Boulder 1008
Ci
sono cose che, nel loro piccolo, fanno piacere. Come quando, per
esempio, incontrate un distributore di apparecchiature audio per
ritirare un componente di livello medio da provare e, intanto che
chiacchierate del più e del meno, vi sentite proporre, oltre
all'apparecchio concordato, un pre phono Boulder da 14.000 euro.
Inaspettato ma benvenuto, ovviamente! Parliamoci chiaro: il mestiere
del recensore può essere entusiasmante ma anche tremendamente
noioso. Ci sono apparecchi, sul mercato, che possono essere definiti
“superflui” senza tema di smentita. Voi li ascoltate, li
ascoltate e li ascoltate ancora ma la pagina del notes resta bianca
perché non c'è un guizzo, uno spunto che li distingua dalla massa.
Alla lunga, dopo tanti ascolti, si riescono ad estrapolare pregi e
difetti e le pagine, sebbene a fatica, si riempiono abbastanza da
poter scrivere una recensione. Vi sono, al contrario, apparecchi che
appena accesi stimolano la vostra attenzione, vi incollano al divano
e vi costringono a provare i vostri dischi migliori (e non solo
quelli). Sembra che la sete di musica non si voglia placare e ciò
che ascoltate assume colori nuovi, da ammirare con attenzione e
curiosità. Poi, con calma e col tempo (diffidate sempre di quelli
che vi fanno il ritratto di un componente audio dopo un quarto d'ora
di ascolto - e ci sono), capirete se le differenze che state
ascoltando siano un miglioramento del risultato globale o, al
contrario, magari solo colorazioni aggiunte, piacevoli in un primo
tempo, irritanti in seguito.
Checché ne dicano i “misuroni”, l'ascolto di musica non è una scienza esatta e, seppure almeno i fondamentali dovrebbero essere patrimonio comune a tutti, le piccole differenze tra apparecchi possono essere giustificate dal gusto personale. Del resto, sono certo che se mille audiofili si recassero ad un concerto di musica amplificata e potessero mettere le mani sull'impianto voci, avremmo almeno 950 equalizzazioni diverse, con le restanti 50 uguali per la semplice legge delle probabilità. Tra la categoria di apparecchi che definisco intriganti, non possiamo non mettere lo stadio fono che abbiamo in prova oggi.
Checché ne dicano i “misuroni”, l'ascolto di musica non è una scienza esatta e, seppure almeno i fondamentali dovrebbero essere patrimonio comune a tutti, le piccole differenze tra apparecchi possono essere giustificate dal gusto personale. Del resto, sono certo che se mille audiofili si recassero ad un concerto di musica amplificata e potessero mettere le mani sull'impianto voci, avremmo almeno 950 equalizzazioni diverse, con le restanti 50 uguali per la semplice legge delle probabilità. Tra la categoria di apparecchi che definisco intriganti, non possiamo non mettere lo stadio fono che abbiamo in prova oggi.
La prima volta nella quale ho sentito parlare di Boulder come uno dei principali progettisti di Hi-End al mondo, sebbene già producesse amplificatori rinomati in America, è stata in seguito al lancio del pre phono 2008, durante il CES del 2002 e che avrò occasione di ascoltare qualche anno dopo qui in Italia. Di Boulder abbiamo parlato brevemente in occasione della recensione del preamplificatore 810. In questa sede ci piace ricordare che anche i modelli della vecchia Serie 2000, introdotti ormai una quindicina di anni fa, sono ancora sul mercato, a testimonianza dell'elevata qualità dei progetti e, da non sottovalutare, garantendo una sostanziale tenuta dei prezzi sul mercato dell'usato, sul quale infatti non è frequente trovare apparecchi Boulder.
Ne possiamo dedurre, se ce ne fosse bisogno, che non sia semplice fare ulteriori passi avanti nella ricerca del Santo Graal del suono. Facciamo un passo indietro e ricordiamo che Boulder è stata fondata da Jeff Nelson nella prima metà degli anni '80 ed inizialmente si occupava solo di amplificazioni per uso professionale. Come spesso avviene, il passo verso le applicazioni “home” è stato breve ed anche molto ben accolto dal pubblico. Particolarità delle elettroniche Boulder è l'uso degli stadi di guadagno proprietari, contenuti nelle Serie 2000 e 1000.
Ne possiamo dedurre, se ce ne fosse bisogno, che non sia semplice fare ulteriori passi avanti nella ricerca del Santo Graal del suono. Facciamo un passo indietro e ricordiamo che Boulder è stata fondata da Jeff Nelson nella prima metà degli anni '80 ed inizialmente si occupava solo di amplificazioni per uso professionale. Come spesso avviene, il passo verso le applicazioni “home” è stato breve ed anche molto ben accolto dal pubblico. Particolarità delle elettroniche Boulder è l'uso degli stadi di guadagno proprietari, contenuti nelle Serie 2000 e 1000.
Parliamo quindi del pre phono modello 1008, nato dopo l'enorme successo di critica e pubblico del 2008, per offrire un apparecchio dal costo meno estremo ma dalle prestazioni che non lo facessero rimpiangere troppo. Anche questo pre contiene i famosi moduli Boulder (in questo caso i 955, sviluppati appositamente), incapsulati in in guscio di alluminio aerospaziale. La lavorazione dei massicci chassis è effettuata dalla stessa Boulder, che possiede i macchinari CNC per la loro produzione.
Il frontale è piuttosto ricco di funzioni e la cosa è piuttosto anomala nel caso dei preamplificatori fonografici, Da sinistra verso destra troviamo i selettori, costituiti da tasti cromati e lucidati a specchio, per i due ingressi, esclusivamente bilanciati, come in tutti gli apparecchi Boulder. Non sono previsti collegamenti diversi e se siete costretti agli RCA potete usare gli adattatori che la stessa Boulder fornisce. In compenso potete usare due bracci con due diverse testine, potendo regolare separatamente il carico dei due ingressi. Vi sono poi il tasto per la monofonia, indispensabile per il corretto ascolto dei dischi incisi con questa tecnica, ed il filtro subsonico, che attiva un filtro passa-basso a 18 dB per ottava, attenuando di 3 dB i 10 Hz. Al centro, nel tradizionale incavo che distingue le amplificazioni di Boulder, i 3 LED per le equalizzazioni alternative alla solita RIAA: EMI, Columbia, FFRR. Sulla destra troviamo poi i tasti per il ritorno alla RIAA, per l'impostazione delle alternative, il mute ed il tasto di accensione dell'apparecchio.
Il retro vede, invece: la vaschetta IEC per l'alimentazione, sormontata dall'interruttore generale, il fusibile, due uscite stereo bilanciate, i due ingressi e due contatti di massa. Sotto gli ingressi vi sono le 4 schedine estraibili che permettono di selezionare il guadagno a scelta tra MM ed MC e, tramite saldatura di resistenze i cui valori sono indicati nel manuale d'istruzioni, di variare impedenza di ingresso e capacità. Il valore di serie della resistenza installata è 100 Ohm, mentre il guadagno addizionale dello stadio MC è di 26 dB. La capacità dell'ingresso MM è di 50 pF ed il guadagno 44 dB. Possiamo tranquillamente affermare che il guadagno degli stadi MC, che ammonta a 70 dB, è in grado di amplificare in modo più che soddisfacente anche testine a bassa uscita, senza dover costringere all'adozione di un step-up,se si è del partito dell'amplificazione attiva. Tra l'altro, questo Boulder risulta particolarmente silenzioso.
Queste le caratteristiche tecniche dichiarate:
PHONO INPUTS 2 Balanced, Converts to Unbalanced
INPUT Z MC: 1000, MM: 47K Ohms max
1KHZ GAIN MC: 70, MM: 44 dB
FREQ RESPONSE RIAA: ±0.10 dB, 20 Hz to 20 kHz
DISTORTION 0.01% THD
NOISE (EIN) MC: 98 nanovolts, 20-20k Hz
MAX OUTPUT 16 V
CROSSTALK >100 dB, 20-20k Hz
OUTPUTS 2 Balanced, use as Main or Record
SIZE 18.00 wide, 5.00 high, 15.85 deep (in.)
WEIGHT 32, Shipping: 41 Pounds
POWER 50-60 Hz, 30W
La foto dell'interno che vedete qui sotto dimostra l'estrema ingegnerizzazione dei circuiti, fuori dalla portata dei moti artigiani, seppure di valore, che popolano il mondo dell'audio.
L'apparecchio era nuovo ed ho quindi ritenuto opportuno effettuare un certo rodaggio, lasciandolo acceso ininterrottamente per qualche giorno. Essendo in possesso di un cavo phono bilanciato, non ho dovuto impiegare gli adattatori forniti da Boulder. Inoltre, la mia Lyra Kleos lavora benissimo con un carico di 100 Ohm e non ho quindi dovuto lavorare sulle schede d'ingresso per modificarlo.
Il frontale è piuttosto ricco di funzioni e la cosa è piuttosto anomala nel caso dei preamplificatori fonografici, Da sinistra verso destra troviamo i selettori, costituiti da tasti cromati e lucidati a specchio, per i due ingressi, esclusivamente bilanciati, come in tutti gli apparecchi Boulder. Non sono previsti collegamenti diversi e se siete costretti agli RCA potete usare gli adattatori che la stessa Boulder fornisce. In compenso potete usare due bracci con due diverse testine, potendo regolare separatamente il carico dei due ingressi. Vi sono poi il tasto per la monofonia, indispensabile per il corretto ascolto dei dischi incisi con questa tecnica, ed il filtro subsonico, che attiva un filtro passa-basso a 18 dB per ottava, attenuando di 3 dB i 10 Hz. Al centro, nel tradizionale incavo che distingue le amplificazioni di Boulder, i 3 LED per le equalizzazioni alternative alla solita RIAA: EMI, Columbia, FFRR. Sulla destra troviamo poi i tasti per il ritorno alla RIAA, per l'impostazione delle alternative, il mute ed il tasto di accensione dell'apparecchio.
Il retro vede, invece: la vaschetta IEC per l'alimentazione, sormontata dall'interruttore generale, il fusibile, due uscite stereo bilanciate, i due ingressi e due contatti di massa. Sotto gli ingressi vi sono le 4 schedine estraibili che permettono di selezionare il guadagno a scelta tra MM ed MC e, tramite saldatura di resistenze i cui valori sono indicati nel manuale d'istruzioni, di variare impedenza di ingresso e capacità. Il valore di serie della resistenza installata è 100 Ohm, mentre il guadagno addizionale dello stadio MC è di 26 dB. La capacità dell'ingresso MM è di 50 pF ed il guadagno 44 dB. Possiamo tranquillamente affermare che il guadagno degli stadi MC, che ammonta a 70 dB, è in grado di amplificare in modo più che soddisfacente anche testine a bassa uscita, senza dover costringere all'adozione di un step-up,se si è del partito dell'amplificazione attiva. Tra l'altro, questo Boulder risulta particolarmente silenzioso.
Queste le caratteristiche tecniche dichiarate:
PHONO INPUTS 2 Balanced, Converts to Unbalanced
INPUT Z MC: 1000, MM: 47K Ohms max
1KHZ GAIN MC: 70, MM: 44 dB
FREQ RESPONSE RIAA: ±0.10 dB, 20 Hz to 20 kHz
DISTORTION 0.01% THD
NOISE (EIN) MC: 98 nanovolts, 20-20k Hz
MAX OUTPUT 16 V
CROSSTALK >100 dB, 20-20k Hz
OUTPUTS 2 Balanced, use as Main or Record
SIZE 18.00 wide, 5.00 high, 15.85 deep (in.)
WEIGHT 32, Shipping: 41 Pounds
POWER 50-60 Hz, 30W
La foto dell'interno che vedete qui sotto dimostra l'estrema ingegnerizzazione dei circuiti, fuori dalla portata dei moti artigiani, seppure di valore, che popolano il mondo dell'audio.
L'apparecchio era nuovo ed ho quindi ritenuto opportuno effettuare un certo rodaggio, lasciandolo acceso ininterrottamente per qualche giorno. Essendo in possesso di un cavo phono bilanciato, non ho dovuto impiegare gli adattatori forniti da Boulder. Inoltre, la mia Lyra Kleos lavora benissimo con un carico di 100 Ohm e non ho quindi dovuto lavorare sulle schede d'ingresso per modificarlo.
Il 1008 è stato inserito nel seguente impianto:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Lyra Kleos, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, cavo USB MIT SL-Matrix USB, cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
Dopo un primo rodaggio, che ho descritto in precedenza, comincio con l'ascolto di vecchi vinili, giusto per far passare un po' di segnale elettrico attraverso i circuiti del Boulder. Ad un certo punto decido di riascoltare “La Luna” di Angelo Branduardi (RCA). Un bellissimo disco che anche i nostri amici all'estero dovrebbero poter trovare usato in qualche sito internazionale di vendite. Non è mai uscito su CD. Da subito, alle prime note di chitarra, un pugno in faccia mi stende sul divano, lo sguardo si posa sul Boulder che, con un ghigno degno di Hannibal Lecter sembra dire: “Hai sfidato la sorte, hai voluto portarmi a casa? Ora ti mostro cosa c'è nei solchi dei tuoi amati dischi. Tu ascolta e taci ...” Ed infatti, ecco provenire dalle JBL suoni di strumenti a corda che non avevo mai apprezzato così in tanti anni (il disco è del 1976), che si sviluppano in uno spazio ampio, più ampio della stanza nella quale mi trovo. In crisi mistica, a fine disco, faccio una cosa che non mi capita mai quando ascolto per recensire: scelgo un altro disco dello stesso artista. E' il turno de “La pulce d'acqua”, dello stesso Branduardi, appunto. Sono nato col vinile, dapprima quello a 45 giri da infilare nel mangiadischi arancione e poi coi 33 giri da appoggiare delicatamente sul mio Sgarrar Zero 100 SB (prima c'era un cambiadischi Qual ma non ricordo il modello) e da allora di passi avanti ne ho fatto più di qualcuno ma … che ci fosse ancora tanto da scoprire non era prevedibile.
Passo ad “It Always Will Be” di Willie Nelson (Lost Highway), un disco che amo molto e che ogni tanto cito. Subito la voce del cantautore texano appare più ricca di armoniche rispetto al mio riferimento. Sembra anch'essa uno strumento musicale, accordato meglio del solito alla band. Una sensazione inspiegabile, che fatico a mettere per iscritto. Le note inferiori del basso scendono maggiormente rispetto al consueto, mantenendosi però salde, precise e ferree come dal vivo. Guardo l'orologio e mi accorgo che il tempo è volato, è quasi mezzanotte. Il volume è ancora quello di un concerto live; ascolto musica ininterrottamente da oltre 3 ore e continuo a scoprire nuove sonorità. I circa 1500 vinili che mi guardano dallo scaffale diventano un enorme territorio da esplorare nuovamente.
La versione a 45 giri di “Way Out West” di Sonny Rollins (Analogue Productions) presenta un sax dinamico e ben proiettato verso l'ascoltatore, un suono di batteria dotato di grande forza (per quanto la registrazione permetta) ed un contrabbasso praticamente perfetto
Nel Miserere di Arvo Pärt (ECM) il basso sembra guadagnare mezza ottava nelle note più gravi. Dinamica e velocità, che spesso verifico con la “Suite Española” di Albeniz, suonato dalla New Philharmonia Orchestra diretta da Frühbeck De Burgos (The Super Analogue Disc), sono di ottimo livello. L'estremo acuto risulta piuttosto dolce, tanto da – utilmente – attenuare un po' il soffio emesso dallo scorrere della puntina nel solco e persino alcuni difetti di stampa o di dischi non perfettamente puliti. Malgrado ciò, non ne soffrono né l'aria tra gli strumenti, né la ricostruzione scenica, che sono sempre di livello stratosferico.
Si diceva, durante la presentazione del 1008, delle equalizzazioni possibili. Potevamo non provarle? Prendiamo un vecchio disco EMI “Béla Bartók, Konzert Für Violine und Orchester Nr. 1”, nel quale Antal Dorati dirige Yehudi Menhuin e la New Philharmonia Orchestra di Londra. Il violino, che ascoltato con la curva RIAA somiglia più ad una viola dal suono un po' inscatolato, improvvisamente si libra nell'aria, mentre l'orchestra si allarga oltre i diffusori ed un suono che sembrava “vecchio” e irrimediabilmente mal registrato, acquista lo splendore delle migliori registrazioni dell'epoca.
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Lyra Kleos, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, cavo USB MIT SL-Matrix USB, cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
Dopo un primo rodaggio, che ho descritto in precedenza, comincio con l'ascolto di vecchi vinili, giusto per far passare un po' di segnale elettrico attraverso i circuiti del Boulder. Ad un certo punto decido di riascoltare “La Luna” di Angelo Branduardi (RCA). Un bellissimo disco che anche i nostri amici all'estero dovrebbero poter trovare usato in qualche sito internazionale di vendite. Non è mai uscito su CD. Da subito, alle prime note di chitarra, un pugno in faccia mi stende sul divano, lo sguardo si posa sul Boulder che, con un ghigno degno di Hannibal Lecter sembra dire: “Hai sfidato la sorte, hai voluto portarmi a casa? Ora ti mostro cosa c'è nei solchi dei tuoi amati dischi. Tu ascolta e taci ...” Ed infatti, ecco provenire dalle JBL suoni di strumenti a corda che non avevo mai apprezzato così in tanti anni (il disco è del 1976), che si sviluppano in uno spazio ampio, più ampio della stanza nella quale mi trovo. In crisi mistica, a fine disco, faccio una cosa che non mi capita mai quando ascolto per recensire: scelgo un altro disco dello stesso artista. E' il turno de “La pulce d'acqua”, dello stesso Branduardi, appunto. Sono nato col vinile, dapprima quello a 45 giri da infilare nel mangiadischi arancione e poi coi 33 giri da appoggiare delicatamente sul mio Sgarrar Zero 100 SB (prima c'era un cambiadischi Qual ma non ricordo il modello) e da allora di passi avanti ne ho fatto più di qualcuno ma … che ci fosse ancora tanto da scoprire non era prevedibile.
Passo ad “It Always Will Be” di Willie Nelson (Lost Highway), un disco che amo molto e che ogni tanto cito. Subito la voce del cantautore texano appare più ricca di armoniche rispetto al mio riferimento. Sembra anch'essa uno strumento musicale, accordato meglio del solito alla band. Una sensazione inspiegabile, che fatico a mettere per iscritto. Le note inferiori del basso scendono maggiormente rispetto al consueto, mantenendosi però salde, precise e ferree come dal vivo. Guardo l'orologio e mi accorgo che il tempo è volato, è quasi mezzanotte. Il volume è ancora quello di un concerto live; ascolto musica ininterrottamente da oltre 3 ore e continuo a scoprire nuove sonorità. I circa 1500 vinili che mi guardano dallo scaffale diventano un enorme territorio da esplorare nuovamente.
La versione a 45 giri di “Way Out West” di Sonny Rollins (Analogue Productions) presenta un sax dinamico e ben proiettato verso l'ascoltatore, un suono di batteria dotato di grande forza (per quanto la registrazione permetta) ed un contrabbasso praticamente perfetto
Nel Miserere di Arvo Pärt (ECM) il basso sembra guadagnare mezza ottava nelle note più gravi. Dinamica e velocità, che spesso verifico con la “Suite Española” di Albeniz, suonato dalla New Philharmonia Orchestra diretta da Frühbeck De Burgos (The Super Analogue Disc), sono di ottimo livello. L'estremo acuto risulta piuttosto dolce, tanto da – utilmente – attenuare un po' il soffio emesso dallo scorrere della puntina nel solco e persino alcuni difetti di stampa o di dischi non perfettamente puliti. Malgrado ciò, non ne soffrono né l'aria tra gli strumenti, né la ricostruzione scenica, che sono sempre di livello stratosferico.
Si diceva, durante la presentazione del 1008, delle equalizzazioni possibili. Potevamo non provarle? Prendiamo un vecchio disco EMI “Béla Bartók, Konzert Für Violine und Orchester Nr. 1”, nel quale Antal Dorati dirige Yehudi Menhuin e la New Philharmonia Orchestra di Londra. Il violino, che ascoltato con la curva RIAA somiglia più ad una viola dal suono un po' inscatolato, improvvisamente si libra nell'aria, mentre l'orchestra si allarga oltre i diffusori ed un suono che sembrava “vecchio” e irrimediabilmente mal registrato, acquista lo splendore delle migliori registrazioni dell'epoca.
Dopo alcune ricerche in rete, non mi è ben chiaro se la Decca, con le sue edizioni FFSS (Full Frequency Stereophonic Sound) avesse già adottato l'equalizzazione RIAA o usasse ancora ancora la FFRR. La prova di due diversi vinili ha dimostrato che la curva RIAA è quella corretta. Quindi, per provare la FFRR, estraggo dal cappello a cilindro uno strano “Medium Play” Decca FFRR, con le Danze Sacre di Dvořák e rendo ascoltabile, grazie alla giusta equalizzazione ed al provvidenziale tasto “mono”, un disco altrimenti da dimenticare. Il manuale d'istruzioni del Boulder riporta quattro interessanti grafici, mettendo a confronto appunto le varie equalizzazioni.
Inutile continuare ad elencare dischi, ormai avrete capito che questo Boulder 1008 è il miglior pre phono che abbia ascoltato in condizioni controllate, paragonabile forse al Lyra Connoisseur, purtroppo fuori produzione da anni e che costava circa la stessa cifra.
E' versatile, sebbene scomodo da regolare in caso di cambio testine (ma concordo con chi, come Boulder, afferma che 100 Ohm sia un carico che funziona con buona parte delle testine MC in commercio, se non si deve usare il pre come un equalizzatore). In ogni caso, Boulder indica nel manuale d'istruzioni i valori delle resistenze da acquistare per ottenere carichi che possono andare da 50 a 1000 Ohm, coprendo quindi tutte le esigenze. Il guadagno di 70 dB è sufficiente ad amplificare il 99% delle testine in commercio, lasciando fuori solo qualche esoterica giapponese da utilizzare obbligatoriamente con uno step up, spesso dedicato. In tal caso, basta commutare le schede di ingresso in MM e tutto filerà alla perfezione.
Cos'altro vi posso dire? Ah, potrei raccontarvi che mentre ascoltavo musica col 1008 progettavo dove appoggiarlo sul mio tavolino ed i migliori percorsi per i cavi che l'avrebbero collegato al resto del mio impianto. Che avrei potuto catalogare i miei dischi più vecchi in base all'equalizzazione utilizzata per inciderli, che avrei cercato tutti i vinili mono per poterli riascoltare come si deve, che …
Poi, però, ci si deve risvegliare, i bei sogni non durano in eterno ed io, per quanto possa desiderarlo, proprio non me lo posso permettere. Se voi, al contrario, potete affrontare questo investimento, non pensateci due volte. Ascoltatelo prima, come sempre si dovrebbe fare ma credo che in questo caso sarà una semplice formalità, che non riesco a trovare una sola ragione per non metterselo in casa.
Angelo Jasparro
Distribuito da: Audio Graffiti
Prezzo: 14.000 euro
Inutile continuare ad elencare dischi, ormai avrete capito che questo Boulder 1008 è il miglior pre phono che abbia ascoltato in condizioni controllate, paragonabile forse al Lyra Connoisseur, purtroppo fuori produzione da anni e che costava circa la stessa cifra.
E' versatile, sebbene scomodo da regolare in caso di cambio testine (ma concordo con chi, come Boulder, afferma che 100 Ohm sia un carico che funziona con buona parte delle testine MC in commercio, se non si deve usare il pre come un equalizzatore). In ogni caso, Boulder indica nel manuale d'istruzioni i valori delle resistenze da acquistare per ottenere carichi che possono andare da 50 a 1000 Ohm, coprendo quindi tutte le esigenze. Il guadagno di 70 dB è sufficiente ad amplificare il 99% delle testine in commercio, lasciando fuori solo qualche esoterica giapponese da utilizzare obbligatoriamente con uno step up, spesso dedicato. In tal caso, basta commutare le schede di ingresso in MM e tutto filerà alla perfezione.
Cos'altro vi posso dire? Ah, potrei raccontarvi che mentre ascoltavo musica col 1008 progettavo dove appoggiarlo sul mio tavolino ed i migliori percorsi per i cavi che l'avrebbero collegato al resto del mio impianto. Che avrei potuto catalogare i miei dischi più vecchi in base all'equalizzazione utilizzata per inciderli, che avrei cercato tutti i vinili mono per poterli riascoltare come si deve, che …
Poi, però, ci si deve risvegliare, i bei sogni non durano in eterno ed io, per quanto possa desiderarlo, proprio non me lo posso permettere. Se voi, al contrario, potete affrontare questo investimento, non pensateci due volte. Ascoltatelo prima, come sempre si dovrebbe fare ma credo che in questo caso sarà una semplice formalità, che non riesco a trovare una sola ragione per non metterselo in casa.
Angelo Jasparro
Distribuito da: Audio Graffiti
Prezzo: 14.000 euro