Audio-activity.com
  • Sito italiano
    • Hi Fi
    • notizie
    • Musica
    • Rubriche
    • Contatti
  • English site
    • Hi-Fi
    • News
    • Music
    • Columns
    • Contacts
  • Sito italiano
    • Hi Fi
    • notizie
    • Musica
    • Rubriche
    • Contatti
  • English site
    • Hi-Fi
    • News
    • Music
    • Columns
    • Contacts
Picture
Picture
Picture


Picture

Serate Musicali
Concerto del 7 Novembre 2016
Musiche di P. Ratti, C. Frank, F. Liszt,
​L. van Beethoven
Orchestra “Antonio Vivaldi” diretta dal M° Lorenzo Passerini e solisti

Picture
​Piacevole serata, ieri sera, al Conservatorio di Milano, in Sala Verdi.

Nell’ambito della stagione delle “Serate Musicali” è stato presentato un programma molto intenso ed articolato, in ricordo di Arturo Benedetti Michelangeli; il “sommo” Arturo Benedetti Michelangeli, come lo definisco io.
Uomo che non ha mia smesso di studiare, misurato nel gesto, misurato nelle sue presenze sul palco, perfezionista all’inverosimile, capace di una diteggiature al limite dell’impossibile (ascoltate il suo Gaspard de la Nuit di Ravel, Ondines e ve ne accorgerete) e dotato di un gusto e di una discrezione dell’interpretazione che lo lasciano ancora unico nel panorama pianistico del ventesimo secolo.

Qui troverete una foto della sua tomba, a Piona, in Svizzera, dove viveva. La modestia di quell’uomo, che forse amava si le donne e le belle auto, ma che sapeva di essere un tramite per la musica, gli aveva fatto scegliere una sepoltura discreta, troppo discreta. Quella croce che vedete l’ha fatta mettere il sindaco di Piona, forse stanco della continua domanda “dov’è sepolto il Maestro?”.  Michelangeli aveva scelto di stare nell’oblio, in quella tomba spoglia appoggiata al muro di una cappella di famiglia.

E non poteva essergli reso omaggio migliore per repertorio e per qualità dei brani scelti.

La prima composizioni eseguita, di un giovane compositore italiano,  Piergiorgio Ratti (25 anni) a titolo “Post Scriptum”, per tromba e archi. Una bella composizione (si, lo so che il bello è soggettivo; ma se un’intera sala applaude convinta, vuol dire che il bello qui non è soggettivo, ma più semplicemente oggettivo) in cui echeggiano blues, jazz, malinconia (mi ha ricordato per alcuni versi la Street Music di William Russo che spero conosciate; altrimenti, di corsa a comprarla!) in un mix calibrato tra tromba e orchestra.

Lungo applauso alla fine per il trombettista Alex Elia, ma ancora più quando il compositore è comparso sul palcoscenico.

A seguire il francese César Franck in una composizione per pianoforte e orchestra, le Variazioni Sinfoniche per pianoforte e orchestra M46, in cui l’orchestra dialoga serenamente con il pianoforte, un pianoforte dai toni onirici, trasognati, ben suonato dal M° Enrico Pompili e ben seguito dall’orchestra tutta.

Poi la Totentanz di Franz Liszt; e qui mi sia permesso di sottolineare la stupenda esecuzione del pianista Scipione Sangiovanni, giovane ma dotato di sensibilità, gusto per il suono e abilità non comuni. La Totentanz non è partitura semplice per il pianista, ma il M° Sangiovanni ha eseguito la sua parte senza mai sbagliare una nota e con anche una partecipazione corporea all’evento (si sentiva chiaramente quanto picchiasse sui pedali).

Bellissima questa composizione che molti confondono come una citazione dell’ultimo movimento della Sinfonia Fantastica di Berlioz. In realtà, entrambi i brani (quello di Berlioz e quello di Liszt) hanno come spunto il Dies Irae gregoriano che molti di voi potranno trovare facilmente via internet. Ovviamente il tema viene richiamato e sviluppato continuamente, in quella danza della morte che appare frenetica, anche se ieri è parsa meno cattiva o vendicativa. Forse la paura della morte vinta dalla vita che ogni giorno cerca di farcela dimenticare.
​
Infine la Quinta Sinfonia di Ludwig van Beethoven, in una esecuzione con organico non troppo allargato (legni e fiati, quelli previsti da Beethoven; archi in numero non eccessivo). Una Quinta sanguigna, spinta, molto accentata, forse a tratti un po’ veloce, soprattutto il quarto movimento; probabilmente nell’intento del direttore c’era un richiamo ai ritmi della vita attuale, dove tutti corriamo come dei pazzi scatenati.

Brava l’orchestra, bravi tutti.

I Bis: 
Un piacevole Haydn per il M°  Pompili al quale non difettano il buon suono e la cantabilità della frase suonata, una certa morbidezza che rende ancora più piacevole la musica.

Un ottimo Haendel (Suite n. 7 per clavicembalo, la Passacaglia finale) per il M° Sangiovanni, eseguita come se il piano fosse un clavicembalo, ma con piccoli rallentamenti e piccole meditazioni o uso del pedale che hanno quasi attualizzato il fin troppo, a volte, fossilizzato Haendel (come se ai tempi antichi, la musica fosse suonata tutta uguale, senza nessuna particolare intenzione; par poco credibile, soprattutto pensando a quell’epoca sontuosa).

E l’Overture da Le Nozze di Figaro di Mozart, per l’orchestra diretta da Lorenzo Passerini, anche lui giovanissimo (anno di nascita 1991); un po’ troppo veloce, forse, ma l’orchestra ha ben seguito le indicazioni del direttore.

Due chiose, forse polemiche, ma ci stanno tutte.
Continuiamo ad andare alla ricerca del grande nome straniero, ma poi abbiamo in Patria realtà come il M° Sangiovanni. Credetemi; non ha nulla da invidiare a certi mostri sacri del panorama internazionale. Ma si sa, qui in Italia, lo straniero è meglio; e poi, il classico è per noi “vecchi”.

E qui mi aggancio alla seconda chiosa che volevo fare. Ieri sera, in Sala Verdi, mi guardano intorno e vedevo file e file di posti vuoti. Eppure il concerto era interessante, il programma “c’era” e tutto sembrava portare ad una sala stracolma. Mi è venuta in mente una sera di fine anni Settanta, quanto Gustav Leonhard e compagnia bella erano in giro per il mondo a presentare quella che ormai è forse la loro registrazione più nota in assoluto, i Brandeburghesi di Bach.
Quella sala era stracolma; eravamo seduti in ogni dove, gente appoggiata ai muri, gente abbarbicata a terra … e ho provato una fortissima tristezza. Forse a quei tempi non rispettavamo le norme di sicurezza che oggi vengono imposte, ma le gradinate allora erano inaccessibili; piene di gente, dai giovani agli ottantenni, indistintamente gli uni accanto gli altri in un momento di pura gioia comune.

Ma accadeva anche con Pollini, con Gazzelloni, con il duo Gulli-Cavallo; a volte non serviva nemmeno il gran nome e per riempire la sala, bastava il repertorio.

La conoscenza del bello pare non interessare più. Meglio le solite foto della starlettina di turno su Facebook o Twitter che non una sanguigna dose di emozioni; e poi non ci incavoliamo se altre culture cercano di scardinare la nostra. Siamo noi che lo vogliamo. Il sistema per combattere? Alzare il sedere dal divano, portarlo sulla panchetta di una metropolitana o sul seggiolino di un bus e trasferirlo sulla poltroncina di un buon teatro. Ed oltre al nostro sedere, portiamoci quello di altri amici, quelli che non conoscono, ma che conoscendo potrebbero amare.

Se lo meritano tutti: compositori, musicisti, direttori, organizzazione, maschere, uscieri.
​Tutti; e farà tanto bene al nostro animo che uscirà dalla sala più lieve e contento.
 
Domenico Pizzamiglio
Picture

Testi e grafiche di questo sito appartengono al proprietario e non possono essere utilizzati senza autorizzazione scritta.
 All contents and graphics on this site are copyright and can not be used without permission.
Audio-activity è un marchio della MGP Srl - PI 01839210158