Show di Las Vegas, credo fosse il 2009. Qualcosa in quel suono mi colpì al punto da consigliarlo ad un paio di distributori italiani che in quei giorni si trovavano in Nevada. Per un motivo o per l'altro, il marchio restò ancora per un po' senza distributore in Italia. Ora il distributore c'è e, destino vuole, è il nostro turno di mettere le mani su un lettore certamente più aggiornato rispetto a quello di allora. Playback è stata fondata da Andreas Koch, che 30 anni fa in Svizzera si occupava già di conversione digitale/analogica in Studer Revox, Jonathan Tinn, ex distributore di Tenor Audio e DarTZeel, oltre che manager in EMM Labs. Nel team di Playback Designs, anche Bert Gerlach, progettista tedesco degli stadi d'uscita analogici delle macchine della Serie 5.
Questa non è la sede adatta per approfondimenti sulla tecnologia degli apparecchi Playback ma se siete interessati a saperne di più circa il progetto, vi consigliamo questo link, nel quale il distributore italiano ha già tradotto il tutto nella nostra lingua: http://www.dnaudio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=182:1nmtfftgdq6&catid=44&Itemid=146
Parliamo dunque di questo MPS-3, che non è altro che il convertitore MPD-3, con l'aggiunta della meccanica GyrFalcon. O, se preferite, il convertitore MPD-3 è un MPS-3 al quale hanno sottratto la meccanica. Sono, meccanica a parte, la stessa identica macchina, come dimostrano le foto degli interni di entrambe, che potete confrontare nella galleria in fondo all'articolo. La meccanica Gyrfalcon, prodotta da DAISy http://www.daisy-laser.com/products/loadingsystems/loadingbis/fml/fml.htm è un interessante pezzo tecnologico realizzato interamente in metallo. Tra l'altro, se avete il solo convertitore MDP-3, Playback Designs Vi mette a disposizione un kit per trasformarlo in lettore integrato, compreso un nuovo pannello frontale, ovviamente. Mica male l'idea. Vediamo quindi, in un mondo nel quale i semplici lettori CD si stanno trasformando in una sorta di Grande Fratello multimediale, cosa ci offre quest'apparecchio. Intanto precisiamo che legge solo i CD e che per i SACD ci vuole il fratello MPS-5, che ha anche altre caratteristiche delle quali parleremo quando avremo la fortuna di provarlo.
A dispetto di ciò, il convertitore accetta, tramite i vari ingressi, i seguenti segnali:
AES/EBU: PCM fino a 24/192 KHz
S/PDIF: PCM fino a 24/192 KHz
USB: PCM fino a 24/384 KHz o DSD fino a 6,1 MHz.
L'estetica dell'apparecchio risulta piuttosto originale, con le sue linee curve ed i grossi display con caratteri rossi che, alla bisogna, possono essere spenti dal telecomando. Il frontale è libero dai consueti tasti, che si trovano invece sulla parte superiore, a destra. Il retro vede la solita vaschetta per l'alimentazione, affiancata dall'interruttore di accensione, gli ingressi bilanciati e sbilanciati e le connessioni digitali sopra descritte. Non esiste stand-by quindi, o spegnete l'apparecchio utilizzando l'interruttore posteriore o, come ho spesso fatto io, spegnete solo il display e lo lasciate acceso, così da ritrovarlo in temperatura quando lo ascoltate. Il mio collegamento d'elezione è quello bilanciato ma l'uscita del Playback è troppo elevata per interfacciarsi correttamente col mio impianto ed ho subito ripiegato su quella sbilanciata, dal valore di tensione più consueto. Questo l'impianto di riferimento:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Scan Tech Lyra Helikon, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, MIT cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
A dispetto di ciò, il convertitore accetta, tramite i vari ingressi, i seguenti segnali:
AES/EBU: PCM fino a 24/192 KHz
S/PDIF: PCM fino a 24/192 KHz
USB: PCM fino a 24/384 KHz o DSD fino a 6,1 MHz.
L'estetica dell'apparecchio risulta piuttosto originale, con le sue linee curve ed i grossi display con caratteri rossi che, alla bisogna, possono essere spenti dal telecomando. Il frontale è libero dai consueti tasti, che si trovano invece sulla parte superiore, a destra. Il retro vede la solita vaschetta per l'alimentazione, affiancata dall'interruttore di accensione, gli ingressi bilanciati e sbilanciati e le connessioni digitali sopra descritte. Non esiste stand-by quindi, o spegnete l'apparecchio utilizzando l'interruttore posteriore o, come ho spesso fatto io, spegnete solo il display e lo lasciate acceso, così da ritrovarlo in temperatura quando lo ascoltate. Il mio collegamento d'elezione è quello bilanciato ma l'uscita del Playback è troppo elevata per interfacciarsi correttamente col mio impianto ed ho subito ripiegato su quella sbilanciata, dal valore di tensione più consueto. Questo l'impianto di riferimento:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Scan Tech Lyra Helikon, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, MIT cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
Per prima cosa, devo
fare un “mea culpa” pubblicamente e riconoscere che la mia convinzione che per
la musica fosse sufficiente un campionamento a 24/88,2 o, al massimo, 96 KHz, era errata.
Non molto tempo fa l'avevo scritto anche in occasione della prova del
convertitore MSB. Ora so che non è così, purtroppo. Me ne sono accordo dopo un
download da 8 ore e quasi 10 GB per un solo disco.
Ne riparliamo dopo, ora seguiamo l'ordine naturale dell'esame sonoro del nostro Playback Designs, che deve partire dai CD Red Book, non fosse altro che per la loro presenza nelle case di noi tutti. Ebbene, il CD “Ballads” del Paolo Fresu Quintet (Splas(h)) fa sentire subito un basso particolarmente esteso nella prima ottava dello strumento, un suono autoritario e perfettamente controllato, come forse mai ci era capitato coi normali CD che, notoriamente, non hanno nella gamma bassa la loro miglior caratteristica. La musica, seppure riprodotta con la giusta dinamica, sembra quasi scorrere più lenta, meditata, senza gli strappi isterici che spesso connotano la tecnologia digitale.
La godibilità del risultato globale ci distrae dal nostro compito, che è quello di “sezionare” ciò che ascoltiamo ed esprimerlo con parole, quasi sempre inappropriate.
“Anno Domini 2012” (Velut Luna) è un gran bel disco da ascoltare, sia per le composizioni che contiene, che per la registrazione formalmente ineccepibile di un Marco Lincetto in gran spolvero. I colpi di grancassa del primo brano, che dà il titolo al disco, sono spettacolari, soprattutto grazie al fatto che il Playback Designs dipana con facilità le complesse trame orchestrali, catapultando l'ascoltatore negli studi di registrazione, che abbiamo avuto l'occasione di visitare di persona non molto tempo fa. Gli archi sono riprodotti con la rugosità dell'archetto sulle corde ma anche col corpo della cassa armonica. Quest'ultimo, come ben sapete, spesso si perde tra la registrazione e la riproduzione.
Non ci dilungheremo con l'elenco di tutti i CD ascoltati per giorni e giorni. Possiamo solo concludere che questa macchina è a livello delle migliori sul mercato. Cominciamo ad avere l'impressione che davvero si sia arrivati al capolinea della tecnologia Red Book, la cui riproduzione in questi ultimi cinque anni ha fatto passi da gigante, sebbene a costi altissimi. Questo MPS-3 tratta il suono dei CD con forza e delicatezza contemporaneamente. Il suo risultato sonoro è equilibrato e solo leggermente – ma piacevolmente – arrotondato all'estremo acuto.
A questo punto, nostro malgrado, vestiamo i panni da tecnici e mettiamo le mani sul computer. Un rapido confronto a risoluzione CD, con “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen, dimostra ancora una volta che, senza alcuna modifica del file caricato sull'Hard Disc dallo stesso supporto ottico, saltare la meccanica del CD player è vantaggioso per la qualità di riproduzione. E' successo in passato col dCS Puccini, succede ancora con l'MPS-3. Eppure il confronto è con due meccaniche di lettura di buona qualità. Il basso risulta più fermo ed il charleston presente nel primo brano del disco è più arioso, reale e concreto.
Ne riparliamo dopo, ora seguiamo l'ordine naturale dell'esame sonoro del nostro Playback Designs, che deve partire dai CD Red Book, non fosse altro che per la loro presenza nelle case di noi tutti. Ebbene, il CD “Ballads” del Paolo Fresu Quintet (Splas(h)) fa sentire subito un basso particolarmente esteso nella prima ottava dello strumento, un suono autoritario e perfettamente controllato, come forse mai ci era capitato coi normali CD che, notoriamente, non hanno nella gamma bassa la loro miglior caratteristica. La musica, seppure riprodotta con la giusta dinamica, sembra quasi scorrere più lenta, meditata, senza gli strappi isterici che spesso connotano la tecnologia digitale.
La godibilità del risultato globale ci distrae dal nostro compito, che è quello di “sezionare” ciò che ascoltiamo ed esprimerlo con parole, quasi sempre inappropriate.
“Anno Domini 2012” (Velut Luna) è un gran bel disco da ascoltare, sia per le composizioni che contiene, che per la registrazione formalmente ineccepibile di un Marco Lincetto in gran spolvero. I colpi di grancassa del primo brano, che dà il titolo al disco, sono spettacolari, soprattutto grazie al fatto che il Playback Designs dipana con facilità le complesse trame orchestrali, catapultando l'ascoltatore negli studi di registrazione, che abbiamo avuto l'occasione di visitare di persona non molto tempo fa. Gli archi sono riprodotti con la rugosità dell'archetto sulle corde ma anche col corpo della cassa armonica. Quest'ultimo, come ben sapete, spesso si perde tra la registrazione e la riproduzione.
Non ci dilungheremo con l'elenco di tutti i CD ascoltati per giorni e giorni. Possiamo solo concludere che questa macchina è a livello delle migliori sul mercato. Cominciamo ad avere l'impressione che davvero si sia arrivati al capolinea della tecnologia Red Book, la cui riproduzione in questi ultimi cinque anni ha fatto passi da gigante, sebbene a costi altissimi. Questo MPS-3 tratta il suono dei CD con forza e delicatezza contemporaneamente. Il suo risultato sonoro è equilibrato e solo leggermente – ma piacevolmente – arrotondato all'estremo acuto.
A questo punto, nostro malgrado, vestiamo i panni da tecnici e mettiamo le mani sul computer. Un rapido confronto a risoluzione CD, con “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen, dimostra ancora una volta che, senza alcuna modifica del file caricato sull'Hard Disc dallo stesso supporto ottico, saltare la meccanica del CD player è vantaggioso per la qualità di riproduzione. E' successo in passato col dCS Puccini, succede ancora con l'MPS-3. Eppure il confronto è con due meccaniche di lettura di buona qualità. Il basso risulta più fermo ed il charleston presente nel primo brano del disco è più arioso, reale e concreto.
Una sera, mentre si
ascoltava musica di sottofondo in compagnia dell'amico e collega Domenico
Pizzamiglio, decido di fargli uno scherzo: ascoltare “Isn't This a Lovely Day”
del duo Ella Fitzgerald & Louis Armstrong, nello splendore del PCM 24/192 e
vedo che ascolta compiaciuto (chi non ascolterebbe compiaciuto questi due
mostri sacri?). Poi gli dico che esiste un'alternativa e do in pasto al
Playback il CD della Verve, tratto evidentemente dallo stesso master, visto che
voci ed arrangiamenti sono identici. Dopo 10 secondi ci guardiamo in faccia; la
differenza è incredibile, non sembra neanche lo stesso disco. Domenico dice
solo una parola: “Imbarazzante”. Non posso che concordare con la sua
definizione. Precisione del contrabbasso, particolari delle voci, le spazzole
sul piatto ride della batteria, tutto è enormemente più vicino alla realtà. Non
ho mai ascoltato questi brani in questo modo, con nessun impianto.
Ed ora è il momento che speravo non sarebbe mai arrivato: quello di aprire gli occhi (anzi, le orecchie) e rendersi conto che il passaggio da un file a 24/96 KHz ad uno in DXD (24/354) è udibile con facilità. Un crescendo di emozioni e suoni di una qualità che solo il miglior analogico è in grado di portare nelle nostre case. Voci che emergono dinamiche e naturali dal tappeto di accompagnamento, bassi finalmente davvero intelligibili e degni di questo nome. Preso dall'entusiasmo, sull'onda degli ascolti a 24/192 ma ancora convinto che andare oltre significhi solo spazio e tempo sprecato, investo 37 euro ed acquisto dalla 2L il disco dimostrativo “The Nordic Sound”, che già possiedo in versione 24/96, in versione DXD, cercando conferme alla mia idea. Dopo oltre 8 ore di attesa, comincio con Mozart, Violin Concerto n. 4.
Ciò che noto immediatamente è che il soundstage si dilata. La timbrica resta sostanzialmente quella, sanissima, della versione a risoluzione inferiore, ma si ha l'impressione di una minor congestione del suono, di una dinamica ancora superiore e di un'aumentata facilità di emissione da parte di tutto l'impianto. Ovviamente, prima di questa prova a confronto, nessuno avrebbe notato questi piccoli ostacoli, che emergono per differenza.
Si può vivere quindi senza DXD? Si, ma allora si poteva vivere anche senza CD, così si sarebbe evitato un passo indietro rispetto ad un buon analogico. Diciamo che, finalmente, le sorgenti stanno tornando protagoniste, a buon diritto, nella composizione di una buona catena audio, con buona pace di coloro che non sentono differenze tra apparecchi digitali. Ciò che stiamo verificando in questa prova, pone alcuni problemi, a volte difficili da risolvere.
Il primo è quello del costo dell'operazione che, se ben fatta, richiede esborsi da fascia alta o medio/alta, come in questo caso.
Il secondo è quello, molto più facilmente risolvibile, della corretta configurazione di hardware e software del PC che chiameremo a fare da sorgente. Se non ci si addentra in configurazioni “estreme”, della cui utilità permettetemi di dubitare un po', qualche ora di lavoro, coadiuvato da un buon manuale d'istruzioni del produttore del convertitore di vostra elezione, potrà bastare a dare risultati fantastici. Magari si potrà fare di più ma se, oltre a smanettare furiosamente sul vostro PC vi piace ogni tanto ascoltare musica, vi consiglio di non addentrarvi in oscure selve.
Io per ora devo soffrire perchè non posso permettermi questo Playback. Che poi, se potessi, sceglierei l'MPS-5, così ci potrei ascoltare anche i miei oltre 100 SACD. Conserverò gelosamente i files sul mio PC, in attesa di altri “gioielli” simili in prova ma anche di una maggior scelta di software in DXD. La qualità merita senza il minimo dubbio, ma sarà difficile spiegare al “mercato” (comincio ad odiare questa parola, che ormai sa di potere assoluto) per quale motivo scaricare un file da quasi 10 GB quando la stessa cosa si trova in un mp3 che occupa 1/20 dello spazio e si scarica molto più velocemente. Mentre cerco invano di convincermi che si può vivere benissimo anche ascoltando peggio, passo al brano “Crux Fidelis”, un canto gregoriano. Difficile descrivere a parole la differenza, seppure molto evidente. Non si tratta delle solite cosa da audiofili (che infatti, leggiamo in giro, a volte riescono perfino a dire che un mp3 a 320 kbit/s è indistinguibile da un brano non compresso), ma piuttosto di un senso di aria tra gli strumenti, di “vita”, se mi passate l'espressione, nella versione in DXD. I riverberi ambientali sono più intelligibili, naturali, e la sensazione di trovarsi proprio davanti al coro è quasi commovente.
Il coro del “Confutatis” dal Requiem di Islandsmoen permette, nella versione a più alta risoluzione, di inquadrare meglio ogni elemento del coro, grazie alla precisissima localizzazione delle naturali sibilanti degli esecutori. Peccato, cari lettori, che non siate qui a condividere con me tanta meraviglia.
Cos'altro si può aggiungere, in conclusione di una prova tanto positiva?
Andreas Koch si conferma ancora una volta tra i primi progettisti al mondo di apparecchi audio digitali e poi è un tifoso del DSD … come il sottoscritto.
Correte ad ascoltarlo da qualche rivenditore preparato e poi ditemi cosa ne pensate.
Vi suggeriamo un link (in italiano) per approfondire le teorie di Koch sul digitale:
http://www.dnaudio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=141&Itemid=106
e sul DSD (inglese):
http://www.playbackdesigns.com/start-here/dsd-explained-by-andreas-koch/
Angelo Jasparro
Ed ora è il momento che speravo non sarebbe mai arrivato: quello di aprire gli occhi (anzi, le orecchie) e rendersi conto che il passaggio da un file a 24/96 KHz ad uno in DXD (24/354) è udibile con facilità. Un crescendo di emozioni e suoni di una qualità che solo il miglior analogico è in grado di portare nelle nostre case. Voci che emergono dinamiche e naturali dal tappeto di accompagnamento, bassi finalmente davvero intelligibili e degni di questo nome. Preso dall'entusiasmo, sull'onda degli ascolti a 24/192 ma ancora convinto che andare oltre significhi solo spazio e tempo sprecato, investo 37 euro ed acquisto dalla 2L il disco dimostrativo “The Nordic Sound”, che già possiedo in versione 24/96, in versione DXD, cercando conferme alla mia idea. Dopo oltre 8 ore di attesa, comincio con Mozart, Violin Concerto n. 4.
Ciò che noto immediatamente è che il soundstage si dilata. La timbrica resta sostanzialmente quella, sanissima, della versione a risoluzione inferiore, ma si ha l'impressione di una minor congestione del suono, di una dinamica ancora superiore e di un'aumentata facilità di emissione da parte di tutto l'impianto. Ovviamente, prima di questa prova a confronto, nessuno avrebbe notato questi piccoli ostacoli, che emergono per differenza.
Si può vivere quindi senza DXD? Si, ma allora si poteva vivere anche senza CD, così si sarebbe evitato un passo indietro rispetto ad un buon analogico. Diciamo che, finalmente, le sorgenti stanno tornando protagoniste, a buon diritto, nella composizione di una buona catena audio, con buona pace di coloro che non sentono differenze tra apparecchi digitali. Ciò che stiamo verificando in questa prova, pone alcuni problemi, a volte difficili da risolvere.
Il primo è quello del costo dell'operazione che, se ben fatta, richiede esborsi da fascia alta o medio/alta, come in questo caso.
Il secondo è quello, molto più facilmente risolvibile, della corretta configurazione di hardware e software del PC che chiameremo a fare da sorgente. Se non ci si addentra in configurazioni “estreme”, della cui utilità permettetemi di dubitare un po', qualche ora di lavoro, coadiuvato da un buon manuale d'istruzioni del produttore del convertitore di vostra elezione, potrà bastare a dare risultati fantastici. Magari si potrà fare di più ma se, oltre a smanettare furiosamente sul vostro PC vi piace ogni tanto ascoltare musica, vi consiglio di non addentrarvi in oscure selve.
Io per ora devo soffrire perchè non posso permettermi questo Playback. Che poi, se potessi, sceglierei l'MPS-5, così ci potrei ascoltare anche i miei oltre 100 SACD. Conserverò gelosamente i files sul mio PC, in attesa di altri “gioielli” simili in prova ma anche di una maggior scelta di software in DXD. La qualità merita senza il minimo dubbio, ma sarà difficile spiegare al “mercato” (comincio ad odiare questa parola, che ormai sa di potere assoluto) per quale motivo scaricare un file da quasi 10 GB quando la stessa cosa si trova in un mp3 che occupa 1/20 dello spazio e si scarica molto più velocemente. Mentre cerco invano di convincermi che si può vivere benissimo anche ascoltando peggio, passo al brano “Crux Fidelis”, un canto gregoriano. Difficile descrivere a parole la differenza, seppure molto evidente. Non si tratta delle solite cosa da audiofili (che infatti, leggiamo in giro, a volte riescono perfino a dire che un mp3 a 320 kbit/s è indistinguibile da un brano non compresso), ma piuttosto di un senso di aria tra gli strumenti, di “vita”, se mi passate l'espressione, nella versione in DXD. I riverberi ambientali sono più intelligibili, naturali, e la sensazione di trovarsi proprio davanti al coro è quasi commovente.
Il coro del “Confutatis” dal Requiem di Islandsmoen permette, nella versione a più alta risoluzione, di inquadrare meglio ogni elemento del coro, grazie alla precisissima localizzazione delle naturali sibilanti degli esecutori. Peccato, cari lettori, che non siate qui a condividere con me tanta meraviglia.
Cos'altro si può aggiungere, in conclusione di una prova tanto positiva?
Andreas Koch si conferma ancora una volta tra i primi progettisti al mondo di apparecchi audio digitali e poi è un tifoso del DSD … come il sottoscritto.
Correte ad ascoltarlo da qualche rivenditore preparato e poi ditemi cosa ne pensate.
Vi suggeriamo un link (in italiano) per approfondire le teorie di Koch sul digitale:
http://www.dnaudio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=141&Itemid=106
e sul DSD (inglese):
http://www.playbackdesigns.com/start-here/dsd-explained-by-andreas-koch/
Angelo Jasparro
Distributore: DNAUDIO
Prezzo listino: 11.440,00 euro. Al momento della pubblicazione, è in corso una promozione in virtù della quale DNAUDIO detrae l'IVA del 22% sul prezzo al pubblico. |