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Sei domande a Wolf von Langa, ovvero l’audio, tra passato e futuro
a cura di: Alessandro Costanzia di C.
Comincia qui un ciclo di interviste esclusive a nomi e personaggi di spicco nell’ambito della alta fedeltà più estrema, quella fuori dalle logiche commerciali più diffuse, quella che della ricerca pura su materiali e tecnologie ha fatto il proprio vessillo, e spesso partendo proprio dall’epoca d’oro dell’elettroacustica per proiettarsi con decisione nel presente, e chissà, forse anche nel futuro della riproduzione audio ...
Il protagonista di oggi è Wolf von Langa, nome notissimo agli appassionati dei sistemi ad alta efficienza e ad altissime prestazioni e uno dei più autorevoli sostenitori degli altoparlanti con bobine field-coil, ovvero elettromagnetiche. 1) Buongiorno Wolf, scorrendo la sua bella e istruttiva homepage (www.hqspeaker.com), si scopre immediatamente che la sua passione per la riproduzione musicale ha radici antiche. Si presenti brevemente ai nostri lettori, e ci racconti del suo lungo cammino, da fruitore appassionato a costruttore rinomato WvL: Ricordo che il mio primo saldatore a stagno lo tenni in mano a 8 anni e che a 9 già avevo completato il mio primo esemplare funzionante di un modello di macchina a vapore. Nello stesso anno accompagnai mio padre nella fabbrica di trasformatori, ove un amico di famiglia fece preparare per me le parti occorrenti alla fabbricazione di un “Detektor” (una specie di “radio galena”, che funziona senza corrente). Con questa primordiale radio cominciai presto a navigare nell’etere, alla ricerca di suoni e armonie provenienti da paesi lontani, e ne rimasi letteralmente rapito. A 14 anni cominciai a costruirmi i miei primi diffusori, con componenti Telefunken, Isophon e Siemens. A 16 anni completai il mio primo sistema a tromba, con calcoli e tecnologie sperimentali. A 20 il primo incarico professionale, che mi tenne occupato per più di un anno, e cioè la progettazione del primo studio digitale privato in Germania, con sala monitoraggio dotato di sistemi UREI e una sala di regia secondo Andy Munroe e quattro studi con resa acustica differenziata. Dopodiché maturai le mie capacità nell’ambito della progettazione di importanti studi di monitoring e regia commerciali. A seguire, per qualche anno mi occupai dell’apertura in proprio di alcuni negozi dedicati al nascente mercato dell’ audio “high end” nella Svizzera francofona e a Erlangen; e fu proprio il mio interesse innato per la materia e la mia insaziabile curiosità a farmi esplorare a fondo il meglio della produzione mondiale di allora, dai sistemi da cinema anni ’40 ai sistemi moderni più ambiziosi. Questo apprendistato conoscitivo durò diversi anni nei quali, contemporaneamente, accumulai una vasta raccolta personale di materiale storico professionale e da cinema. E fu proprio il continuo confronto tecnico e musicale con la migliore componentistica storica a far maturare in me la convinzione che la ricerca tecnologica applicata alla riproduzione musicale si era, in qualche modo, arenata e fermata agli anni ’60. E così decisi di saltare la barricata, da venditore a sviluppatore e costruttore, scelta che a distanza di anni, rifarei senza la minima esitazione. 2) La sua ricerca verte in prima istanza sul tentativo di coniugare emozioni musicali e alta tecnologia applicata: come si pongono i suoi prodotti attuali rispetto alle grandi realizzazioni del passato, come quelle di Altec o Western Electric?
WvL: Negli anni ’30 l’elettroacustica, cioè la scienza di trasformazione del segnale elettrico in segnale acustico, muoveva ancora i primi passi. Il primo altoparlante elettrodinamico fu sviluppato da Siemens, anche se ancora non esisteva un amplificatore capace di pilotarlo. Furono quindi gli enormi interessi commerciali nati intorno all’industria nascente del cinema sonoro a fare da motore finanziario alle case produttrici, assieme alle masse della popolazione “magneticamente” attratte dal nuovo polo di intrattenimento. E con esso cominciò a calarsi nelle disponibilità della nascente industria elettroacustica un notevole e quasi ininterrotto flusso di denaro, e, di riflesso, un periodo di ricerca tecnologica e di sviluppo dei materiali, con una fertilità intellettuale fino ad allora sconosciuta. Un primo ostacolo certamente stava nelle basse potenze elettriche disponibili, cosicché si cercarono dei “trasformatori” ad alta efficienza. Il suono andava quindi“indirizzato” e “convogliato” in una sola direzione, cioè verso il pubblico, e ciò mediante sistemi a tromba o a dipolo (Esempio classico: Siemens Klangfilm Bionor). Il risultato pratico fu la realizzazione di trasduttori con grandissima potenza magnetica e membrane particolarmente leggere e rigide, come oggi pochissimi costruttori sono in grado di produrre. Alcune “teste” particolarmente creative, uno per tutti, James B. Lansing, svilupparono non solo tipologie di altoparlanti, ma anche tecnologie di produzione esclusive e ingegnerizzazioni del tutto rivoluzionarie. I materiali allora disponibili erano pochi, e tra questi carta, alluminio, rame e ferro; materiali a mio avviso a tutt’oggi insuperati nella produzione di altoparlanti. E sono ancora gli stessi materiali, in parte ad altissimo grado di purezza, in uso nella mia manifattura, anche se coadiuvati da altri materiali nuovissimi e tecniche avanzate di simulazione, che allora, come facilmente immaginabile, neppure potevano esistere. Il meglio dei due mondi, insomma. 3) Da architetto, non posso fare a meno di notare un approccio, oltreché tecnico, anche fortemente caratterizzato dal punto di vista formale ed estetico. Materiali, fogge, composizione e linguaggio formale dei suoi manufatti mi raccontano di un forte radicamento e di un inchino riverente agli anni d’oro dell’elettroacustica, ma anche di una visione estetica futuribile, ispirata dal fascino delle macchine.
WvL: Ho sviluppato nel corso degli anni una visione personale, che unisce senza contraddirsi, veste estetica e funzionalità tecnica, e che vale per tutti gli oggetti di mia produzione. Per quanto riguarda la ricerca delle prestazioni musicali, è vero che ho tratto ispirazione da tutte le grandi realizzazioni del passato, ma ora posso affermare con una certa soddisfazione personale, che i miei ultimi altoparlanti hanno raggiunto una maturità musicale che non deve certo più nascondersi dietro i modelli di ispirazione. 4) Tecnologia“field-coil”, o bobine elettro-eccitate che dir si voglia: Pura nostalgia o espressione tecnologica, al grado massimo di applicazione? C’è un detto in elettroacustica che recita: Se la ferrite è acqua dal bicchiere, l’alnico acqua di rubinetto, le bobine field-coil sono pura acqua di fonte. E’ ancora attuale secondo lei questo motto? Anche oggi, in piena epoca dei potenti magneti al neodimio? Ci racconti qualcosa a riguardo.
WvL: La forma e il tipo del motore magnetico di un altoparlante sono una componente elementare e fondamentale per la resa acustica dello stesso. Così come un cono in kevlar ha un “suono” diverso da uno in fibra di carbonio o da uno in materiale schiumato, lo stesso principio vale per il supporto delle bobine, la sospensione circolare e lo spider. Diciamo che il magnete equivale al propellente di un automobile ... difficile immaginarsi che il suo comportamento stradale non risenta del tipo di propulsione. A parità di potenza un motore diesel si esprime, dal punto di vista dinamico, in maniera completamente differente da un’autovettura alimentata a benzina. Nell’ambito degli altoparlanti la stessa forza magnetica può essere generata in modi differenti ma la sua cedevolezza o reattività genera reazioni dinamiche della membrana assai diverse. Di grande importanza inoltre la scelta dei materiali dislocati attorno ai magneti: se l’industria audio deve accontentarsi di ferro di qualità corrente o nei casi migliori di ferro a basso contenuto di ossigeno, solo i migliori e più costosi sistemi di altoparlanti si concedono il lusso del Permendur. E per l’industria l’uso di magneti a terre rare oppure al neodimio comporta invero un notevole vantaggio di peso e costi rispetto a un magnete di ferrite al bario oppure di magneti di Alnico (cioè di alluminio, nickel e cobalto come si riscontrano nei più rinomati altoparlanti storici. N.d.R.). Per quanto riguarda invece la soluzione principe, cioè l’elettromagnete, con campo magnetico generato da un campo elettrico, questo hai dei costi estremamente alti e difficilmente sostenibili per l’industria audio moderna. L’energia necessaria al suo funzionamento rende l’altoparlante schiavo di una sorgente elettrica e inoltre l’alto contenuto di ferro ad altissima purezza lo rende costoso, pesante e di grandi dimensioni. Ma per gli appassionati incontentabili e per coloro che ricercano il meglio ad ogni costo ... non vedo alternative ... ed è a loro che io dedico la mia produzione, con dedizione, anima e corpo. 5) Altro capitolo fondamentale: la tecnologia del cabinet. Scorrendo la sua produzione ci pare evidente la sua predilizione per gli schermi “open baffle”, cioè privi di volume chiuso. E’ mai possibile che in un’epoca ultra-tecnologica come la nostra, la concezione di un cabinet scevro di risonanze spurie e parassite sia ancora una chimera? Come appassionati siamo letteralmente bombardati da pubblicità di costruttori, ognuno con la propria personale ricetta che riguarda la costruzione di cabinet sordi e solidi come un bunker della contraerea ... Le chiedo, a questo punto, se appartiene alla schiera dei costruttori come Norbert Guette e certi autorevoli progettisti di scuola francese, che adottano materiali di legno naturale, con spessori sottili e vibranti, come fossero strumenti musicali? Personalmente sono convinto che la“qualità musicale” di un materiale non sia solo una questione fisica, cioè tecnicamente misurabile, ma una questione molto più sottile.
WvL: Una volta Paul Klipsch definì un suo altoparlante a tromba un violino di Stradivari. E che a nessun liutaio al mondo sarebbe mai venuta l’idea di applicare all’interno di un suo violino un impacco di paglia per smorzarne la sonorità! Ciò nonostante il rendimento del suo trasduttore era straordinariamente alto. Ebbene l’uomo per sua natura ha un desiderio innato di ascoltare la musica in modo “corretto” e naturale, privo di artefatti. E sebbene esistano migliaia di tipologie di misurazioni, l’orecchio e il cervello umano rimangono a tutt’oggi in larga parte un territorio inesplorato. Quando i nostri amici o i nostri cari vanno ad assistere a un concerto, noi, in quanto tecnici, non possiamo minimamente predire o immaginare l’effetto che l’evento musicale potrà imprimere nella loro psiche. E allora ci mettiamo a misurare tutto il misurabile, la risposta in ampiezza e in frequenza. La fase, le distorsioni statiche. E le distorsioni parassite introdotte dal cabinet. La BBC e Martin Colloms arrivarono addirittura a pubblicare una tabella che quantificava l’energia residua trasmessa da un sistema di altoparlanti attraverso un pannello della stessa dimensioni, ma di differenti materiali, dai legni più diversi ai metalli, al piombo e all’alluminio. Analizzando le diverse tipologia costruttive dei cabinet in uso nell’industria si passa dalla costruzione leggera in stile da cassetta da frutta alle esasperazioni più estreme, un vera sagra dei materiali più esotici, dalle pietre a i materiali compositi in resina o alluminio, ma nella maggior parte dei casi riscontriamo economici materiali composti come l’onnipresente MDF. Ma se vogliamo ascoltare l’altoparlante stesso, nella sua vera natura, in un modo che superi l’eterna diatriba tra cabinet smorzato o cassa armonica vibrante, ci troviamo a riconsiderare l’antico sistema dell’emissione a dipolo. Nonostante le apparenze, un sistema a dipolo o “baffle” aperto che dir si voglia, è un sistema complesso, ingombrante e anche discretamente costoso. E ci vuole massa … non massa che “immagazzini” e smorzi l’energia vibrazionale, ma vera massa statica, un contrappunto silente all’energia vibrazionale emessa dall’altoparlante. E così il “baffle” del mio sistema A100i, concepito come“schermo sonoro”, in congiunzione con i trasduttori elettro-eccitati Kilimanjaro, semplicemente ... riempie la musica di vita. 6) Scorrendo il vasto catalogo dei suoi prodotti si evince che la maggior parte dei componenti è indirizzata all’autocostruttore evoluto, “no compromise”, tecnicamente preparato e particolarmente esigente sotto il profilo prestazionale. Com’è articolata, a tutt’oggi la Sua offerta, per quanto riguarda i prodotti finiti e i sistemi in kit di montaggio?
WvL: La tecnica di produzione dei componenti elettro-eccitati è per forza di cose estremamente impegnativa, limitata quantitativamente e piuttosto costosa e non può essere messa a disposizione di un mercato troppo ampio. Non bisogna inoltre dimenticare l’onere della continua ricerca tecnologica, tutta posta sulle spalle del costruttore. Ci sono quindi pochi spazi di manovra dal punto di vista commerciale. Ai venditori classici di hifi, un prodotto del genere non genera sufficienti profitti per destarne l’interesse, e questo indipendentemente dal suo livello qualitativo. Per quanto mi riguarda, sono oggi estremamente fiero della qualità raggiunta dai miei prodotti. .. e per ora propendo verso la faticosa via della distribuzione diretta. Per quanto riguarda il mercato estero, invece, posso benissimo immaginarmi una futura collaborazione con pochi selezionati distributori, con l’interesse ancora vivo per una riproduzione sonora all’attuale, vero stato dell’arte. Attualmente la mia produzione contempla 15 modelli di altoparlanti field-coil, due ambiziosi kit di montaggio e il sistema a due vie “open baffle”, denominato A100i “ Black &White”. (recentemente esposto a Monaco, con grande successo di pubblico ... NdR) La ringrazio per il nostro colloquio.
Alessandro Costanzia di C. Intervista esclusiva a Wolf von Langa, nel mese di novembre 2012 (Tutte le immagini di proprietà © Wolf von Langa)
A seguito, presentiamo la stessa intervista in lingua originale:
Sechs Fragen an Wolf von Langa
Guten Morgen Herr Wolf von Langa (© Wolf von Langa) ich haette mir folgende Fragen ausgedacht: 1) Herr von Langa, wenn man Ihre HP durchliest, erkennt man sofort das Besondere an Ihrem Ansatz; und zwar dass Ihre Audio-Passion tiefe Wurzeln hat. Erzaehlen Sie uns kurz ueber Ihren Werdegang vom Musikenthusiasten zum Audiokonstrukteur Mit 8 Jahren hatte ich bereits den Lötkolben in der Hand und mit 9 Jahren baute ich mein erstes Dampfmaschinen Modell. Im gleichen Jahr begleitete ich meinen Vater in die Transformatorenfabrik und ein Freund der Familie liess Teile vorfertigen für einen Detektor (Radio ohne Batteriebetrieb oder Stromzuführung). Mit diesem Detektor fischte ich im Äther und lernte Musik und Harmonien der unterschiedlichsten Kulturen kennen und fand großen Gefallen daran. Im Alter von 14 baute ich meine ersten Lautsprecher mit Telefunken, Isophon und Siemens Chassis, mit 16 waren es dann schon größere und eigens berechnete Hornsysteme. Anfang 20 bekam ich meinen bis dahin größten Auftrag der mich über 1 Jahr beschäftigte. Ich errichtete das erste private Digital-Tonstudio in Deutschland mit einer Urei Abhöranlage und einem Regieraum nach Andy Munroe sowie 4 akustisch verschieden gestaltete Räume. Kurz darauf erhielt ich den Auftrag ein kommerzielles Studio auszubauen. Nach einem kurzen Ausflug in die damals junge deutsche High End Szene eröffnete ich Ladengeschäfte in der Fränkischen Schweiz und in Erlangen. Mein stetes Interesse an hochwertigen Musikwiedergabesystemen und meine unerschöpfliche Neugier bescherte mir das Kennenlernen aller Marken mit Rang und Namen, aus den 40ern wie auch der Moderne. Es dauerte Jahre alle modernen Systeme auszuprobieren und aus der Erinnerung heraus und aus meiner privaten Sammlung alter Kinolautsprecher, die stetig anwuchs, wurde mir immer klarer, dass speziell die Lautsprecherkonstrukteure seit den 50er Jahren nicht viel dazu gelernt haben. Ich entschied mich in das Lager der Entwickler und Hersteller zu wechseln und bereue diese Entscheidung bis heute nicht. 2) Ihr Bemuehen ist vordergruendig ein emotionales Anliegen in stark technischem Gewand: wie stellen sich ihre eigenen Produkte zu den historischen Vorbildern von Altec oder Western Electric? Die Umsetzung von elektrischer in akustische Energie steckte in den 30er Jahren in den Kinderschuhen. Der erste elektrodynamische Lautsprecher wurde von Siemens entwickelt aber es gab keinen elektrischen Verstärker, der diesen betreiben konnte. Der wirtschaftliche Faktor entstand mit der Filmindustrie oder "als die Bilder laufen" lernten. Die Massen wurden "magnetisch" in die Filmvorführungen gezogen und das Geld regnete auf die Filmindustrie und die Zulieferer herab. Jetzt wurden Entwicklungen ohne Scheu vor Materialeinsatz realisiert. Nachdem vorerst nur geringe elektrische Leistung zur Verfügung stand baute man "Umsetzer" mit hohem Wirkungsgrad. Der Schall wurde in eine Richtung gezwungen und gebündelt - der Horneffekt und der Dipol wurde genutzt um die akustische Ausbeute so groß wie möglich zu gestalten. Das Ergebnis waren Schallwandler mit starken Antrieben und Membranen wie sie heute nur noch von wenigen Herstellern gefertigt werden. Ein paar kreative Köpfe, unter ihnen J. B. Lansing, entwickelte nicht nur Formen sondern auch Fertigungs- und Verfahrenstechniken. Damals stand nur eine begrenzte Auswahl an Materialien zur Verfügung wie zum Beispiel Papier, Aluminium, Kupfer und Eisen. Diese Werkstoffe behaupten sich allerdings bis heute als hervorragende Materialien für den Lautsprecherbau. Genau diese Materialien, teils in hochreiner Form, verwende ich für meine Fertigung. Zusätzlich verwende ich moderne Stoffe und Simulationstechniken, die es damals nicht gab. Sozusagen das Beste aus beiden Welten. 3) Als Architekt erkenne ich auch eine stark aesthethisierten Ansatz, die ausgewaehlten Materialien, die Zusammensetzung, die Formensprachen, erzaehlen mir von einem ganzheitlichen Ausrichtung, ein Blick in die Zukunft und zugleich eine starke Verwurzelung mit der grossen historischen Aera der amerikanischen Elektrotechnik der 40er und 50er Jahre. Aus meiner Sicht passt die Ästhetik und die Funktionalität vieler hochwertiger Entwicklungen und Produkte zusammen, für jedes Objekt oder jede Maschine auf eigenartige und bestimmte Weise. So waren einige historische Modelle aufgrund der Klangeigenschaften und Ausarbeitung Vorbilder, heute habe ich meinen eigenen Stil gefunden und fertige Lautsprecher mit hervorragenden Eigenschaften und Messwerten, die sich auch klanglich nicht hinter den Vorbildern verstecken müssen. 4) Feldspulentechnik: Nostalgie oder High Tech? Es gab da mal einen Spruch... Ferrit ist Wasser vomGlas, Alnico Wasser vom Hahn, Feldspule Wasser von der Quelle ... Ist das heute noch aktuell? auch in zeiten der Neodym - Magneten? Erlaeutern Sie uns diesen Aspekt ... Die Form und Art des Antriebes beim Lautsprecher stellt eine seiner elementaren Eigenschaften dar. So wird eine Kevlar Membran immer anders klingen als ein Karbonfaser Konus und dieser wiederum anders klingen als ein geschäumter Kegel. Das selbe gilt für den Schwingspulenträger, die Randeinspannung oder die Zentrierung. Man könnte nun den Werkstoff Magnet mit dem Kraftstoff eines Automobils vergleichen und meinen, dieser würde sich nicht auf die statische Bewegung auswirken. Führt man sich diesen Vergleich vor Augen wird jedoch rasch deutlich wo die Unterschiede sein könnten. In der Tat verhält sich ein mit Diesel betriebener Motor dynamisch komplett anders als ein mit Benzin betriebener. So kann zwar die gleiche Kraft mit unterschiedlichem Magnetmaterial erzeugt werden, die Nachgiebigkeit oder Härte des Magnetfeldes ist jedoch Grund verschieden. Natürlich spielen auch die den Magnet umgebenden Materialien eine Rolle. So verwendet die Industrie normales oder Kohlenstoff armes Eisen, sehr teure Lautsprecherantriebe enthalten manchmal Permendur. Seltene Erden Magnete oder Neodymium hat einen erheblichen Gewichtsvorteil denn die benötigte Menge für eine definierte Kraft beträgt nur einen Bruchteil des Gewichtes eines vergleichbaren Barium Ferrit oder Alnico Magneten. Der Elektro Magnet hat keine kommerzielle Bedeutung mehr. Der Materialeinsatz ist für heutige Verhältnisse extrem hoch. Die notwendige Energie macht ihn immobil und die Herstellung mit reinem Eisen macht ihn groß, schwer und teuer. Aber die Enthusiasten, diejenigen die nur mit dem allerbesten zufrieden sind und das Maximale suchen, denen widme ich mich mit der Fertigung des Machbaren. 5) Gehaeusetechnik: Wir erkennen Ihre Vorliebe fuer offene Schallwaende ... Ist auch heute, im Techno-Zeitalter ein mundtotes Cabinet nicht denkbar? Als Endkundenr sehen in der traditionellen Hifitechnik einen schier unglaubliches Aufgebot an X-Materialien, die angeblich jede Gehaeuseresonaz erfolgreich bekriegen sollte ... Ein technischer Irrgang? Gehoeren auch Sie der Fraktion der Konstrukteure - wie Norbert Guette oder so mancher Franzose... mit deutlichen Vorlieben an schwingenden, musikalischen Gehaeusen..? Da ich persoenlich vom massgebenden Einfluss der Gehaeusematerialen auf den Klang ueberzegt bin, bitte ich Sie um Ihre Stellungnahme. Paul Klipsch verglich sein Horn einem mit einer Stradivari Geige. Niemand würde je auf die Idee kommen einen Strohsack an die Decke oder den Boden der Geige zu hängen, um diese zu bedämpfen. Er erwähnte aber nicht, dass sein Basslautsprecher einseitig auf ein geschlossenes Gehäuse arbeitete. Trotzdem erzielte er mit seiner Konstruktion einen außergewöhnlich guten Wirkungsgrad. Der Mensch möchte richtig hören. Es gibt für fast alles Messmethoden. Das Ohr und seine Organe sind immer noch medizinisches Brachland. Selbst wenn wir mit unserer Liebsten in ein Konzert gehen wissen wir nicht ansatzweise welche Gefühle oder Eindrücke dieses Klanggemälde bei ihr auslöst. Also messen wir was wir messen können. Den Amplitudenfrequenzgang. Die Phase. Einige statisch aufgenommene Verzerrungen. Dabei entdeckte man unter anderen den Schalldurchgang und manche behaupten seit Jahren, dieser wäre die Ursache für den Eigenklang. Bei intensiver Betrachtung des Lautsprecherbaus sieht man Gehäusekonstrukte. Von der mitschwingenden Bananenkiste bis zum selbst ernannten High-Tech Zirkus um Aluminium, Stein oder Kunststoff Verbundmaterialien (meist preiswerte Industriewerkstoffe wie MDF). Möchte man aber den Lautsprecher alleine zur Klangreproduktion, abseits von schwingenden oder Energie schluckenden Kästen, so kommt man wieder zu der ursprünglichen Reproduktionsmethode, dem Dipol zurück. Er ist groß, er ist schwer und allem Anschein zum Trotze, teuer. Denn nicht der Dipol soll den Klang herbei zaubern sondern die darin verwendeten Lautsprecherchassis. Und ohne Masse geht hier gar nichts. Nicht Masse in bewegter Form oder gar als Energiespeicher - sondern Masse als Gegenpol zur Schwingungsenergie. Ich setze also die aus der angewandten Technik resultierenden Eigenschaften positiv ein und verwende die Masse meiner Antriebskonzepte als Ruhepol der Klangentstehung. Mein Schallwand Design in Verbindung mit den fremd erregten Kilimanjaro-Series Lautsprechern füllt Musik mit Leben. 6) Ihr Angebot an leistungsstarken Chassis richtet sich dzt vor allem an sehr ambitionierte Selbstbauer oder an einige Hersteller im hoeheren Preissegment: Was koennen Sie jetzt oder in absehbarer Zeit an Fertigprodukten oder als Bausatz anbieten? Die Technik der fremd Erregung ist aus ökologischer Sicht zu aufwändig um sie jedem zur Verfügung stellen zu können. Das ergibt sich einerseits aus dem Aufwand und andererseits aus den gefertigten Stückzahlen. Der klassische Zusammenhang von Angebot und Nachfrage belastet diejenigen Hersteller, die eigene Forschung und neue Fertigungsmethoden entwickeln und lässt die Kalkulationspraxis der heutigen Handelshäuser nicht zu. Hier werden alle Entscheidungen nur noch auf Basis des Profits getroffen. Demzufolge werden nur sehr wenige Händler auf meine Produkte aufmerksam und der geringe Verdienst wird mit Missachtung und Gegenargumenten bestraft. Wes Brot ich ess' des Lied ich sing' - ein altes Sprichwort mit viel Wahrheitsgehalt. Ich bin von der Qualität meiner Produkte überzeugt. Auch wenn es der mühsame Weg ist, ist der Direktvertrieb das heutige Geschäftsmodell. Im Ausland kann ich mir aber durchaus engagierte Partner vorstellen, die den eigenen Markt kennen und bedienen möchten und das Interesse wirkliches State-of-the-art zu vertreten und zu vertreiben nicht verloren haben. Im Jahr 2012 ist die Kilimanjaro-Series Modellauswahl auf stattliche fünfzehn Feldspulen Lautsprecher gestiegen und es sind zwei Bausätze sowie die Schallwand Wolf von Langa A100i 'Black & White' verfügbar. Ich bedanke mich für das Gespraech. November 2012 (Bildmaterial: © Wolf von Langa) |