|
|
Reed Muse 1C con braccio Reed 5T
Giradischi … croce e delizia degli appassionati di audio. Fino a fine anni ‘70, unica sorgente di vera alta fedeltà negli impianti, visto che le bobine erano considerate più da professionisti, le audiocassette più da “profani” e la radio latitava, se non tra gli amatori del genere.
Quando si voleva ascoltare musica, si andava in un negozio e si comprava un disco. Che fosse a 45 giri o a 33, poco importava. Si trattava di un oggetto in plastica di forma, appunto, discoidale, con un foro nel mezzo, più o meno grande, ed un lungo solco inciso sulle superfici dei due lati (salvo rarissimi casi di incisione su un lato solo). Si arrivava a casa, si toglieva il cellophane (quando c’era, che non era come adesso, spesso non lo mettevano), si estraeva il disco, possibilmente senza toccarne la superficie con le dita, si appoggiava al piatto del giradischi e … qui iniziavano le rogne. Mica sempre, intendiamoci, molto spesso si sbatteva la puntina della fonovaligia sul disco, e come andava, andava. Tanto, l’importante è che si distinguesse la voce di Mina da quella di Little Tony, e questo spiega anche la nascita degli orridi, ma tanto comodi, mangiadischi. Tramite uno dei quali, peraltro, anche il sottoscritto si è appassionato alla musica, passando prima dalle Fiabe Sonore, per passare ai dischi della mamma: Silvie Vartan (guardandola in copertina mi ero letteralmente innamorato di lei, passavo interi pomeriggi coi suoi 45 giri in mano), Celentano, Mina, Riccardo Del Turco, Fred Buongusto, e chi più ne ha, più ne metta, Ho cominciato a schifare i dischi di mia mamma quando è entrato in casa, di prepotenza, Julio Iglesias. Ma qui eravamo già più avanti, avevo sviluppato un gusto personale, e spaziavo dall’Hard Rock, al Rock Sinfonico (mica si chiamava Progressive, allora), con punte del miglior Punk, che approfondivo perché suonavo in un gruppo di quella barbara ma trascinante musica. Il Jazz lo lasciavo a mio padre, che io non lo capivo (non che adesso mi piaccia sempre e comunque), mentre la Classica era un oggetto estraneo, in casa mia. Credo che il primo disco di Classica siano state le 4 Stagioni di Vivaldi, che allora non capivo perché avessi comprato, sebbene quando lo ascoltavo mi trasmettesse qualcosa che al tempo non riuscivo a realizzare. Però mi faceva sentire figo, in mezzo a tante chitarre distorte ed alle prime doppie grancasse, ascoltare qualche violino, ogni tanto. Ma torniamo al nostro LP, o microsolco, che adesso si chiama “vinile”, secondo moda attuale, definizione che deriva dal materiale col quale è realizzato, che per la precisione è PVC, ossia Polivinilcloruro. Dicevo, appunto, che nel momento in cui si appoggiava la puntina al solco, cominciava il godimento dell’ascolto per la maggior parte degli esseri umani, ma per una piccola parte di loro, gli appassionati di “stereo”, le cose erano ben più complesse. Riuscivano a godersi l’incisione o si preoccupavano che la puntina non avesse la solita pallina di sporco appiccicata, che il peso di lettura fosse corretto, che il cruciale antiskating fosse regolato al punto giusto, il giradischi in bolla, il piano d’appoggio abbastanza insensibile ai rientri acustici, le ore di uso della puntina non fossero eccessive … ho certamente dimenticato qualcosa che mi verrà in mente una volta pubblicato l’articolo, ma tanto ci siamo capiti. E meno male che allora, di clamp, pre phono, cavi di collegamento non si parlava neanche, ed almeno questo ha contribuito a fare la fortuna del vinile presso gli audiofili. Oggi no: oggi acquistare un giradischi può trasformarsi in un incubo senza fine, a causa delle variabili offerte ma, soprattutto, della conoscenza della materia, che si è molto perduta, dopo 40 anni durante i quali è bastato aprire un cassettino motorizzato, sbatterci dentro un CD e premere play, per ascoltare ciò che il lettore digitale era in grado di fare, senza preoccuparsi di nient’altro. Adesso, l’inferno per il neofita, anche di ritorno, comincia dalla richiesta di consigli su cosa acquistare, posta su forum, gruppi dedicati Facebook, o dovunque sia. Una volta stabilita la cifra di massima che il malcapitato vuole spendere, si aprono le gabbie e gli audioguru si fiondano letteralmente sull’ignara preda, consigliandole 37 marche e 223 modelli diversi nel giro di un quarto d’ora. Il poveretto, che aveva espresso il desiderio di acquistare il prodotto nuovo, magari pregustando l’apertura della scatola, l’odore del legno fresco o dell’elettronica appena prodotta, deve fronteggiare una marea di proposte che spaziano dagli anni ‘40 agli ‘80 “perché con gli stessi soldi compri roba migliore”, includendo rottami provenienti da discoteche fallite, ed altre nefandezze. Il fatto che il giradischi sia una macchina che dev’essere costruita con una certa precisione e, di conseguenza, mantenuta in ottima efficienza, non ha alcuna rilevanza di fronte al vecchiume, ma ne assume tantissima quando si deve giudicare un prodotto dei giorni nostri, che è sempre ed inevitabilmente pieno di difetti. Ah, si stava meglio quando si stava peggio, signora mia …Né sembra rivestire alcuna importanza il fatto che ai giorni nostri, la meccanica è lavorata dalle macchine a controllo numerico con una precisione che una volta non si poteva neanche sognare. Una volta giunto il giradischi a casa, dopo aver passato innumerevoli notti insonni per la scelta del braccio, inizia il dramma del montaggio e dimatura della testina (vi risparmio le traversie per la scelta della stessa, che non vi voglio tenere attaccati allo schermo per i prossimi due giorni), il cablaggio, e tutto ciò che già conoscete. Il fatto che esista poca conoscenza dell’argomento, ma soprattutto che esistano complessi braccio/giradischi così mal progettati da richiedere continui controlli e regolazioni, è quello che fa desistere anche audiofili con esperienza, dall’acquistare una macchina analogica, che invece può e deve dare molte soddisfazioni musicali. Ci sono giradischi meteoropatici, bracci che si animano di notte come fantasmi, si ubriacano di whisky e si svegliano al mattino claudicanti e col mal di testa, e voi sarete presi dal terrore ogni volta che vi siederete al cospetto della “strana coppia”, non sapendo mai a priori cosa vi aspetti quando il disco comincia a girare. E poi esistono giradischi e bracci anche molto complicati, che però hanno una costanza di prestazioni che vi farà dimenticare di essere davanti a tanto ben di Dio, così da potervi godere per anni prestazioni al top, senza dover mai rimettere le mani su tarature, regolazioni, bilanciamenti, messe in piano … Una di questa accoppiate è piombata a casa mia ed è costituita dal giradischi Reed Muse 1C col suo braccio Reed 5T. L’abbinamento è apparentemente strano, in quanto il giradischi è il modello base (si fa per dire) di Reed, mentre il braccio è il modello alto di gamma. Ma, come ho già scritto, il contrasto è solo apparente, in quanto la qualità del giradischi è già elevatissima. Guardate la foto del giradischi senza piatto: non vi ricorda, all’interno. il calibro di un orologio svizzero? Ma andiamo con ordine e cominciamo ad esaminarlo esternamente. A me piace molto, ma da un’indagine che ho fatto la sua linea sembra piuttosto divisiva, dal punto di vista estetico, una roba del genere “o si ama, o si odia”. Il che mi sembra positivo, perché significa che non passa inosservato, e considero questo un pregio, nel bene o nel male. E’ massiccio, ricorda un giradischi professionale, e la finitura è estremamente accurata e priva di difetti. Il display a cristalli liquidi piazzato sulla parte superiore ha due usi: quello della regolazione della velocità a 16, 33, 45 e 78 giri, ma fa anche da inclinometro, tramite la raffigurazione di due frecce che aiutano a regolare elettronicamente il livellamento della base con estrema precisione. La caratteristica interessante di questo giradischi è che può essere ordinato con la trazione a cinghia, o a puleggia. Oltre alla meccanica, cambia anche l’elettronica di controllo, che è dedicata per l’una o per l’altra opzione. A me è arrivata la versione a puleggia. E qui tocca aprire un capitolo, per cercare di fare chiarezza sui tre tipi di trazione solitamente utilizzati nei giradischi, e la loro influenza sul suono. I luoghi comuni sono sempre confermati o il sistema di trazione non è tutto, o non è sempre così importante come si lascia intendere di solito? Trazione diretta, a puleggia o a cinghia sembrano sinonimi di modi molto diversi di porgere il messaggio sonoro, e tra questi il sentire comune è che la puleggia sia sempre e comunque più dinamica rispetto alla cinghia, per esempio, con la contropartita di una maggiore rumorosità di trascinamento dovuta al contatto tra puleggia e piatto. Verificheremo come stanno le cose nel corso di questa prova, che siamo qui per questo. Un’altra opzione disponibile quando acquisterete questo giradischi, è l’alimentazione separata a batteria, che ho utilizzato, anche perché è indispensabile per poter montare il braccio motorizzato Reed 5T, che è motorizzato. L’alimentatore fornisce quindi la corrente sia al giradischi che al braccio. Secondo il distributore, il suono risente positivamente del fatto che non ci sia connessione diretta alla rete elettrica. Io non ho fatto prove in tal senso e quindi prendo per buone le sue affermazioni. Veniamo ora al braccio, da acquistare separatamente, e che a mio parere è una vera opera d’arte. Da anni, durante l’High End di Monaco di Baviera, ogni volta che passo dallo stand Reed mi fermo incantato a guardarne il funzionamento che, correggetemi se sbaglio, è conseguenza di un progetto originale ed unico nel suo genere. Si tratta infatti di un braccio imperniato ma che lavora come un tangenziale, senza averne i tipici difetti. Il produttore dichiara infatti un errore di tracciamento di 5 minuti d’angolo, grazie allo spostamento del braccio motorizzato sulla base, controllato dal laser. Possono essere fornite, inoltre, 4 canne del braccio, in diversi legni e pesi, in modo da poter adattare qualsiasi testina. E’ curioso fare scorrere il braccio lungo il raggio del disco e vederlo muovere sulla sua base, in modo da mantenere sempre lo stesso angolo di tracciamento rispetto al disco, proprio come un tangenziale, ma senza le complicazioni di quest’ultimo, sebbene neanche questo 5T non sia proprio un esempio di semplicità. Non mi dilungo sul teorema di Talete, al quale questo braccio si ispira, che non è questa la sede. Sul sito di Reed trovate spiegazioni e schemi di funzionamento spiegati molto meglio di quanto possa fare il sottoscritto. Parliamo adesso dell’utilizzo. La testina si monta con molta facilità grazie all’ottima dima fornita col braccio, l’antiskating non c’è perché non serve, e quindi una volta regolato il VTA ed il peso tramite la solita bilancina, non ci pensate più. Domanda: come suonerà questo giradischi a puleggia? Risposta: come un giradischi a puleggia. Dinamica fulminea, con conseguente timbro piuttosto asciutto. Che non è un difetto, è una caratteristica. Caratteristica che si contrappone decisamente a quelle proprie di piatti trascinati da cinghie, magari su un telaio sospeso su molle. O a quella di un trazione diretta con un piatto leggero e spesso risonante. Rumorosità dalla doppia puleggi: non pervenuta. Non vi sto ad elencare i dischi che ho ascoltato, questa volta, che la descrizione degli oggetti in prova ha già richiesto molto spazio e sapete che continuo a pensare che l’attenzione dei lettori degli articoli in rete non duri troppo, ma cerco piuttosto di descrivervi in generale il suono che ho ascoltato in queste 2 settimane abbondanti in compagnia del Reed. Dicevo di un suono preciso ed estremamente dinamico, timbricamente corretto e privo di risonanze provenienti dal sistema di lettura, pieno di particolari estratti dalle profondità del solco, con una gamma bassa sempre molto controllata, una costanza di rotazione invidiabile ed una capacità di tracciamento di questo braccio che è fantastica, dall’inizio alla fine del disco, anche in quella porzione più interna che molti bracci imperniati gestiscono con una certa difficoltà. Mi resta la curiosità di ascoltare anche la trazione a cinghia; chissà che differenze, a parità di base, si possono notare. Una macchina di classe, con un braccio a livello stratosferico. E parlando di braccio, vi comunico che è appena uscito un nuovo modello i 5A, molto semplificato rispetto al 5T, e di costo forse più allineato a quello del giradischi che, ricordo, è il modello base tra i tre prodotti da Reed, mentre i bracci sono addirittura 5, tutti diversi tra loro. Qui abbiamo un video di presentazione del 5A: www.youtube.com/watch?v=JWo39nSinDE&feature=youtu.be Un ottimo prodotto, progettato e realizzato da persone che sanno il fatto loro. Difficile commentare i prezzi a questi livelli, e come al solito mi astengo dal farlo. Posso però dire che questo Reed si colloca in una fascia di mercato medio-alta, a pieno merito. Da ascoltare, senza dubbio. Sotto, un bel po' di fotografie di giradischi e braccio, che è sempre bello sognare ... Angelo Jasparro Produttore: Reed Distributore: Audioplasma Prezzo di listino al novembre 2020: giradischi con trazione a cinghia: euro 9.900,00 trazione doppia puleggia: euro 11.500,00 braccio: euro 16.500,00 |