|
|
Qualiton A50i
Valvole, gioie e dolori. Un argomento ancora piuttosto divisivo tra gli appassionati di riproduzione musicale. In effetti, tra la tecnologia a valvole e quella a stato solido c'è apparentemente un abisso. Non a caso ho scritto "apparentemente", perché un progetto realizzato bene può in qualche maniera unire i pregi di entrambe le tipologie, mitigandone i difetti caratteristici.
Non staremo qui adesso a ripetere sempre gli stereotipi triti e ritriti che potete leggere ovunque, tanto li citano sempre tutti, ma ottenere la velocità di risposta di una valvola con la bassa distorsione e la silenziosità di un transistor, potrebbe già essere un passo avanti, secondo me. E non è così facile. Intanto bisogna sapere cosa il progettista vuole ottenere dal suo apparecchio. Potrebbe desiderare la morbidezza e la lucentezza di una valvola, accompagnata magari da una pesante distorsione di seconda armonica, o la potenza, a volte algida, di una bancata di transistor afflitti da distorsione di incrocio. Ma se vogliamo restare lontani dalla colorazione della my-fi di chi afferma: "A me piace così, chissenefrega della musica vera", bisogna lavorare in modo che nessuna delle due tecnologie tiri troppo la corda. E' possibile? Si, certo che lo è. In tanti anni di ascolti e dopo tanti amplificatori passati per casa mia, ho imparato che non si può giudicare il suono di una macchina da musica dalle fotografie. Il fatto che ci siano valvole e trasformatori d'uscita, piccoli dissipatori da Classe D o enormi alettature da Classe A, non danno garanzia di qualità, né di timbro musicale. Troppe sono le variabili che fanno il suono di un'elettronica, dal progetto alla componentistica, per poter essere incasellate in schemi prefissati. Ci sono cascato anch'io, in passato, a volte sono tentato di cascarci ancora, ma troppo spesso mi sono dovuto ricredere, per non avere imparato la lezione. Quando mi è stato proposto, al telefono, questo amplificatore a valvole, l'ho accettato volentieri. La curiosità è la molla che fa scattare, dopo tanti anni, la voglia di ascoltare un nuovo prodotto, quando non ci si aspetta praticamente più nulla di diverso dal solito. E questo ci porta a parlare del nostro Qualiton A50i. Qualiton è un marchio della ungherese (ma va'?) Audio Hungary. La loro produzione consiste, ad oggi, in 6 diversi prodotti, 4 amplificatori integrati, tutti a valvole, un trasformatore di step-up ed un pre phono. Quello in prova è l'amplificatore più costoso dell'azienda, un apparecchio molto pesante (25 kg) in rapporto alle dimensioni contenute. Molta sostanza e poco "cinema", in pratica, e questo predispone bene già dal primo contatto. A prima vista (ma anche alla seconda), l'A50i sembra uno dei tanti integrati valvolari. Una base piatta, un po' di tubi a vuoto che sporgono dalla suddetta, due trasformatori d'uscita, una manopola anteriore per il volume, i connettori sulla parte posteriore. Le finiture ed i materiali sono, per la verità, esenti da critiche. La manopola anteriore è coassiale, con la ghiera esterna che permette di selezionare i 4 ingressi, segnalati da 4 diversi led color ambra posti sul frontale, a destra. Sulla sinistra della manopola, un altro led che è rosso all'accensione, e che dopo un tempo piuttosto congruo, diventa anch'esso ambra a testimoniare che il relè ha dato il consenso per l'uscita della musica. Nella parte posteriore, i 4 ingressi, uno dei quali è bilanciato e provvisto di connettori fuori standard. Niente paura: l'apparecchio è fornito di un cavetto adattatore per i normali XLR. C'è un'uscita Line Out ed i morsetti di uscita, di ottima fattura, per gli altoparlanti. Come accade praticamente sempre negli apparecchi a valvole, dovrete collegare i vostri diffusori all'uscita più appropriata, scegliendo la giusta impedenza tra 4 ed 8 Ohm. Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche, alleghiamo quelle fornite dal Costruttore: L'impianto nel quale ho ascoltato il Qualiton A50i è il seguente:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Lyra Kleos, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD Yamaha CD-S3000, lettore multimediale: Oppo 105 D, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B³, diffusori: JBL 4350B, subwoofer Velodyne SPL-1200, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, cavo phono Cammino PH B 2.2 Ref XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500. L'ascolto comincia con un SACD Harmonia Mundi: Il Requiem tedesco di Brahms, con l'Ochestre des Champs Elysées diretta da Herreweghe. Il coro iniziale si presenta subito perfettamente posizionato nello spazio, molto largo e svincolato dai diffusori, con le voci delle soprano, dei tenori e dei bassi, ben distinte nella loro collocazione tra le file. Un'occhiata alle foto degli interni dell'Auditorium Igor Stravinski di Montreaux, spiega chiaramente la motivazione di un suono così grande e ricco, a causa di una sala di notevoli dimensioni e dal buon riverbero, dovuto alle pareti in legno. Il timbro delle voci è ottimo, molto credibile, mentre le sibilanti ci permettono di individuare alcuni dei cantanti tra l'amalgama delle voci. La dinamica nei "fortissimo" del coro è ottimamente riprodotta. Un inizio degli ascolti molto buono, quasi sorprendente. Cambio genere e passo ad Elaine Delmar, The Spirit of The Song (SACD Signoricci). La voce della Delmar è solida, nello spazio tra i diffusori, ed il suo modo di cantare, molto dinamico, è rispettato al cento per cento, senza soffrire di alcuna compressione. Il contrabbasso del brano iniziale, è estremamente fermo e preciso, il piatto ride della batteria autorevole e metallico quanto basta, il pianoforte lineare e naturalmente vitale. Se distorsioni sono presenti in questo segnale musicale, percepirle è pressoché impossibile, valvole o non valvole. Restiamo nel genere Jazz, nel senso più ampio del termine, passando a Gershwin, con la sua Rapsodia in Blue ed all'Americano a Parigi, eseguita dalla Cincinnati Symphony Orchestra diretta da Erich Kunzel (SACD Telarc). Il fortissimo iniziale, che si staglia improvviso dopo l'introduzione di clarinetto, fiati e pianoforte, è davvero degno di essere definito tale. L'orchestra è grande, oltre le pareti laterali della mia stanza. I gruppi di strumenti sono perfettamente individuabili nella compagine orchestrale, mentre i colpi di grancassa sono autorevoli, profondi e perfettamente integrati tra le altre percussioni. Gli ottoni spingono molto forte, ma senza mai ferire le orecchie, a riprova di bassissima distorsione, anche a volume discretamente elevato, per il genere musicale di cui si tratta. L'inizio dell' "Americano a Parigi" fa sembrare che tutto l'impianto balli al ritmo sincopato degli archi; una sensazione tanto piacevole, quanto inaspettata. Nelle pause, il respiro dell'orchestra è palpabile. Quest'elettronica "filtra" poco o niente del segnale che le si invia, ogni minimo rumore di fondo, inciso nel CD, arriva alle nostre orecchie, e ci arriva una sensazione di realismo molto piacevole. Anche la profondità dell'orchestra è notevole, col risultato di dare un'ottima impressione di live. Cambiamo genere? Pronti! Si passa ai Jethro Tull, con Stand Up (Chrysalis). Si tratta di una registrazione del 1969, non certo da audiofili impallinati, sebbene più che valida, tutto considerato. Personalmente, resto sempre dell'idea che con lo "stereo" ci si debba poter ascoltare tutto ciò che ci piace, e non solo roba speciale. Il flauto di "Bourée" è molto bello, ed il giro di basso sottostante è ben intelligibile. Sarei tentato di dare un bel colpo di volume ... ed infatti prendo il mano il pesante e bel telecomando in metallo, e gli do dentro. L'ingresso del rullante della batteria è impressionante. Benissimo anche i piatti. Con "Nothing Is Easy" piedi, gambe e testa si muovono all'unisono con la musica, a seguire il ritmo irresistibile dei questo brano. Da qui passo ad "Hotel Calif ..." ... ehm ... "We Used To Know". La chitarra ritmica sulla sinistra ha un bel suono, classico del Rock primi anni '70. Dopo poco, si sovrappone quella elettrica, che si lancia in un "solo" tra i più copiati della storia, come potete verificare dal video in questa pagina. Dopo i JT, un po' di relax col CD Polydor di Jon and Vangelis "Short Stories". Trovo che sia sempre un lavoro decisamente interessante, nel quale il mix dell'acuta voce di Anderson, cantante degli Yes, si esibisce su un tappeto di musica, per lo più elettronica, composta e suonata da Vangelis ... e basta, visto che suona lui tutti gli strumenti. Un bel risparmio economico, eh! (no, la faccina scema che ride non ve la metto). La voce del nostro è cristallina, riverberata quanto basta e molto piacevole da ascoltare, dopo il viaggetto tra le valvole del Qualiton. I tom della batteria in "Curious Electric" sono corposi e velocissimi negli attacchi. Colpisce ancora una volta la precisione del basso (questa volta elettrico) in "Each And Everyday", tanto che se non aprissi gli occhi per guardare cosa sta suonando, non potrei certo giurare di stare ascoltando le mollacchiose valvole del nonno Nanni (aspetta, il nonno Nanni non era quello del formaggio? Vabbé, un nonno è un nonno, magari è audiofilo pure lui). Inoltre, la gamma media è ricca, lucida e lineare nello stesso tempo, quindi qualcosa dei tubi a vuoto l'abbiamo conservata. La parte buona, diciamo. Un po' di musica italiana con Ivano Fossati, "Lampo Viaggiatore", CD Columbia Sony Music. I suoni che escono da questo amplificatore sono secchi e precisi come richiede questa registrazione. La velocità è fulminea negli attacchi e corretta nei rilasci, durante gli "stop" repentini dei quali è disseminato il brano "La bottega di filosofia". Estremamente ben intelligibili sono le percussioni suonate magistralmente da Lele Melotti, col risultato di rendere al meglio ciò che Fossati ha composto ed arrangiato. E già che siamo qui, segnalo a chi non la conoscesse, la fantastica "C'è tempo", una delle canzoni che a buon diritto si colloca ai vertici della musica italiana. Chiudiamo questo test (ma molti di più sono stati i dischi che ho ascoltato) col Boss Bruce Springsteen ed il suo "The Ghost Of Tom Joad" (CD Columbia), che risplende nei minimi particolari, che evidentemente il Qualiton non nasconde in alcun modo, e tra l'altro si apprezza un controllo della gamma bassa che, in questo brano, non è proprio un fulmine di guerra, causa registrazione. Se l'impianto fa suonare bene questo basso, tanto di cappello. In conclusione, dopo che credo di avervi fatto capire la natura del suono di questo A50i, proverei a ragionare "per sottrazione", che è sempre una cosa piuttosto bastardella, se vogliamo. Cos'ha questo suono di inferiore rispetto a quello che ascolto coi miei riferimenti? La potenza, di sicuro. Qui abbiamo 50 W per canale, contro 600. E poi? Poco, vi assicuro. Se dovessi, per qualche motivo, rinunciare ai miei MBL/Bryston per sostituirli con questo Qualiton A50i, rimpiangerei di sicuro il "gigantismo" perduto, ma per il resto, potrei ugualmente vivere felice. 6.300 euro la versione nera, quella che mi è stata mandata. Una domanda alla quale non ho saputo rispondere, malgrado abbia una certa esperienza di questo mercato: è questo amplificatore che costa poco, o sono gli altri troppo costosi? Se siete in cerca di qualcosa intorno a questa cifra, o anche un bel po' di più, dovete per forza ascoltarlo, perché se comprate un'altra elettronica e poi questo vi capita a portata d'orecchio, potreste pentirvene. Io vi ho avvisato, eh ... Angelo Jasparro Distributore per l'Italia: MadForMusic Prezzo al febbraio 2021: 6.300,00 euro Produttore: Audio Hungary Ph: Poljphotography
|