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Cosa significa registrare?
Parte prima
N.d.E.: Questo è l'inizio della collaborazione di Andrea Von Salis con Audio-activity.com.
Si parte alla grande, come si suol dire, con una serie di articoli estremamente interessanti sulle metodologie di ripresa del suono, decisamente fuori dall'ordinario. Buona lettura a tutti. Questo scritto segue un primo articolo pubblicato dalla rivista Suono nel 1995 a mia firma ove mi ponevo la seguente domanda. Perché pur registrando con le migliori tecnologie presenti al momento se nel concerto originale si percepiva in certi momenti quella “magia” estatica che rapisce tutto il pubblico, riportato a casa ed ascoltato sempre con apparecchiature eccellenti e un sistema lineare entro +/- 2 dB da 40 Hz a 20.000 Hz tale magia non era più presente? Frequentando musicisti e talvolta organizzando delle serate musicali dal vivo, spesso poi arrivava la frase del musicista di turno, che ascoltando anche il sistema audio riferiva “si ma il suono live è un'altra cosa”. Nell'immediatezza della concerto “da camera” non potevo che dargli ragione. Cosa manca dunque alla registrazione o alla riproduzione per ricreare anche la “magia”?
Sistema di registrazione dei tempi: Shoeps, cavi AVS anche a conduttore liquido costruiti ad hoc, Millenia, DAT Pioneer a 96 kHz 18 Bit e Tascam multitraccia digitale sempre a 96 kHz 24 bit: Sistema di riproduzione dei tempi, misurato dallo staff di Suono, con Martin Logan Quest, finali Spectral, pre Cello, pre phono Cello, Sota Star Sapphire con SME V e testina Lyra Clavis. Compiendo un salto temporale di circa 25 anni e varie peripezie concettuali, penso di avere trovato una risposta alla precedente questione. Parto dal risultato citando proprio Angelo Jasparro che esprime il suo giudizio un anno fa circa il confronto tra una esecuzione di pianoforte appena eseguita e registrata in loco e la riproduzione con due Neumann O120, cavi AVS, DAC RME e software di equalizzazione, controllo temporale e analisi spettrale a 12esimi di ottava AVS Professional: “Poi siamo passati ad ascoltare la registrazione. Cosa volete che vi dica, credevo di essere preparato dall'ascolto precedente, ma non lo ero abbastanza. E' stato come riavvolgere un film, dal quale è stata tolta, con un effetto speciale, la pianista. Il suono era praticamente indistinguibile da quello appena ascoltato. Credo che chiunque, per quanto possa avere le orecchie allenate, se avesse avuto davanti una tenda, avrebbe potuto confondere le esibizioni di Elena e quella dell'impianto. Non avrei mai pensato possibile una cosa simile. Ho assistito in passato a simili confronti (tanti anni fa, invero), ma mai con risultati paragonabili a questo.” In effetti, se me lo consentite, anche io che conosco tutto il sistema e il pianoforte, spesso ascoltando queste registrazioni che ho definito tecnicamente “in doppio binaurale” mi lascio sorprendere dalla bellezza del suono e da come esso si propaga nello spazio di fronte a me. Avendo il pianoforte esattamente tra i diffusori io “devo” togliere il leggio perché talvolta si ha la netta impressione che il suono provenga da dentro il piano, si rifletta contro il coperchio e giunga a me come una perla di suono. Se non tolgo il ripiano per gli spartiti mi si manifesta una sorta di dissonanza cognitiva (vista vs udito) dovuta al fatto che sembrerebbe che il suono passasse attraverso quel legno e ciò mi disturba. Del resto, in prossimità dei 60 anni, o raggiungevo il fine di poter ascoltare il mio pianoforte come fosse suonato dal vivo di fronte a me o non mi sarei messo a produrre registrazioni. Tre sono ora disponibili, su chiavetta e on line. La produzione su chiavetta è riservata ai pochi “collezionisti” che desiderano avere il clone master della registrazione con libretto firmato olografo dall'artista e da me, numerate da 1 a 100. Si tratta di due registrazioni di pianoforte, una con il mio (Steinway A accordato a 432 Hz da Roberto Solofrizzo, accordatore del Teatro alla Scala) nel mio studio, una con uno Steinway D (440 Hz) da concerto messo a punto da Gianfranco Griffa registrato nel suo studio, ed una terza registrazione di arpa (Lyon & Healy accordata a 432 Hz) effettuata nel mio studio. Gli artisti, Carlo Balzaretti, Costantino Catena e Floraleda Sacchi mostrano curricula e riconoscimenti internazionali oltre ad avere già registrato con varie altre case discografiche di riferimento. Fossi un collezionista comprerei subito tutte e tre le produzioni con il medesimo numero a scatola chiusa... ma parlo in pieno conflitto di interessi! Tra altro, le copertine (tipo libretto per CD) mostrano tutte e tre opere del pittore Vittorio Magnani, noto alla critica internazionale negli anni 50-80, poi caduto nel dimenticatoio per il suo carattere molto scontroso con i critici. Secondo me artista eccezionale. Ora però, sia pure brevemente, vorrei descrivere come sono giunto a tali risultati. Procedo con uno “schema a blocchi” per semplificare l'iter concettuale. 1. Anni fa discorrendo con Ken Ishiwata in presenza di un pubblico lo stesso si rivolse ad esso con la domanda: “nel campo audio quale è la prima forma di realtà virtuale che conosciamo?” il pubblico di area “audiophile” restò vagamente interdetto finché non gli dissi: ”beh, l'immagine stereofonica”. Mi guardò sorridendo e rivolgendosi al pubblico confermò: “si certo, si tratta di una ricostruzione di un evento sonoro virtuale da parte del cervello”. Questo punto è il fondamento da tenere sempre presente. Che per chiarire è questo fenomeno: non c'è nessun cantante rock li in mezzo ai diffusori anche se noi parliamo di nitidezza dell'immagine, concretezza, plasticità etc. Anzi, appunto tutto il nostro ricercare e commentare sistemi e componenti audio riguarda nell'essenza cercare di descrivere come il sistema audio (che comprende il locale) interagisca con il nostro cervello al fine di fargli ricostruire una realtà virtuale sonora che troviamo entusiasmante, e sottolineo entusiasmante, sia per “realismo” sia per “coinvolgimento”. Andrea von Salis Fine prima parte - vai alla seconda parte |