Shelter 501 Mk III
Un dardo nel cuore della musica …
Ed eccoci a parlare di un marchio di fonorivelatori giapponese autentico. Shelter. La sede è in Giappone, il titolare è giapponese, l’eleganza della testina, pulita e semplice e del packaging, ricorda lo stile minimal di cui i cittadini del Sol Levante esponenti. Shelter, in inglese, vuol dire rifugio; direi che il nome, almeno stando a questo modello, potrebbe apparire azzeccato; music shelter, ovvero il riparo per la musica. Non so se nella scelta del nome il costruttore abbia avuto questa idea, ma in ogni caso, se nel titolo ho scritto “un dardo nel cuore della musica”, in qualche modo le caratteristiche di questa Shelter tendono a proteggere la musica e la sua riproduzione.
Di Shelter si parla sommariamente meno che di altri marchi blasonati; tutti le conoscono di nome, pochi le hanno ascoltate attentamente, poco se ne scrive; ma chi compra una Shelter poi difficilmente scende da quel marchio per cavalcarne un altro. E direi che un po’ di blasone, soprattutto dopo l’ascolto di questa 501 III, c’è; il recente cambio di distributore, poi, ha dato un impulso di maggior popolarità al marchio.
Avrete notato che mi piace mettere nei miei scritti riferimenti a situazioni personali ed a proposito di Shelter ricordo un amico innamorato del marchio, in tempi non sospetti, quando a fine anni 90 il marchio forse non era nemmeno importato in Italia; un pomeriggio andai a trovarlo per i soliti ascolti e mi fece ascoltare un sacco di vinili per avere anche il mio giudizio su quel marchio ancora poco noto.
Devo dire che effettivamente il suono che stavo ascoltando, in quel sistema che conoscevo piuttosto bene, era sicuramente interessante, principalmente per due parametri. La sensazione di grande velocità del suono, apprezzabile tanto nei tempi di salita, quanto – soprattutto - nei tempi di decadimento. Ricordo che in un incontro nel vicentino, un audiofilo mi fece notare che ascoltavo male perché ai tempi usavo una Dynavector D17 che, in ragione di quel cantilever cortissimo, secondo l’audiofilo, aveva un suono troppo veloce. La mia risposta fu “ma la musica non nasce con il freno a mano tirato!”. A dire che la giusta velocità, anche e soprattutto nei tempi di decadimento, fa si che un colpo di grancassa, ad esempio, somigli più a quanto si ascolta dal vero, dove il colpo è seguito da una risonanza breve e non da un lungo “mugugno”, come purtroppo spesso accade di ascoltare con impianti che hanno qualche problema in gamma bassa.
E poi la dinamica che certo nelle Shelter non fa difetto; non credo serva ricordare che ciò che dà emozione dal vivo sono proprio i grandi dislivelli tra un pianissimo ed un fortissimo e la gradualità dei crescendo, che molto spesso negli impianti audio appare semplificata. Quando a teatro ci si siede in platea e il direttore inizia a contare le battute per l’attacco delle trombe e dei tromboni nell’Also sprach Zarathustra, il suono è di bassa intensità perché suonano solo la pedaliera dell’organo insieme con violoncelli e contrabbassi in “tremulo”; ma quando gli ottoni attaccano i primi intervalli di quinte il livello si fa ben più potente, fino a che, alla terza ripetizione di detti intervalli di quinte, esplode tutta l’orchestra in quel meraviglioso marasma di suoni che toglie il fiato (l’ascolto live di quella composizione, per me, è sempre consigliato; chiarisce tanti dubbi e fa crollare molte certezze).
Ed alla fine, dal vivo, si scopre che proprio la dinamica mozzafiato è quel che dà emozione.
Di Shelter si parla sommariamente meno che di altri marchi blasonati; tutti le conoscono di nome, pochi le hanno ascoltate attentamente, poco se ne scrive; ma chi compra una Shelter poi difficilmente scende da quel marchio per cavalcarne un altro. E direi che un po’ di blasone, soprattutto dopo l’ascolto di questa 501 III, c’è; il recente cambio di distributore, poi, ha dato un impulso di maggior popolarità al marchio.
Avrete notato che mi piace mettere nei miei scritti riferimenti a situazioni personali ed a proposito di Shelter ricordo un amico innamorato del marchio, in tempi non sospetti, quando a fine anni 90 il marchio forse non era nemmeno importato in Italia; un pomeriggio andai a trovarlo per i soliti ascolti e mi fece ascoltare un sacco di vinili per avere anche il mio giudizio su quel marchio ancora poco noto.
Devo dire che effettivamente il suono che stavo ascoltando, in quel sistema che conoscevo piuttosto bene, era sicuramente interessante, principalmente per due parametri. La sensazione di grande velocità del suono, apprezzabile tanto nei tempi di salita, quanto – soprattutto - nei tempi di decadimento. Ricordo che in un incontro nel vicentino, un audiofilo mi fece notare che ascoltavo male perché ai tempi usavo una Dynavector D17 che, in ragione di quel cantilever cortissimo, secondo l’audiofilo, aveva un suono troppo veloce. La mia risposta fu “ma la musica non nasce con il freno a mano tirato!”. A dire che la giusta velocità, anche e soprattutto nei tempi di decadimento, fa si che un colpo di grancassa, ad esempio, somigli più a quanto si ascolta dal vero, dove il colpo è seguito da una risonanza breve e non da un lungo “mugugno”, come purtroppo spesso accade di ascoltare con impianti che hanno qualche problema in gamma bassa.
E poi la dinamica che certo nelle Shelter non fa difetto; non credo serva ricordare che ciò che dà emozione dal vivo sono proprio i grandi dislivelli tra un pianissimo ed un fortissimo e la gradualità dei crescendo, che molto spesso negli impianti audio appare semplificata. Quando a teatro ci si siede in platea e il direttore inizia a contare le battute per l’attacco delle trombe e dei tromboni nell’Also sprach Zarathustra, il suono è di bassa intensità perché suonano solo la pedaliera dell’organo insieme con violoncelli e contrabbassi in “tremulo”; ma quando gli ottoni attaccano i primi intervalli di quinte il livello si fa ben più potente, fino a che, alla terza ripetizione di detti intervalli di quinte, esplode tutta l’orchestra in quel meraviglioso marasma di suoni che toglie il fiato (l’ascolto live di quella composizione, per me, è sempre consigliato; chiarisce tanti dubbi e fa crollare molte certezze).
Ed alla fine, dal vivo, si scopre che proprio la dinamica mozzafiato è quel che dà emozione.
È anche vero che per lungo tempo le Shelter, qui in Italia, sono state vittime di giudizi un po’ sommari, visto che venivano classificate come copie più eleganti della Denon DL 103.
Non è solo il caso di Shelter, ma anche di altri marchi. Tuttavia, anche ammesso che il motore sia quello della 103, si tratterebbe della scelta di un prodotto robusto e prodotto in grandi quantità e quindi più garantiti di altri; ma poi quel motore lo si modifica, lo si dota di cantilever e stilo che poco hanno a che vedere con il classico taglio conico della 103 o con quel cantilever di alluminio.
Quindi, anche partendo, come assunto, che una testina usi un “motore” di un certo altro prodotto, è da escludere che i due prodotti suonino perfettamente uguali.
La 501, giunta alla terza versione, ha un cantilever in alluminio (sottilissimo) rivestito in boro e monta uno stilo con taglio ellittico. Il corpo è mediamente pesante, posto che si attesta a 8,1 gr. Il produttore nulla dice sul braccio da utilizzare; da calcoli e da tentativi fatti, anche se la testina non suona male con masse medie (intendo sui 10/11 gr), è meglio stare su masse più elevate, tipicamente sopra i 15 gr di massa. La canna Blue del Mørch è stata ulteriormente appesantita con una piastrina che ha aggiunto 3 gr di massa e la frequenza di risonanza braccio testina si è posizionata a 10 hz, ma con un maggiore smorzamento rispetto alla sola canna blu (la sola canna blu, in corrispondenza della frequenza di risonanza, a 11 Hz, saltellava in modo preoccupante. L’aggiunta del peso, come già accadde per la mia Kleos, ha fatto sì che in corrispondenza dei 10 Hz di risonanza, il braccio si muovesse molto meno). Quindi, per mia esperienza, bracci di almeno 15 gr di massa.
Quanto al parallelismo con il disco, direi che è meglio non fare voli pindarici con tentativi in più o in meno; un sano, normale, parallelismo garantisce eccellenti risultati. Quanto al peso, l’ho fatta lavorare a 1,6 e a 1,8 grammi, preferendo nel mio set up il secondo valore che offre una maggior sicurezza di tracciamento (già buono a 1.6 gr), ma che dà soprattutto una sensazione di maggior peso al suono.
Per quanto riguarda il carico, al di là dell’ovvia proposta di Shelter di usare il trasformatore dedicato dello stesso marchio (mossa politicamente assolutamente corretta), in caso di pre-phono attivi il costruttore ci dice di stare entro i 100 ohm. Ho provato a 50 e a 100 ohm e devo dire che grandissime differenze non ne ho sentite tra i due carichi o quantomeno non tali da farmi dire con certezza che i 50 ohm siano meglio dei 100. Solo che leggendo un po’ in giro, avevo visto che stimati recensori parlavano di un suono un po’ corto in gamma alta; a parte il fatto che nel mio impianto non ho rilevato un comportamento particolarmente sottrattivo in gamma alta, se non un lieve accenno di ammorbidimento, è da dire che la 501 III non rifiuta anche carichi diversi e maggiori; già il solo passare a 200 ohm ha determinato un suono anche chiaro e piacevolmente trasparente in gamma alta, senza che si perdesse nulla delle altre caratteristiche quali dinamica ed estensione e controllo dei bassi.
Il guadagno del phono attivo è meglio sia sui 63/66 db; l’uscita della testina, dichiarata a 5 cm/sec., è di 0.5 mV.
Non è solo il caso di Shelter, ma anche di altri marchi. Tuttavia, anche ammesso che il motore sia quello della 103, si tratterebbe della scelta di un prodotto robusto e prodotto in grandi quantità e quindi più garantiti di altri; ma poi quel motore lo si modifica, lo si dota di cantilever e stilo che poco hanno a che vedere con il classico taglio conico della 103 o con quel cantilever di alluminio.
Quindi, anche partendo, come assunto, che una testina usi un “motore” di un certo altro prodotto, è da escludere che i due prodotti suonino perfettamente uguali.
La 501, giunta alla terza versione, ha un cantilever in alluminio (sottilissimo) rivestito in boro e monta uno stilo con taglio ellittico. Il corpo è mediamente pesante, posto che si attesta a 8,1 gr. Il produttore nulla dice sul braccio da utilizzare; da calcoli e da tentativi fatti, anche se la testina non suona male con masse medie (intendo sui 10/11 gr), è meglio stare su masse più elevate, tipicamente sopra i 15 gr di massa. La canna Blue del Mørch è stata ulteriormente appesantita con una piastrina che ha aggiunto 3 gr di massa e la frequenza di risonanza braccio testina si è posizionata a 10 hz, ma con un maggiore smorzamento rispetto alla sola canna blu (la sola canna blu, in corrispondenza della frequenza di risonanza, a 11 Hz, saltellava in modo preoccupante. L’aggiunta del peso, come già accadde per la mia Kleos, ha fatto sì che in corrispondenza dei 10 Hz di risonanza, il braccio si muovesse molto meno). Quindi, per mia esperienza, bracci di almeno 15 gr di massa.
Quanto al parallelismo con il disco, direi che è meglio non fare voli pindarici con tentativi in più o in meno; un sano, normale, parallelismo garantisce eccellenti risultati. Quanto al peso, l’ho fatta lavorare a 1,6 e a 1,8 grammi, preferendo nel mio set up il secondo valore che offre una maggior sicurezza di tracciamento (già buono a 1.6 gr), ma che dà soprattutto una sensazione di maggior peso al suono.
Per quanto riguarda il carico, al di là dell’ovvia proposta di Shelter di usare il trasformatore dedicato dello stesso marchio (mossa politicamente assolutamente corretta), in caso di pre-phono attivi il costruttore ci dice di stare entro i 100 ohm. Ho provato a 50 e a 100 ohm e devo dire che grandissime differenze non ne ho sentite tra i due carichi o quantomeno non tali da farmi dire con certezza che i 50 ohm siano meglio dei 100. Solo che leggendo un po’ in giro, avevo visto che stimati recensori parlavano di un suono un po’ corto in gamma alta; a parte il fatto che nel mio impianto non ho rilevato un comportamento particolarmente sottrattivo in gamma alta, se non un lieve accenno di ammorbidimento, è da dire che la 501 III non rifiuta anche carichi diversi e maggiori; già il solo passare a 200 ohm ha determinato un suono anche chiaro e piacevolmente trasparente in gamma alta, senza che si perdesse nulla delle altre caratteristiche quali dinamica ed estensione e controllo dei bassi.
Il guadagno del phono attivo è meglio sia sui 63/66 db; l’uscita della testina, dichiarata a 5 cm/sec., è di 0.5 mV.
Ho detto tutto? Si. Due piccole cose ancora; la prima è la confezione, simpatica, stile “gioiello”, con tanto di cofanetto come quello che il gioielliere vi dà quanto acquistate un anello per la vostra signora/compagna/amica. E l’altra che il guscio salvastilo è sufficientemente tenace da permettere il montaggio della testina senza temere per danni irreparabili. Il corpo squadrato e il perfetto allineamento del cantilever hanno permesso la dimatura in pochi minuti.
Dimenticavo il costo: € 1.499,00.
L’impianto usato per l’ascolto è così composto: giradischi Bauer DPS, braccio Morch DP6, pre-fono American Hybrid Technology –P; preamplificatore Lavardin C62; finale Bryston 2B-LP; casse acustiche Davis Acoustics Monitor One. Cablaggi di buona qualità e di marche varie che non sto a specificare ogni volta.
Durante i primi ascolti c’era anche Angelo Jasparro, accanto a me (avrete visto le foto della testina appena montata sul braccio sulla nostra pagina Facebook); già dai primi ascolti, il suono che stavamo ascoltando ha colpito entrambi. Soprattutto quella naturale sensazione di suono vivo che si è perfettamente “incastrata” nella tendenza già piuttosto “dinamicamente libera” del mio impianto che termina con diffusori ben efficienti.
Mi sono quindi sbizzarrito e ho estratto dalla discoteca le registrazioni storiche per noi audiofili tra i 50 e i 60 anni. Le Suite di Holst dirette da Frederick Fennell (Telarc), la Suite dall’Oiseau de Feu di Stravinski diretta da Shaw (Telarc), il mitico I’ve Got The Music in Me con Thelma Houston e i Pressure Cooker (Sheffield) … giusto così, per verificare se con quelle registrazioni, che qualche problemino di controllo dei bassi e di tracciamento lo hanno spesso creato, magnificassero in qualche modo la tendenza molto “live” di questa Shelter 501.
E si, in effetti, la magnificano; la testina, nuova, estratta dalla scatola pochi minuti prima, è scivolata morbidamente prima sullo Sheffield e poi sui due Telarc, sfoggiando un tracciamento ottimo, un ottimo controllo del basso (migliore di quello della mia Lyra Kleos, ma anche della Denon DL S1) ed una dinamica molto naturale e – mi si permetta il termine – pimpante. Nulla di esagerato, ma solo una sensazione di naturalezza che mi ha riportato agli ascolti dal vivo, all’Auditorium di Milano, ove spesso vado a concerto. Suono lucido, a volte leggermente ruvido (ma la testina era nuova) e nessuna gamma portata in evidenza. Ovviamente ho riproposto gli ascolti una settimana dopo. Tutto uguale, tranne la leggera ruvidezza in gamma acuta che era sparita.
Dimenticavo il costo: € 1.499,00.
L’impianto usato per l’ascolto è così composto: giradischi Bauer DPS, braccio Morch DP6, pre-fono American Hybrid Technology –P; preamplificatore Lavardin C62; finale Bryston 2B-LP; casse acustiche Davis Acoustics Monitor One. Cablaggi di buona qualità e di marche varie che non sto a specificare ogni volta.
Durante i primi ascolti c’era anche Angelo Jasparro, accanto a me (avrete visto le foto della testina appena montata sul braccio sulla nostra pagina Facebook); già dai primi ascolti, il suono che stavamo ascoltando ha colpito entrambi. Soprattutto quella naturale sensazione di suono vivo che si è perfettamente “incastrata” nella tendenza già piuttosto “dinamicamente libera” del mio impianto che termina con diffusori ben efficienti.
Mi sono quindi sbizzarrito e ho estratto dalla discoteca le registrazioni storiche per noi audiofili tra i 50 e i 60 anni. Le Suite di Holst dirette da Frederick Fennell (Telarc), la Suite dall’Oiseau de Feu di Stravinski diretta da Shaw (Telarc), il mitico I’ve Got The Music in Me con Thelma Houston e i Pressure Cooker (Sheffield) … giusto così, per verificare se con quelle registrazioni, che qualche problemino di controllo dei bassi e di tracciamento lo hanno spesso creato, magnificassero in qualche modo la tendenza molto “live” di questa Shelter 501.
E si, in effetti, la magnificano; la testina, nuova, estratta dalla scatola pochi minuti prima, è scivolata morbidamente prima sullo Sheffield e poi sui due Telarc, sfoggiando un tracciamento ottimo, un ottimo controllo del basso (migliore di quello della mia Lyra Kleos, ma anche della Denon DL S1) ed una dinamica molto naturale e – mi si permetta il termine – pimpante. Nulla di esagerato, ma solo una sensazione di naturalezza che mi ha riportato agli ascolti dal vivo, all’Auditorium di Milano, ove spesso vado a concerto. Suono lucido, a volte leggermente ruvido (ma la testina era nuova) e nessuna gamma portata in evidenza. Ovviamente ho riproposto gli ascolti una settimana dopo. Tutto uguale, tranne la leggera ruvidezza in gamma acuta che era sparita.
Ho qui sopra citato l’Also sprach Zarathustra di Richard Strauss; solitamente utilizzo l’esecuzione di William Steinberg, etichetta DGG che è più dinamica e più completa tonalmente della tanto decantata esecuzione di Karajan (o di quella di Böhm) e che a mio avviso è anche di ben diversa interpretazione, molto più scintillante e meno “personalizzata” di quella di Karajan.
Bene, posseggo sia il vinile originale degli anni 70 che il CD uscito con la serie “The Originals” e non c’è nessuna possibilità di paragone. La versione in CD suona aspra, fastidiosa; la versione in vinile, ascoltata attraverso la Shelter 501 III ha una sonorità “live”, un peso della sezione bassa, uno smorzamento delle grandi percussioni che non solo la rende assolutamente preferibile al CD, ma che approssima molto bene quel che si può ascoltare dal vivo (ultimo ascolto, un anno fa all’Auditorium di Milano con LaVerdi e Bignamini alla direzione). Al paragone, passando alla mia Lyra Kleos, sembra che l’orchestra, forse ancor più precisa in alcuni piccoli particolari, risulti più “pesante”, come se gli strumenti che agiscono in gamma bassa fossero in leggero ritardo sul tempo; con la Denon SL 1 invece, l’orchestra sembra più piccola, ma la partitura prevede ben più di 110 strumentisti e con la Shelter questo lo si senta senza se e senza ma.
Leggendo quanto ho scritto si potrebbe pensare che questa testina sia troppo “spinta” per ascoltare musica antica, barocca, quartetti d’archi ecc. Se teniamo bene in mente che la dinamica è parte importantissima della musica, una testina ben dinamica non può che far molto bene anche alla Passione Secondo San Matteo di Bach (Herreweghe, Harmonia Mundi, prima edizione del 1990), piuttosto che all’Ode per la Nascita della Regina Anna di Haendel (Hogwood, Oiseau Lyre). La grana del suono è fine e questo porta a tenere il volume un po’ più alto del solito; in questo caso gli acuti delle soprano diventano anche fastidiosi, come lo sono ascoltati dal vivo a distanza ravvicinata (e non dico questo perché tracciate male o distorte, ma solo perché il dislivello tra piano e forte è semplice, conseguente).
Dopo alcuni giorni di rodaggio, la traccia di asprezza sugli acuti, come detto, è sparita. Non ho notato cambiamenti epocali nel carattere della testina da nuova o dopo dieci giorni di uso intenso. La 501 suona bene già all’inizio e mostra subito il suo carattere. E quindi andrò a dare quale ulteriore chiarimento. Per dinamica solitamente si intende la capacità di suonare forte e di evidenziare sostanzialmente i più grandi intervalli dinamici; quindi questo mio sottolineare la dinamica potrebbe indurre alcuni a pensare che semplicemente la 501 III “picchi duro”.
Invece la Shelter è graduale anche nelle minime variazioni dinamiche, quella che alcuni chiamano microdinamica. Ad esempio, il vibrato dei violini è molto naturale ed evidente; cosa che non accade, ad esempio, con la mia Denon DL S1 che pare invece semplificare questo parametro. Nei cori polifonici, spesso dal vivo ma molto spesso anche nelle registrazioni, c’è una voce che svetta sulle altre. Con molte testine queste variazioni si percepiscono appena, ma con quelle che sono dinamicamente più libere le si percepiscono con grande facilità; e questo accade con la testina in prova.
Sicuramente qualcuno potrà preferire una gamma bassa più dirompente. Non la chieda a questa Shelter perché non l’avrà. La gamma bassa di questa testina è molto corretta, senza code e il suo comportamento dipende molto da quello che è registrato sul disco.
Non esagera mai ed è forse proprio per questo che diventa emozionante ascoltare grosse masse orchestrali, ove non si ravvisano segni di confusione proprio in quella critica regione ove si sommano grancassa, contrabbassi, violoncelli e timpani (e mi riferisco al Sacre du Printemps diretto da Maazel su Telarc; o al Capriccio Spagnolo diretto da Fennel su Crystal Clear; piuttosto che il Wagner di Leinsdorf su Sheffield). Ma fa bene anche al pianoforte, ad esempio. L’LP DGG con il Gaspard de la Nuit di Ravel eseguito da Ivo Pogorelic restituisce uno strumento dinamico, concreto, ben posizionato nell’ambiente d’ascolto e tra l’altro il tracciamento della testina è sicuro dalle prime battute di Ondines, sino all’inferocito Scarbo. Timbricamente nulla da dire.
Con rock e jazz? Mi pare che quanto ho sin qui scritto faccia comprendere che ovviamente questi generi non sono né limitati dalla testina, né limitanti per la stessa. Un ascolto da intervento della Pubblica Sicurezza di Syncronicity dei Police mi ha confermato che per il rock, la Shelter 501 III sembra fatta apposta.
Insomma, se qualcuno dovesse chiedermi in quale genere la 501 III eccelle, non saprei rispondere. A me ha convinto con tutta la musica che ho ascoltato. Chiaramente non ha aiutato le pessime registrazioni ad apparire migliori, ma anche il “Live In Paris” di Aretha Franklin me lo sono ascoltato con piacere. Mentre l’ascolto del Concerto per Tromba e Orchestra di Haydn su vinile Argo degli anni 70, registrazione che ascolto spesso proprio perché ricca di sfumature in stile “suono dal vivo” già di per sé, è stata ancor più convincente del solito.
L’unica cosa che dovete tenere in conto (ovviamente se non usate un trasformatore di step-up) è di decidere se alle caratteristiche di cui sopra volete dare un tono appena più “dolce” ed in tal caso starete entro i 100 Ohm di carico, o se volete avere un suono leggermente più aperto ed in tal caso starete sui 200 Ohm (ho provato ad andare oltre, ma questa testina è molto più sensibile al carico di altre e francamente già a 300 Ohm rischiava di diventare “acida”).
Siamo giunti alla fine. Proprio in ragione di alcune sue caratteristiche che in parte la discostano da prodotti di pari costo che ho recentemente provato o ascoltato, questa Shelter 501 III ha dato una sensazione di “suono vero” maggiore rispetto ad alcune concorrenti.
A questo prezzo, se è quel che intendete spendere e se vi piace un suono poco edulcorato, sincero, che porti solo a pensare “ho messo questo disco e ora mi dimentico dell’impianto”, di qualunque genere sia, questa Shelter è un gradino sopra le concorrenti.
Timbricamente corretta, dinamicamente estroversa, è un eccellente viatico per immergervi nella vostra musica.
E il prezzo è ottimo in relazione alla prestazione offerta, anche perché non credo che vi verrà voglia di sostituirla tanto in fretta; e più probabile che prima vi ascoltiate la vostra intera discoteca.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Shelter
Distributore per l’Italia: MADFORMUSIC
Prezzo: € 1.499,00
Bene, posseggo sia il vinile originale degli anni 70 che il CD uscito con la serie “The Originals” e non c’è nessuna possibilità di paragone. La versione in CD suona aspra, fastidiosa; la versione in vinile, ascoltata attraverso la Shelter 501 III ha una sonorità “live”, un peso della sezione bassa, uno smorzamento delle grandi percussioni che non solo la rende assolutamente preferibile al CD, ma che approssima molto bene quel che si può ascoltare dal vivo (ultimo ascolto, un anno fa all’Auditorium di Milano con LaVerdi e Bignamini alla direzione). Al paragone, passando alla mia Lyra Kleos, sembra che l’orchestra, forse ancor più precisa in alcuni piccoli particolari, risulti più “pesante”, come se gli strumenti che agiscono in gamma bassa fossero in leggero ritardo sul tempo; con la Denon SL 1 invece, l’orchestra sembra più piccola, ma la partitura prevede ben più di 110 strumentisti e con la Shelter questo lo si senta senza se e senza ma.
Leggendo quanto ho scritto si potrebbe pensare che questa testina sia troppo “spinta” per ascoltare musica antica, barocca, quartetti d’archi ecc. Se teniamo bene in mente che la dinamica è parte importantissima della musica, una testina ben dinamica non può che far molto bene anche alla Passione Secondo San Matteo di Bach (Herreweghe, Harmonia Mundi, prima edizione del 1990), piuttosto che all’Ode per la Nascita della Regina Anna di Haendel (Hogwood, Oiseau Lyre). La grana del suono è fine e questo porta a tenere il volume un po’ più alto del solito; in questo caso gli acuti delle soprano diventano anche fastidiosi, come lo sono ascoltati dal vivo a distanza ravvicinata (e non dico questo perché tracciate male o distorte, ma solo perché il dislivello tra piano e forte è semplice, conseguente).
Dopo alcuni giorni di rodaggio, la traccia di asprezza sugli acuti, come detto, è sparita. Non ho notato cambiamenti epocali nel carattere della testina da nuova o dopo dieci giorni di uso intenso. La 501 suona bene già all’inizio e mostra subito il suo carattere. E quindi andrò a dare quale ulteriore chiarimento. Per dinamica solitamente si intende la capacità di suonare forte e di evidenziare sostanzialmente i più grandi intervalli dinamici; quindi questo mio sottolineare la dinamica potrebbe indurre alcuni a pensare che semplicemente la 501 III “picchi duro”.
Invece la Shelter è graduale anche nelle minime variazioni dinamiche, quella che alcuni chiamano microdinamica. Ad esempio, il vibrato dei violini è molto naturale ed evidente; cosa che non accade, ad esempio, con la mia Denon DL S1 che pare invece semplificare questo parametro. Nei cori polifonici, spesso dal vivo ma molto spesso anche nelle registrazioni, c’è una voce che svetta sulle altre. Con molte testine queste variazioni si percepiscono appena, ma con quelle che sono dinamicamente più libere le si percepiscono con grande facilità; e questo accade con la testina in prova.
Sicuramente qualcuno potrà preferire una gamma bassa più dirompente. Non la chieda a questa Shelter perché non l’avrà. La gamma bassa di questa testina è molto corretta, senza code e il suo comportamento dipende molto da quello che è registrato sul disco.
Non esagera mai ed è forse proprio per questo che diventa emozionante ascoltare grosse masse orchestrali, ove non si ravvisano segni di confusione proprio in quella critica regione ove si sommano grancassa, contrabbassi, violoncelli e timpani (e mi riferisco al Sacre du Printemps diretto da Maazel su Telarc; o al Capriccio Spagnolo diretto da Fennel su Crystal Clear; piuttosto che il Wagner di Leinsdorf su Sheffield). Ma fa bene anche al pianoforte, ad esempio. L’LP DGG con il Gaspard de la Nuit di Ravel eseguito da Ivo Pogorelic restituisce uno strumento dinamico, concreto, ben posizionato nell’ambiente d’ascolto e tra l’altro il tracciamento della testina è sicuro dalle prime battute di Ondines, sino all’inferocito Scarbo. Timbricamente nulla da dire.
Con rock e jazz? Mi pare che quanto ho sin qui scritto faccia comprendere che ovviamente questi generi non sono né limitati dalla testina, né limitanti per la stessa. Un ascolto da intervento della Pubblica Sicurezza di Syncronicity dei Police mi ha confermato che per il rock, la Shelter 501 III sembra fatta apposta.
Insomma, se qualcuno dovesse chiedermi in quale genere la 501 III eccelle, non saprei rispondere. A me ha convinto con tutta la musica che ho ascoltato. Chiaramente non ha aiutato le pessime registrazioni ad apparire migliori, ma anche il “Live In Paris” di Aretha Franklin me lo sono ascoltato con piacere. Mentre l’ascolto del Concerto per Tromba e Orchestra di Haydn su vinile Argo degli anni 70, registrazione che ascolto spesso proprio perché ricca di sfumature in stile “suono dal vivo” già di per sé, è stata ancor più convincente del solito.
L’unica cosa che dovete tenere in conto (ovviamente se non usate un trasformatore di step-up) è di decidere se alle caratteristiche di cui sopra volete dare un tono appena più “dolce” ed in tal caso starete entro i 100 Ohm di carico, o se volete avere un suono leggermente più aperto ed in tal caso starete sui 200 Ohm (ho provato ad andare oltre, ma questa testina è molto più sensibile al carico di altre e francamente già a 300 Ohm rischiava di diventare “acida”).
Siamo giunti alla fine. Proprio in ragione di alcune sue caratteristiche che in parte la discostano da prodotti di pari costo che ho recentemente provato o ascoltato, questa Shelter 501 III ha dato una sensazione di “suono vero” maggiore rispetto ad alcune concorrenti.
A questo prezzo, se è quel che intendete spendere e se vi piace un suono poco edulcorato, sincero, che porti solo a pensare “ho messo questo disco e ora mi dimentico dell’impianto”, di qualunque genere sia, questa Shelter è un gradino sopra le concorrenti.
Timbricamente corretta, dinamicamente estroversa, è un eccellente viatico per immergervi nella vostra musica.
E il prezzo è ottimo in relazione alla prestazione offerta, anche perché non credo che vi verrà voglia di sostituirla tanto in fretta; e più probabile che prima vi ascoltiate la vostra intera discoteca.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Shelter
Distributore per l’Italia: MADFORMUSIC
Prezzo: € 1.499,00