Synthesis "Roma" 753AC
Capita a volte che ci si trovi al posto giusto nel momento giusto. Così è stato un venerdì pomeriggio di Luglio, quando sono andato dal mio negoziante di fiducia che mi ha subito introdotto ai due nuovi arrivi, due amplificatori integrati della italiana Synthesis, nota per i suoi prodotti molto piccoli e graziosi, ma certo di qualità. Peraltro ero incuriosito dal marchio perché proprio qualche giorno prima ero stato a casa dell’amico Gabriele che mi aveva fatto ascoltare un suo nuovo progetto (si diverte a costruirsi sistemi di altoparlanti senza alcuna intenzione di vendita; lo fa solo per sé) insieme ad un piccolo amplificatore integrato della Synthesis; e un po’ per il progetto degli altoparlanti e un po’ penso anche per l’amplificatore Synthesis, il suono mi era parso decisamente di qualità.
Il mio negoziante di fiducia, sempre facile alle spiegazioni, mi ha subito mostrato il modello con le KT88 che “fa una novantina di watt per canale” e quello con le EL34 “che ne ha una cinquantina”. Detto fatto, ho chiesto a Synthesis un apparecchio in prova; d’altro canto agosto è un mese “felice” per ascoltare e scrivere perché c’è la calma tipica di quel mese, con il vantaggio di non avere nessuno o quasi nel palazzo e di poter “spingere” con il volume sino all’inverosimile senza disturbare il vicinato. Ad abundantiam, ad agosto l’orecchio è allenatissimo all’ascolto di musica dal vivo, posto che come avrete notato c’è il festival Milano ArteMusica e ci sono circa un paio di concerti a settimana. L’ampli che ho scelto, tra i due, entrambi della serie denominata “Roma”, è stato quello con le EL 34 che si chiama 753AC, mentre quello con le KT88 si chiama 510AC. Diciamo subito che il costo è di poco inferiore ai 3.000,00 € per il primo e di poco superiore per il secondo; né troppi né pochi; i Synthesis hanno fama di essere apparecchi che durano nel tempo ed anche questo è da tenere in considerazione al momento dell’acquisto. Durano, si riparano senza problemi perché il costruttore è presente sul mercato da molto tempo; ora la distribuzione è seguita dalla stessa Synthesis che così finisce con il fare “tutto in casa”, con intuibili vantaggi sia per la rete distributiva che per l’acquirente che ha così un contatto diretto con il costruttore.
Le valvole per la sezione di preamplificazione sono le 12AU7; quelle di amplificazione, come detto, sono le EL34 che funzionano a pentodo. Il costruttore ci spiega come vengano utilizzati componenti d’alto pregio, come trasformatori d’elevata qualità, piedini ceramici anti ossidazione per le valvole, dei piedi metallici per l’appoggio dell’apparecchio e come tutta la struttura sia particolarmente robusta, così da evitare vibrazioni che potrebbero poi rientrare nelle valvole. L’apparecchio è piuttosto pesante ed è concentrato in poco spazio; fate attenzione quando lo estraete dall’imballo: i trasformatori sono messi nella parte posteriore dell’ampli e se non lo prendete bene sotto la parte posteriore, l’apparecchio rischia di scivolarvi di mano e cadere a terra. E visto che è rifinito con cura, sarebbe un vero peccato. L’amplificatore dispone di cinque ingressi e di un’uscita per la preamplificazione di un finale esterno; completano l’apparecchio la vaschetta IEC per l’alimentazione ed i connettori d’uscita. Molto robusto (ed anche piuttosto ingombrante) l’imballo e sufficientemente informativo il manuale d’istruzioni (anche perché, diciamocelo, non è che ci sia poi molto da capire o mettere in opera e per giunta l’apparecchio fa il bias delle valvole da sé).
Da notare che lo stand-by iniziale (il riscaldamento delle valvole, come lo chiamo io) è segnalato dai led posti sopra ad ogni ingresso che continuano a passare da uno all’altro sino a che l’apparecchio non è pronto per suonare: in quel caso il led acceso sarà quello sopra l’ultimo ingresso selezionato nell’ultima ascolto fatto e quindi si potrà iniziare ad ascoltare. L’operazione dura qualche secondo e l’amplificatore suona già bene da freddo, anche se quando è “a temperatura” il suono mi è parso ancor più fluido. Devo dire che l’apparecchio è risultato poco rumoroso; anche aprendo completamente il volume. Ed infatti questo è un apparecchio che dà grande piacevolezza d’ascolto anche ai bassi volumi che si tengono solitamente di sera, in ambienti condominiali (chi ha una villetta singola, beato lui). Manca l’ingresso phono, pur se MM. Ma ormai si va verso la liquida e quindi chi proprio ha un giradischi, avrà presumibilmente un pre-phono esterno. Per me, analogista di vecchia data, rimane sempre una menomazione; ma mi rendo conto che il mercato attuale non chieda praticamente più un ingresso phono specifico perché chi usa prevalentemente il giradischi ha già il suo pre-phono. Questo l’impianto nel quale il Synthesis è stato inserito: giradischi Bauer DPS con braccio Morch DP6, testina Denon SL S1, pre-fono American Hybrid Technology; giradischi Pioneer PL 550, testina Denon DL103, pre-fono Lehmann Black Cube; lettore di CD Pioneer PD9 (con qualche modifica …”); sistema di altoparlanti Audio Note AN E SPx; cavi LFD, YBA, Systems and Magic, Kimber e altri. Come amplificazioni di riferimento le accoppiate Spectral DMC12/DMA50 e Olimpia Audio Guglielmo/Wyred 4 Sound ST250. Innanzitutto l’accensione è silenziosa; non c’è nessun “bump” che faccia sobbalzare dalla sedia. Comodissimo avere il telecomando. Un po’ come si parla dei rapporti del cambio di un’automobile, così posso dire che il comando del volume ha un rapporto “lungo” perché la regolazione è ampia; nel senso che il volume non aumenta in modo spasmodico nei primi millimetri della corsa per poi affievolirsi verso la fine, ma aumenta gradatamente, dando un’ampia possibilità di regolazioni, utile soprattutto la sera, quando il livello non può essere tenuto troppo alto. Certo è che questo amplificatore è a valvole e si sente. La gamma media e quella medio-alta sono da valvola, quella seria e poco piaciona. Le voci sono naturali, mai portate in avanti, mai enfatizzate, sempre molto ben integrate nel tessuto musicale. Il basso sta al suo posto ed a volte è anche un po’ timido (almeno con le AN E) anche se non manca l’estensione in basso; diciamo che è controllato ma non corto. L’acuto estremo risulta solo leggermente sfumato. Il che sta ad indicare che nell’ascolto del Vespro della Beata Vergine di Monteverdi (Archiv, Gardiner) le voci, i cornetti, i tromboni hanno tutti ricevuto un trattamento di ottimo livello ed il risultato finale è stato coinvolgente proprio perché credibile. Le voci bianche, come i violini sono stati solo leggermente allontanati rispetto alla loro solita posizione, ma non è che mancasse la definizione del loro suono; c’era solo una sfumatura sottrattiva lassù, in gamma acuta. In nulla appiattita è risultata la dinamica di A Night In Tunisia, con Art Blakey and The Jazz Messengers, un vinile di fine anni 70 ad incisione diretta dell’etichetta Philips; la dinamica non pare mai limitata ed il volume lo si alza di conseguenza. La leggera sfumatura ambrata della gamma alta tiene a bada le intemperanze della registrazione sui piatti della batteria che in questo caso sembrano ben più naturali che con l’amplificazione a stato solido che uso io. Ogni strumento ha la sua chiara identificazione sia nel timbro che nel posizionamento nello stage. Ed il contrabbasso pizzicato è restituito bene, in modo che ogni nota sia chiaramente identificabile e che le risonanze della cassa armonica non siano né tagliate né allungate. E’ chiaro e non dovrei nemmeno scriverlo, ma un’attitudine timbrica di questo tipo è il pane quotidiano per tutto ciò che è cantato. Convincenti sia le tante voci presenti nel Messiah di Haendel (ho usato il solito, classico, strausato Hogwood su Oiseau-Lyre) che le poche voci presenti nella Messa in Si Minore “a parti reali” (Minkoski su Naïve); divertente rilevare come i tecnici di ripresa del Messiah abbiano a volte modificato il posizionamento degli strumenti nella scena virtuale, forse per metterne alcuni in maggio risulto e come il Synthesis renda naturalmente evidenti queste manipolazioni. Più statica, invece, la scena della Messa In Si Minore che privilegia sicuramente le voci rispetto al resto dell’orchestra, timpani in particolare che risultano un po’ lontani e poco “incisivi” ai fini dell’ascolto – lo sono molto di più nell’altra esecuzione a parti reali, quella con la Petite Bande diretta da Sigiswald Kuijken su etichetta Challenge. Anche i legni hanno sempre una grande naturalezza, come mi confermano i flauti dolci presenti in molte registrazioni Telefunken, o il clarino nell’omonimo concerto di WA Mozart (Oiseay Lyre). Molto, molto ben riproposto un vinile della Oiseau Lyre a titolo Virtuoso Recorder Music, con il gruppo di flauti a becco Amsterdam Loeki Stardust Quartet, con composizioni originariamente scritte per quartetto di flauti o trascrizioni per tale gruppo musicale; i flauti a becco sono riproposti in modo molto corretto, in particolare i flauti piccoli che “picchiano” con semplicità, come accade nella realtà e alla fine diventano anche un po’ rompiscatole. Ricorderò sempre un concerto in Palazzina Liberty, qui a Milano, con i concerti per flauto di Vivaldi; fuori dalla sala c’era Eva, un pastore tedesco femmina di proprietà di due spettatrici. La palazzina Liberty ha l’ingresso diretto da strada in sala ed il cane udiva perfettamente ciò che accadeva. Ogni volta che il flautista suonava note molto acute con il flauto sopranino, il cane abbaiava furiosamente, creando ilarità tra il pubblico. Ed alla fine il flautista, sull’ultimo concerto, dopo l’annuncio, ha fatto una pausa e sorridendo ha aggiunto “sperando di non dover duettare col bau-bau del cane”; e questo ricordo l’ho riferito perché spesso sento fare affermazioni che dimostrano come ci sia poca dimestichezza con alcuni strumenti, tanto che chi crede che i flauti a becco siano quelli dolci che suonano gli scolari per apprendere la musica, hanno solo una pallida idea di quale possa essere la sofferenza di una nota acuta tenuta da un flauto piccolo suonato da uno che sa il suo mestiere. Quel flautista, ogni volta che andava a toccare certe note, alzava la gamba (non ricordo se la destra o la sinistra, ma poco cambia) e quasi appoggiava la bocca dello strumento al ginocchio, per non “sparare” il suono verso gli ascoltatori e per non “ucciderne” le orecchie. Torniamo al Synthesis. Anche la caratteristica voce di Catherine Bott non è stata da meno; l’ho ascoltata l’ultima volta dal vivo, tre anni fa, a Saint-Mâlo e la sua voce caratteristicamente un po’ afona l’ho ritrovata chiaramente nella registrazione, sempre di Oiseau-Lyre a titolo Virtuoso Italian Music, dove la Bott dà prova di grande tecnica virtuosistica (se interessa il genere, questa registrazione è stata trasferita su CD, mentre purtroppo non lo è stata la registrazione dell’Amsterdam Loeki). Ma devo onestamente dire che tutti i generi sono stati riproposti bene; ed anche a volume decisamente molto sostenuto, come con il rock (benché le registrazioni dei tempi andati certo non brillassero per dinamica; ma ascoltare Some Girls dei Rolling Stones, in particolare Miss You, a certi volumi, fa comunque una piacevole impressione). Non so se la sensibilità dichiarata da Peter Qvortrup per le sue AN E sia reale – ho sempre pensato che sia abbastanza ottimistica e che i quasi 95 db denunciati in realtà siano meno – ma è certo che con i 50 W per canale dell’ampli Synthesis il volume raggiunto è stato a tratti difficilmente sopportabile. Quel che è sicuro è che questo integrato ha preso al guinzaglio le AN E e le ha tenute per benino. Certo è che se la registrazione non è di livello adeguato, questo amplificatore lo dice chiaramente; risulta essere poco caratterizzato e caratterizzante. Il che per me è sempre molto positivo. Devo onestamente dire che è stato molto difficile farlo entrare in crisi ed è accaduto solo con due registrazioni, ovvero il Départ di Wolfgang Rihm (WienModern, DGG) ed il Miserere di Arvo Part (Hilliard, ECM). In questo caso, solo nella gamma bassa, alla richiesta di tanta energia si associa una sorta di melmosità del basso che diventa meno distinto e un po’ più monocorde; ma non c’è molto di diverso da quanto ho sentito da altri amplificatori valvolari (mi riferisco alla sezione di potenza) che, a meno di non disporre di quantità di watt notevoli (come furono i due finali mono Manley che tempo addietro provò Angelo Jasparro per altra testata), questo limite lo manifestano sempre (parlo di apparecchi passati per casa; come Audio Research, svariati Audio Note UK, o l’integrato che Audio Tekné faceva una ventina d’anni fa). Come sia spiegabile che con questi due dischi la gamma bassa crei un po’ di confusione e non accada invece con partiture tipo le Sacre du Printemps o l’Oiseau de Feu di Stravinski (uso sempre le esecuzioni di Dorati, su Decca), mi rimane difficile da capire. Mi sono dato una risposta, forse sbagliata, ma il il tappeto di bassi presente nelle due esecuzioni moderne, essendo continuo, rimane più ostico da riprodurre rispetto ai violenti colpi di grancassa che caratterizzano entrambe le registrazioni del buon Igor. Che dire ancora? Che questo amplificatore ha un costo non popolarissimo in assoluto (in tempi di crisi, tutto si vorrebbe costasse meno), ma è certamente correlato alla qualità del prodotto ed è anche competitivo rispetto alla concorrenza; che è ben costruito e ben rifinito, telecomandato e che ha una sonorità piuttosto neutra; che dispone di potenza sufficiente a smuovere buona parte dei sistemi di altoparlanti presenti sul mercato e che è ben silenzioso, così da poterlo accoppiare anche a casse acustiche di elevata efficienza. Insomma, l’Italia colpisce ancora. Domenico Pizzamiglio Prodotto da: Synthesis
Prezzo: euro 2.850,00 |
Testi e grafiche di questo sito appartengono al proprietario e non possono essere utilizzati senza autorizzazione scritta.
All contents and graphics on this site are copyright and can not be used without permission.
Audio-activity è un marchio della MGP Srl - PI 01839210158
All contents and graphics on this site are copyright and can not be used without permission.
Audio-activity è un marchio della MGP Srl - PI 01839210158