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Davis Acoustics Monitor One
Ovvero, la genesi di una scelta che dà molte soddisfazioni
Quando si dice, “i casi della vita …”
Un giorno di un paio d’anni fa, mi son trovato a passare in un negozio milanese, giusto per salutare i proprietari. Entro, saluto e mi accorgo che nella sala d’ascolto più grande c’è un amico intento ad ascoltare dei diffusori a me ignoti. Conoscendo la costante ricerca di un suono “live” che condivido con questo amico, entro nella sala e mi trovo davanti a dei diffusori a due vie, piuttosto voluminosi, con un evidentissimo condotto reflex sul davanti e con i medio-alti a tromba, esteticamente un po’ “old style”, invero, che stanno riproducendo il Götterdämmerung di Richard Wagner.
Mi siedo sul divano posto dietro quello sul quale siede l’amico e mi metto ad ascoltare distrattamente il prodotto; poco dopo l’inizio dell’ascolto mi accorgo che non sono più distratto, per niente, ma sono, anzi, molto concentrato perché sto ascoltando una riproduzione delle voci da brivido, accompagnate da una orchestra plausibile, con un bassxo potente ma frenato e ogni compagine orchestrale ben distinguibile e timbricamente corretta; ma soprattutto mi colpisce la naturalezza delle voci e la loro perfetta dislocazione nella scena. Forse il tutto suona un po’ in basso, ma è anche vero che la seduta del divano sul quale mi trovo è alta; e subito mi domando, chissà che effetto farebbero fatto a casa mia?
Finito l’ascolto di Wagner, prendo un mio cd con una canzone pop (non inorridite; non si vive di sola musica classica o jazz) “Scream And Shout” di Will-I-Am featuring Britney Spears e apro – molto - il volume dell’ampli al quale le casse sono collegate; fantastico, sensazione live evidente. Violenza, potenza, colpo secco allo sterno e allo stomaco ad ogni colpo di batteria, pressione sonora, non manca nulla. Loro tuonano ad SPL insopportabili e non danno nessun segno di fatica.
Incuriosito, dopo aver visto il logo Davis Acoustics, chiedo che modello siano; le Monitor One, mi rispondono e mi danno qualche ulteriore ragguaglio sulla linea “Power” del produttore nel quale erano allora inserite queste casse acustiche (ora sono nella serie “Prestige”).
Il marchio lo conosco bene; durante i frequenti viaggi in Francia mi è capitato di ascoltare diffusori di quel marchio, ma, pur sapendo che Davis lavora molto nel professionale, non mi sarei mai aspettato un risultato simile in un diffusore domestico (che però del tutto domestico non è, visto che Radio France ne ha acquistate alcune coppie per sé). I miei ricordi degli ascolti francesi mi parlano di un suono generalmente corretto, ma qui c’è adrenalina pura, oltre ad una correttezza timbrica sconosciuta alla maggior parte di sistemi che usino trombe da me ascoltati in precedenza.
Prendo un altro brano che ho “casualmente” in borsa e lo metto nel lettore CD. E’ la suite da West Side Story diretta da Bernstein stesso e mentre ascolto resto basito nel sentire qualcosa di molto vicino a ciò che ho ascoltato a concerto qualche giorno prima, anche se in realtà non conosco né la sorgente usata in quel momento, né l’amplificazione. Quanto a SPL, volendo le Davis sanno fare molto più casino dell’orchestra dal vivo (ero in terza fila).
Chiedo il prezzo: 4.990,00 € la coppia e inizio a pensare ad altri diffusori ad alta efficienza; mi vengono in mente dei nomi, ma costano mediamente di più e spesso non hanno un suono così equilibrato; quindi, dopo quel che ho ascoltato, inizio a pensare che qui si vada verso un rapporto q/p di quelli favorevolissimi (a meno di non andare a pescare nel vintage dove certo si trovano ottime cose a prezzi pari o inferiori).
Tornato a casa, mi posiziono davanti alle mie casse acustiche di allora, le Audio Note E-Spx, ripensando a quel suono e cercandolo nelle casse inglesi. Niente, il suono è bello ma non adrenalinico come quello delle Davis; mi sembra di perdere un pezzo di piacere e mi sento meno coinvolto. Non denigro le casse inglesi (se le ho comprate, una ragione ci sarà pur stata), perché le AN E sono casse acustiche senz’altro interessanti, suonano dinamiche, hanno un eccellente basso (almeno, in casa mia era controllato, naturale), ma mi sembra che il suono ascoltato poco prima in negozio avesse un che di più “vivo”. Intanto, mi collego al sito del produttore e mi informo un po’ sul prodotto, leggendo anche quanto compare su alcuni forum francesi, dove senza mezzi termini si dice che le Monitor One suonano molto bene e costano relativamente poco.
Due soli componenti, ovvero il woofer di produzione Davis da 31 cm di diametro, con sospensione in tela trattata e cono in polpa di cellulosa (pare inizialmente prodotto dietro esplicita richiesta di un ente radiotelevisivo orientale e poi finito anche sulle casse del produttore francese), dotato di doppio magnete e la tromba della italiana B & C Speakers, in alluminio, con dietro un componente a compressione da un pollice della spagnola Beyma. Un buon crossover che taglia a 900 Hz, dietro i connettori per il bi-wiring e davanti un grande accordo reflex (le griglie che vedete sulla mia coppia di casse è necessaria ad evitare che Satie e Ravel, i nostri gatti, possano entrare nei diffusori); infine un mobile semplice, con alcuni setti di rinforzo all’interno, parecchio pesante e sordo. Stop.
Quando si dice, “i casi della vita …”
Un giorno di un paio d’anni fa, mi son trovato a passare in un negozio milanese, giusto per salutare i proprietari. Entro, saluto e mi accorgo che nella sala d’ascolto più grande c’è un amico intento ad ascoltare dei diffusori a me ignoti. Conoscendo la costante ricerca di un suono “live” che condivido con questo amico, entro nella sala e mi trovo davanti a dei diffusori a due vie, piuttosto voluminosi, con un evidentissimo condotto reflex sul davanti e con i medio-alti a tromba, esteticamente un po’ “old style”, invero, che stanno riproducendo il Götterdämmerung di Richard Wagner.
Mi siedo sul divano posto dietro quello sul quale siede l’amico e mi metto ad ascoltare distrattamente il prodotto; poco dopo l’inizio dell’ascolto mi accorgo che non sono più distratto, per niente, ma sono, anzi, molto concentrato perché sto ascoltando una riproduzione delle voci da brivido, accompagnate da una orchestra plausibile, con un bassxo potente ma frenato e ogni compagine orchestrale ben distinguibile e timbricamente corretta; ma soprattutto mi colpisce la naturalezza delle voci e la loro perfetta dislocazione nella scena. Forse il tutto suona un po’ in basso, ma è anche vero che la seduta del divano sul quale mi trovo è alta; e subito mi domando, chissà che effetto farebbero fatto a casa mia?
Finito l’ascolto di Wagner, prendo un mio cd con una canzone pop (non inorridite; non si vive di sola musica classica o jazz) “Scream And Shout” di Will-I-Am featuring Britney Spears e apro – molto - il volume dell’ampli al quale le casse sono collegate; fantastico, sensazione live evidente. Violenza, potenza, colpo secco allo sterno e allo stomaco ad ogni colpo di batteria, pressione sonora, non manca nulla. Loro tuonano ad SPL insopportabili e non danno nessun segno di fatica.
Incuriosito, dopo aver visto il logo Davis Acoustics, chiedo che modello siano; le Monitor One, mi rispondono e mi danno qualche ulteriore ragguaglio sulla linea “Power” del produttore nel quale erano allora inserite queste casse acustiche (ora sono nella serie “Prestige”).
Il marchio lo conosco bene; durante i frequenti viaggi in Francia mi è capitato di ascoltare diffusori di quel marchio, ma, pur sapendo che Davis lavora molto nel professionale, non mi sarei mai aspettato un risultato simile in un diffusore domestico (che però del tutto domestico non è, visto che Radio France ne ha acquistate alcune coppie per sé). I miei ricordi degli ascolti francesi mi parlano di un suono generalmente corretto, ma qui c’è adrenalina pura, oltre ad una correttezza timbrica sconosciuta alla maggior parte di sistemi che usino trombe da me ascoltati in precedenza.
Prendo un altro brano che ho “casualmente” in borsa e lo metto nel lettore CD. E’ la suite da West Side Story diretta da Bernstein stesso e mentre ascolto resto basito nel sentire qualcosa di molto vicino a ciò che ho ascoltato a concerto qualche giorno prima, anche se in realtà non conosco né la sorgente usata in quel momento, né l’amplificazione. Quanto a SPL, volendo le Davis sanno fare molto più casino dell’orchestra dal vivo (ero in terza fila).
Chiedo il prezzo: 4.990,00 € la coppia e inizio a pensare ad altri diffusori ad alta efficienza; mi vengono in mente dei nomi, ma costano mediamente di più e spesso non hanno un suono così equilibrato; quindi, dopo quel che ho ascoltato, inizio a pensare che qui si vada verso un rapporto q/p di quelli favorevolissimi (a meno di non andare a pescare nel vintage dove certo si trovano ottime cose a prezzi pari o inferiori).
Tornato a casa, mi posiziono davanti alle mie casse acustiche di allora, le Audio Note E-Spx, ripensando a quel suono e cercandolo nelle casse inglesi. Niente, il suono è bello ma non adrenalinico come quello delle Davis; mi sembra di perdere un pezzo di piacere e mi sento meno coinvolto. Non denigro le casse inglesi (se le ho comprate, una ragione ci sarà pur stata), perché le AN E sono casse acustiche senz’altro interessanti, suonano dinamiche, hanno un eccellente basso (almeno, in casa mia era controllato, naturale), ma mi sembra che il suono ascoltato poco prima in negozio avesse un che di più “vivo”. Intanto, mi collego al sito del produttore e mi informo un po’ sul prodotto, leggendo anche quanto compare su alcuni forum francesi, dove senza mezzi termini si dice che le Monitor One suonano molto bene e costano relativamente poco.
Due soli componenti, ovvero il woofer di produzione Davis da 31 cm di diametro, con sospensione in tela trattata e cono in polpa di cellulosa (pare inizialmente prodotto dietro esplicita richiesta di un ente radiotelevisivo orientale e poi finito anche sulle casse del produttore francese), dotato di doppio magnete e la tromba della italiana B & C Speakers, in alluminio, con dietro un componente a compressione da un pollice della spagnola Beyma. Un buon crossover che taglia a 900 Hz, dietro i connettori per il bi-wiring e davanti un grande accordo reflex (le griglie che vedete sulla mia coppia di casse è necessaria ad evitare che Satie e Ravel, i nostri gatti, possano entrare nei diffusori); infine un mobile semplice, con alcuni setti di rinforzo all’interno, parecchio pesante e sordo. Stop.
Dopo un po’ di giorni torno in negozio; ho chiesto un ascolto privato che mi è stato concesso e per l’occasione mi porto alcuni CD (tra i più tosti) della mia raccolta. Ora come ora non li ricordo esattamente tutti, ma qualcuno lo ricordo.
Il Miserere di Arvo Pårt, il Départ di Rihm, il Mozart di Pogorelic (v. la recente pubblicazione “cinque registrazioni di pianoforte”), il mio solito Vespro monteverdiano e una raccolta di Overture rossiniane dirette da Abbado (la registrazione RCA, non quella più nota della DGG).
Gli ascolti iniziano ed è evidente che l’amplificazione scelta non nobiliti la riproduzione e semmai la renda un po’ faticosa in gamma acuta (era un amplificatore integrato giapponese in classe D, abbastanza costoso, tra l’altro; ma non è una novità che aumentando la sensibilità dei diffusori, aumenti anche la loro capacità di essere rivelatori), ma pare anche evidente quanto differenti siano, malgrado la caratterizzazione introdotta dall’amplificatore, le registrazioni l’una dall’altra:
a) il Miserere è da cardiopalma; potente, chiaro, naturale, vero con una scena immanente e molto profonda; il pedale dell’organo risuona come potrebbe esser stato durante la registrazione (ECM mette sempre le foto del luogo di ripresa). I colpi di campana tubolare sono violenti; le trombe suonano dal fondo della scena. Le voci sono bellissime;
b) il Départ è dinamicamente devastante, i suoni sono velocissimi negli attacchi e giusti nei tempi di decadimento; la scena è più schiacciata rispetto a quella del Miserere (la ripresa è live in teatro e il palco dà meno possibilità di dislocare gli esecutori rispetto ad una chiesa); la prese di fiato degli strumentisti sono correttamente evidenziate;
c) il pianoforte di Pogorelic si materializza davanti all’ascoltatore; i suoni nascono dal silenzio e hanno, oltre ad un timbro corretto, anche un giusto peso che sembra portare lo strumento in sala;
d) Rossini, purtroppo, sembra uscire da una radiolina portatile; compresso, poco presente, dimesso e quindi poco coinvolgente.
Insomma, tante differenze tra un disco e l’altro; troppe … bisogna indagare più a fondo.
Ed è così che, chiesto ausilio al mio amico Pietro C. che oltre che amico è vicino di casa, mi organizzo con il suo furgoncino (gli imballi delle Davis sono molto grandi e in una bassa e slanciata Classe A le casse non ci sarebbero state nemmeno senza imballo); preleviamo i due ingombranti imballi e poi, piano piano, issiamo le due casse sino al pianerottolo di casa mia; una bella fatica (evito il commento di mia moglie quando ha visto gli imballi, che sono doppi; pensava le casse fossero poco più piccole dell’imballo esterno e per poco non le è preso un colpo).
Tento un primo ascolto; piazzo le casse lontane una cinquantina di centimetri dalle pareti di fondo e laterali e leggermente orientate verso il punto di ascolto. Collego il tutto all’impianto e mi trovo un suono abbastanza esagerato in gamma bassa (disco test alla mano, una accentuazione delle frequenze intorno agli 80 Hz), ma molto libero, dinamico, ben riproposto anche nello spazio.
Chiamo un paio di persone di cui mi fido per un giudizio iniziale (Angelo, ovviamente e l’amico audiofilo che c’era nel negozio) e – pur con un leggero rincrescimento perché le avrei tenute, ma lo spazio è quel che è - le AN E trovano la porta d’uscita e vanno a rallegrare un amico dentista. Le Davis Acoustics, invece, restano. Mi riprometto di lavorarci un po’ su per poter ottenere il meglio (come facciamo poi tutti noi, audiofili) e sto qualche giorno senza ascoltare musica, che è poi la cosa migliore per evitare gli innamoramenti subitanei che poi svaniscono nel nulla (un po’ come le “cotte” dell’adolescenza).
Dopo qualche giorno, come detto, riprendo gli ascolti; sposto le casse nella posizione in cui poi sono ancora oggi; ma non ho mancato di provare la posizione in angolo, deleteria perché faceva rimbombare l’intero appartamento e perché il basso rimaneva assolutamente incontrollato; così come ho provato la posizione contro la parete posta dietro i diffusori che creava anch’essa grande confusione nel basso (anche se quella gamma medio-acuta era da brivido …); le ho incrociate mezzo metro davanti al punto d’ascolto, ben lontane dalla parete di fondo, posizionamento in cui l’acuto tendeva a stemperarsi un po’ e ad essere meno incisivo.
Ora della fine decido che 1) le punte non mi pare migliorino un tubo e quindi scelgo dei normali feltrini, di quelli che si mettono sotto le zampe delle sedie; 2) le casse è meglio che siano orientate verso il punto d’ascolto, ad un metro dalla parete di fondo. Pressoché ininfluente la presenza delle due librerie laterali; può essere utile alzare la parte posteriore in modo che le trombe puntino direttamente sul punto d’ascolto (il divano di casa ha una seduta parecchio bassa).
Il Miserere di Arvo Pårt, il Départ di Rihm, il Mozart di Pogorelic (v. la recente pubblicazione “cinque registrazioni di pianoforte”), il mio solito Vespro monteverdiano e una raccolta di Overture rossiniane dirette da Abbado (la registrazione RCA, non quella più nota della DGG).
Gli ascolti iniziano ed è evidente che l’amplificazione scelta non nobiliti la riproduzione e semmai la renda un po’ faticosa in gamma acuta (era un amplificatore integrato giapponese in classe D, abbastanza costoso, tra l’altro; ma non è una novità che aumentando la sensibilità dei diffusori, aumenti anche la loro capacità di essere rivelatori), ma pare anche evidente quanto differenti siano, malgrado la caratterizzazione introdotta dall’amplificatore, le registrazioni l’una dall’altra:
a) il Miserere è da cardiopalma; potente, chiaro, naturale, vero con una scena immanente e molto profonda; il pedale dell’organo risuona come potrebbe esser stato durante la registrazione (ECM mette sempre le foto del luogo di ripresa). I colpi di campana tubolare sono violenti; le trombe suonano dal fondo della scena. Le voci sono bellissime;
b) il Départ è dinamicamente devastante, i suoni sono velocissimi negli attacchi e giusti nei tempi di decadimento; la scena è più schiacciata rispetto a quella del Miserere (la ripresa è live in teatro e il palco dà meno possibilità di dislocare gli esecutori rispetto ad una chiesa); la prese di fiato degli strumentisti sono correttamente evidenziate;
c) il pianoforte di Pogorelic si materializza davanti all’ascoltatore; i suoni nascono dal silenzio e hanno, oltre ad un timbro corretto, anche un giusto peso che sembra portare lo strumento in sala;
d) Rossini, purtroppo, sembra uscire da una radiolina portatile; compresso, poco presente, dimesso e quindi poco coinvolgente.
Insomma, tante differenze tra un disco e l’altro; troppe … bisogna indagare più a fondo.
Ed è così che, chiesto ausilio al mio amico Pietro C. che oltre che amico è vicino di casa, mi organizzo con il suo furgoncino (gli imballi delle Davis sono molto grandi e in una bassa e slanciata Classe A le casse non ci sarebbero state nemmeno senza imballo); preleviamo i due ingombranti imballi e poi, piano piano, issiamo le due casse sino al pianerottolo di casa mia; una bella fatica (evito il commento di mia moglie quando ha visto gli imballi, che sono doppi; pensava le casse fossero poco più piccole dell’imballo esterno e per poco non le è preso un colpo).
Tento un primo ascolto; piazzo le casse lontane una cinquantina di centimetri dalle pareti di fondo e laterali e leggermente orientate verso il punto di ascolto. Collego il tutto all’impianto e mi trovo un suono abbastanza esagerato in gamma bassa (disco test alla mano, una accentuazione delle frequenze intorno agli 80 Hz), ma molto libero, dinamico, ben riproposto anche nello spazio.
Chiamo un paio di persone di cui mi fido per un giudizio iniziale (Angelo, ovviamente e l’amico audiofilo che c’era nel negozio) e – pur con un leggero rincrescimento perché le avrei tenute, ma lo spazio è quel che è - le AN E trovano la porta d’uscita e vanno a rallegrare un amico dentista. Le Davis Acoustics, invece, restano. Mi riprometto di lavorarci un po’ su per poter ottenere il meglio (come facciamo poi tutti noi, audiofili) e sto qualche giorno senza ascoltare musica, che è poi la cosa migliore per evitare gli innamoramenti subitanei che poi svaniscono nel nulla (un po’ come le “cotte” dell’adolescenza).
Dopo qualche giorno, come detto, riprendo gli ascolti; sposto le casse nella posizione in cui poi sono ancora oggi; ma non ho mancato di provare la posizione in angolo, deleteria perché faceva rimbombare l’intero appartamento e perché il basso rimaneva assolutamente incontrollato; così come ho provato la posizione contro la parete posta dietro i diffusori che creava anch’essa grande confusione nel basso (anche se quella gamma medio-acuta era da brivido …); le ho incrociate mezzo metro davanti al punto d’ascolto, ben lontane dalla parete di fondo, posizionamento in cui l’acuto tendeva a stemperarsi un po’ e ad essere meno incisivo.
Ora della fine decido che 1) le punte non mi pare migliorino un tubo e quindi scelgo dei normali feltrini, di quelli che si mettono sotto le zampe delle sedie; 2) le casse è meglio che siano orientate verso il punto d’ascolto, ad un metro dalla parete di fondo. Pressoché ininfluente la presenza delle due librerie laterali; può essere utile alzare la parte posteriore in modo che le trombe puntino direttamente sul punto d’ascolto (il divano di casa ha una seduta parecchio bassa).
Fatto ciò, sono partito con il giro delle amplificazioni. Sono casse efficienti, mi dico; basteranno i pochi watt di una buona amplificazione a valvole. Sbagliato!
Così non è. Iniziano i prestiti di amici e negozianti: Primaluna (gamma media troppo in evidenza, non va bene); Cayn (non male, ma il basso mi resta un po’ indietro); Almarro (eccezionale la gamma bassa di questo ampli e meravigliosa la gamma media e medioalta; peccato per il suono un po’ troppo morbido in alto) e l’ampli di cui già ho parlato in precedenza fatto dal mio amico Gabriele Serpentino per suo uso. Si, bel suono, ma le valvole per pilotare queste Davis, oltre che accurate timbricamente, devono essere anche potenti; lo chiedono le casse acustiche, che sanno tuonare a pressioni altissime e che se messe in condizione di suonare come sanno, traggono beneficio dalle amplificazioni potenti anche per ascolti a volumi “da condominio”. Suonano più “carnose”, più a dimensione reale. Se uno si accontenta di volumi medi, un bell’OTO SE di Audio Note e passa la paura; ma non pensiate di riprodurre il Fratres di Arvo Pårt a un volume anche lontanamente live; il basso non verrebbe riprodotto come invece le casse sanno fare.
Ora della fine traggo la conclusione che mi tocca esser d’accordo con un recensore dell’Est Europa che ha terminato il suo scritto con una frase tipo “metteteci un bell’ampli pro tipo Bryston e vivrete contenti”. Infatti, visto che un Bryston (anche se il piccolo 2B-LP) è presente in casa, provo e mi dico che va meglio di tutti gli altri ampli che ho provato; anche perché per quanto abbia fatto ascolti un po’ folli, da neurodeliri, non sono mai riuscito a portare a fondo corsa quel finale che è dotato di led che cambiano colore quando vanno verso il clipping. Quindi i 60 W per canale su 8 Ohm erogati dal finale strabastano e stravanzano (ma per sfizio proverò anche cose più potenti; mi incapricciano i nuovi Bryston Cube, soprattutto dopo aver ascoltato i due mostri da 1 kW per canale che ha provato Angelo).
OK, ci siamo. Alcuni piccoli ritocchi al posizionamento per limitare un picco di risonanza intorno agli 80 Hz (è stato sufficiente interporre tra casse e pavimento tre Coral Lifter della tedesca Copulare) e siamo pronti; le casse così sono state posizionate e così sono da un anno.
Un amico, un giorno, venuto a casa mia, mi ha domandato di spiegare a chi legge il perché di quella scelta, al di là del fatto che anche a lui, come a tutti gli altri audiofili passati per casa (ma anche un amico direttore d’orchestra che ha usato il mio impianto per monitorare la registrazione dello Stabat Mater di Rossini da lui diretto, ha trovato che il suono fosse molto “reale”), l’impianto è piaciuto molto.
Semplice: la risposta che do ogni volta è la stessa; ho scelto le Monitor One perché ogni volta che ascolto mi sembra che ci siano meno cose frapposte tra la musica e me. Merito dell’efficienza elevata? Ritengo di si, ma credo che c’entri anche la qualità degli altoparlanti che dà alla cassa la capacità di restituire timbri veri e non colorati. Insomma, mi è sembrata ripetersi la storia di Angelo Jasparro, che approdato alle 4350 di JBL non è più tornato indietro.
Comunque sia, ovvio che una scelta così “fuori dal coro” (soprattutto per il marchio e per il costo, ritenuti poco conosciuto l’uno e troppo basso l’altro) attiri anche amici curiosi. E ne sono passati tanti, da quelli che denigravano le Monitor One per averle ascoltate mal posizionate e amplificate (ma poi a casa mia han cambiato idea e la prova potete trovarla su un noto forum italiano), a quelli che conoscendomi bene, invece mi dicevano “se le hai scelte, è perché andranno bene”.
La prima cosa che tutti mi dicono è “sembra che non ci sia nessun freno al suono”. Infatti, quello è uno dei vantaggi di prodotti efficienti. Non si ha mai la sensazione di quella specie di scalino che con diffusori di bassa efficienza invece si percepisce; è come se una moderna auto turbodiesel non avesse la coppia massima che parte da 1500 giri (restando quindi poco reattiva sotto quel regime di giri) ma avesse una coppia costante dal primo giro all’ultimo. Quella è la caratteristica che colpisce maggiormente chi viene a casa: la libertà del suono, il fluire della dinamica naturale pur nelle minime variazioni ma capace di esplodere con le masse orchestrali più imponenti (e su quel che penso della dinamica e della sua importanza, basta rileggere quel che ho scritto nella prova della Shelter 501 III). Libertà che peraltro si manifesta anche a volumi molto bassi, permettendo di ascoltare un trio o un quartetto, perdendo pochissimo della riproduzione (con casse di bassa efficienza, il basso livello manifesta spesso un suono confuso e compresso).
La seconda osservazione che viene fatta è “ma queste casse hanno le trombe ma non suonano come i diffusori a tromba”; a dire che non hanno quella evidenza di parte della gamma media che porta le trombe ad esser spesso un po’ nasali. Raro, rarissimo che queste Davis (che io chiamo “le trombe che non san di tromba”) abbiano suoni colorati (al di là del fatto che una certa esagerazione di certe frequenze la si percepisca anche dal vivo, come accade nel milanese Auditorium di Largo Mahler, che ha il palcoscenico a forma di tromba esponenziale). E devo riconoscere che la Davis ha fatto un gran lavoro di ricerca perché ha accoppiato un driver con una tromba in metallo che non producono suoni nasali; può darsi che qualche volta, con strumenti che un po’ nasali lo sono di loro (oboe, clarino, fagotto) un lievissimo accenno si presenti, ma in misura poco influente; e soprattutto mai con le voci.
E il piacere di ascoltare le voci con le Monitor One, così particolareggiate, naturali, ben collocate, è impagabile; qualcuno sostiene che le trombe non siano adatte a riprodurre le voci, ma io più ascolto questi diffusori, più mi domando se sia poi così vero.
Da quando sono arrivate le Davis Acoustics, brutte anatroccole, l’impianto suona più di prima. Purtroppo, come tutti i diffusori molto rivelatori, non fanno sconti a nessuna registrazione mediocre, ma non si può ridurre al ruolo di “schifezza” la Quarta di Brahms diretta da Toscanini a Londra nel 1935 solo perché i diffusori manifestano la vetustà della registrazione. L’esecuzione, pur con tutte le difficoltà del caso, rimane comprensibile.
Inutile dire che la musica rock venga riprodotta bene, in relazione a quel che possono dare le registrazioni dell’epoca del rock, alcune ottime ma comunque lontane dagli standard attualmente raggiungibili (soprattutto con jazz e classica). Il suono è potente, maestoso, il fronte scenico si ingrandisce mano a mano che si alza il volume, sino a restituire sensazioni molto live (anche se trovo sempre poco credibile l’effetto stereo in ciò che dal vivo in realtà si presenta come un muro di suono che ti investe con violenza, come accaduto nel recente concerto di Springsteen allo stadio di San Siro).
Inutile ribadire che anche il jazz viene riprodotto molto bene; ma bisogna invece ribadire che al di là della normale dinamica e dei normali parametri che coinvolgono, si aggiunge una capacità di restituire i timbri propri degli strumenti che lascia sorpresi, soprattutto pensando che sono solo a due vie. Anche le percussioni metalliche, che qualcuno potrebbe pensare suonino spente in virtù del fatto che comunque la tromba ha dietro un driver di diametro non proprio piccolissimo, in realtà sono cesellate con estrema precisione.
Ma lo shock per chi ascolta (e lo è stato anche per me) è la correttezza, notevole, nella riproduzione dei timbri dell’orchestra sinfonica delle registrazioni di alta qualità tecnica. Il suono è pieno, ricco di sfumature timbriche; non solo dinamico, quindi, ma capace di portare l’ascoltatore altrove, lasciando che la musica prenda il sopravvento e l’audio ritorni al suo scopo originale.
La musica vocale è splendida. Che si tratti delle monodie di Hildegarde von Bingen cantate dalla Kirkby (da ascoltare assolutamente a volume moderato, come se la voce provenisse da lontano, così da godere di tutte le risonanze ambientali catturate nella registrazione); che si tratti delle voci del Messiah di Haendel nell’esecuzione Hogwood; che si tratti di Samuel Ramey ne Le Nozze di Figaro dirette da Solti o che si tratti di un qualunque cantante ben registrato, la voce viene riproposta carica di sfumature e viva.
Mi sono innamorato di queste casse? Non sia mai! Come si fa ad innamorarsi di un pezzo di legno con due “cosi” che suonano e che se gli chiedi “come va?” manco ti rispondono? No, niente innamoramento, ma solo la ripresa delle frequentazioni dal vivo di musica di tutti i tipi. Vuoi perché ogni tanto si va all’Auditorium di Milano, vuoi perché ogni tanto si va a un concerto in chiesa, vuoi perché ogni tanto faccio da “consulente” ad un amico direttore d’orchestra che mi onora di tenere in conto il mio giudizio e i miei consigli, con più frequento quegli ambienti e con più mi rendo conto che queste Monitor One rispondono bene (direi ottimamente) con tutti i generi musicali.
Insomma, sono diffusori seri.
Hanno due limiti grossissimi; il primo è quello estetico, perché certo belle non sono, nemmeno nelle versioni laccate che anzi a me piacciono ancora meno (e con la tela di protezione sono forse anche peggio; almeno, senza, hanno quella rozzezza che fa tanto “pro”).
Il secondo è il prezzo; basso, che le fa relegare in un limbo dove stanno molti prodotti che però sono ben lontani dalla comunicatività e correttezza di queste Davis (però la stampa francese parla di loro come “haut de gamme”, ovvero di fascia elevata).
Per 4.990,00 € la coppia non dico che siano regalate, ma quel costo fa pensare molto, anche perché tanti degli amici che son passati per casa e le hanno giudicate eccellenti (uno addirittura pensava di sostituirle ai suoi blasonati speakers), hanno diffusori molto, ma molto più costosi di loro (se è per quello pure del mio intero impianto). Poi sono ingombranti, pesano un sacco, gli imballi sono giganteschi, non sono di un marchio altisonante e non le rivendi bene sull’usato, ma … chissenefrega. Io non ho nessuna intenzione di venderle, anzi; con loro la Musica sa di Musica, che sia un quartetto d’archi o un’esplosiva composizione contemporanea; che sia Wagner o Monteverdi, o i Rolling Stones o Dizzie Gillespie.
Non mi chiudo in una caverna né mi ritiro sulla nota isola deserta; rimango con i piedi ben saldi nella mia Milano, ma felice di poter ascoltare tutto quel che mi pare e nel migliore dei modi. Anche di sera ed a volume molto basso. E scusate se è poco.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Davis Acoustics
Distributore per l’Italia: AudioMondo
Prezzo: euro 4.990,00
Così non è. Iniziano i prestiti di amici e negozianti: Primaluna (gamma media troppo in evidenza, non va bene); Cayn (non male, ma il basso mi resta un po’ indietro); Almarro (eccezionale la gamma bassa di questo ampli e meravigliosa la gamma media e medioalta; peccato per il suono un po’ troppo morbido in alto) e l’ampli di cui già ho parlato in precedenza fatto dal mio amico Gabriele Serpentino per suo uso. Si, bel suono, ma le valvole per pilotare queste Davis, oltre che accurate timbricamente, devono essere anche potenti; lo chiedono le casse acustiche, che sanno tuonare a pressioni altissime e che se messe in condizione di suonare come sanno, traggono beneficio dalle amplificazioni potenti anche per ascolti a volumi “da condominio”. Suonano più “carnose”, più a dimensione reale. Se uno si accontenta di volumi medi, un bell’OTO SE di Audio Note e passa la paura; ma non pensiate di riprodurre il Fratres di Arvo Pårt a un volume anche lontanamente live; il basso non verrebbe riprodotto come invece le casse sanno fare.
Ora della fine traggo la conclusione che mi tocca esser d’accordo con un recensore dell’Est Europa che ha terminato il suo scritto con una frase tipo “metteteci un bell’ampli pro tipo Bryston e vivrete contenti”. Infatti, visto che un Bryston (anche se il piccolo 2B-LP) è presente in casa, provo e mi dico che va meglio di tutti gli altri ampli che ho provato; anche perché per quanto abbia fatto ascolti un po’ folli, da neurodeliri, non sono mai riuscito a portare a fondo corsa quel finale che è dotato di led che cambiano colore quando vanno verso il clipping. Quindi i 60 W per canale su 8 Ohm erogati dal finale strabastano e stravanzano (ma per sfizio proverò anche cose più potenti; mi incapricciano i nuovi Bryston Cube, soprattutto dopo aver ascoltato i due mostri da 1 kW per canale che ha provato Angelo).
OK, ci siamo. Alcuni piccoli ritocchi al posizionamento per limitare un picco di risonanza intorno agli 80 Hz (è stato sufficiente interporre tra casse e pavimento tre Coral Lifter della tedesca Copulare) e siamo pronti; le casse così sono state posizionate e così sono da un anno.
Un amico, un giorno, venuto a casa mia, mi ha domandato di spiegare a chi legge il perché di quella scelta, al di là del fatto che anche a lui, come a tutti gli altri audiofili passati per casa (ma anche un amico direttore d’orchestra che ha usato il mio impianto per monitorare la registrazione dello Stabat Mater di Rossini da lui diretto, ha trovato che il suono fosse molto “reale”), l’impianto è piaciuto molto.
Semplice: la risposta che do ogni volta è la stessa; ho scelto le Monitor One perché ogni volta che ascolto mi sembra che ci siano meno cose frapposte tra la musica e me. Merito dell’efficienza elevata? Ritengo di si, ma credo che c’entri anche la qualità degli altoparlanti che dà alla cassa la capacità di restituire timbri veri e non colorati. Insomma, mi è sembrata ripetersi la storia di Angelo Jasparro, che approdato alle 4350 di JBL non è più tornato indietro.
Comunque sia, ovvio che una scelta così “fuori dal coro” (soprattutto per il marchio e per il costo, ritenuti poco conosciuto l’uno e troppo basso l’altro) attiri anche amici curiosi. E ne sono passati tanti, da quelli che denigravano le Monitor One per averle ascoltate mal posizionate e amplificate (ma poi a casa mia han cambiato idea e la prova potete trovarla su un noto forum italiano), a quelli che conoscendomi bene, invece mi dicevano “se le hai scelte, è perché andranno bene”.
La prima cosa che tutti mi dicono è “sembra che non ci sia nessun freno al suono”. Infatti, quello è uno dei vantaggi di prodotti efficienti. Non si ha mai la sensazione di quella specie di scalino che con diffusori di bassa efficienza invece si percepisce; è come se una moderna auto turbodiesel non avesse la coppia massima che parte da 1500 giri (restando quindi poco reattiva sotto quel regime di giri) ma avesse una coppia costante dal primo giro all’ultimo. Quella è la caratteristica che colpisce maggiormente chi viene a casa: la libertà del suono, il fluire della dinamica naturale pur nelle minime variazioni ma capace di esplodere con le masse orchestrali più imponenti (e su quel che penso della dinamica e della sua importanza, basta rileggere quel che ho scritto nella prova della Shelter 501 III). Libertà che peraltro si manifesta anche a volumi molto bassi, permettendo di ascoltare un trio o un quartetto, perdendo pochissimo della riproduzione (con casse di bassa efficienza, il basso livello manifesta spesso un suono confuso e compresso).
La seconda osservazione che viene fatta è “ma queste casse hanno le trombe ma non suonano come i diffusori a tromba”; a dire che non hanno quella evidenza di parte della gamma media che porta le trombe ad esser spesso un po’ nasali. Raro, rarissimo che queste Davis (che io chiamo “le trombe che non san di tromba”) abbiano suoni colorati (al di là del fatto che una certa esagerazione di certe frequenze la si percepisca anche dal vivo, come accade nel milanese Auditorium di Largo Mahler, che ha il palcoscenico a forma di tromba esponenziale). E devo riconoscere che la Davis ha fatto un gran lavoro di ricerca perché ha accoppiato un driver con una tromba in metallo che non producono suoni nasali; può darsi che qualche volta, con strumenti che un po’ nasali lo sono di loro (oboe, clarino, fagotto) un lievissimo accenno si presenti, ma in misura poco influente; e soprattutto mai con le voci.
E il piacere di ascoltare le voci con le Monitor One, così particolareggiate, naturali, ben collocate, è impagabile; qualcuno sostiene che le trombe non siano adatte a riprodurre le voci, ma io più ascolto questi diffusori, più mi domando se sia poi così vero.
Da quando sono arrivate le Davis Acoustics, brutte anatroccole, l’impianto suona più di prima. Purtroppo, come tutti i diffusori molto rivelatori, non fanno sconti a nessuna registrazione mediocre, ma non si può ridurre al ruolo di “schifezza” la Quarta di Brahms diretta da Toscanini a Londra nel 1935 solo perché i diffusori manifestano la vetustà della registrazione. L’esecuzione, pur con tutte le difficoltà del caso, rimane comprensibile.
Inutile dire che la musica rock venga riprodotta bene, in relazione a quel che possono dare le registrazioni dell’epoca del rock, alcune ottime ma comunque lontane dagli standard attualmente raggiungibili (soprattutto con jazz e classica). Il suono è potente, maestoso, il fronte scenico si ingrandisce mano a mano che si alza il volume, sino a restituire sensazioni molto live (anche se trovo sempre poco credibile l’effetto stereo in ciò che dal vivo in realtà si presenta come un muro di suono che ti investe con violenza, come accaduto nel recente concerto di Springsteen allo stadio di San Siro).
Inutile ribadire che anche il jazz viene riprodotto molto bene; ma bisogna invece ribadire che al di là della normale dinamica e dei normali parametri che coinvolgono, si aggiunge una capacità di restituire i timbri propri degli strumenti che lascia sorpresi, soprattutto pensando che sono solo a due vie. Anche le percussioni metalliche, che qualcuno potrebbe pensare suonino spente in virtù del fatto che comunque la tromba ha dietro un driver di diametro non proprio piccolissimo, in realtà sono cesellate con estrema precisione.
Ma lo shock per chi ascolta (e lo è stato anche per me) è la correttezza, notevole, nella riproduzione dei timbri dell’orchestra sinfonica delle registrazioni di alta qualità tecnica. Il suono è pieno, ricco di sfumature timbriche; non solo dinamico, quindi, ma capace di portare l’ascoltatore altrove, lasciando che la musica prenda il sopravvento e l’audio ritorni al suo scopo originale.
La musica vocale è splendida. Che si tratti delle monodie di Hildegarde von Bingen cantate dalla Kirkby (da ascoltare assolutamente a volume moderato, come se la voce provenisse da lontano, così da godere di tutte le risonanze ambientali catturate nella registrazione); che si tratti delle voci del Messiah di Haendel nell’esecuzione Hogwood; che si tratti di Samuel Ramey ne Le Nozze di Figaro dirette da Solti o che si tratti di un qualunque cantante ben registrato, la voce viene riproposta carica di sfumature e viva.
Mi sono innamorato di queste casse? Non sia mai! Come si fa ad innamorarsi di un pezzo di legno con due “cosi” che suonano e che se gli chiedi “come va?” manco ti rispondono? No, niente innamoramento, ma solo la ripresa delle frequentazioni dal vivo di musica di tutti i tipi. Vuoi perché ogni tanto si va all’Auditorium di Milano, vuoi perché ogni tanto si va a un concerto in chiesa, vuoi perché ogni tanto faccio da “consulente” ad un amico direttore d’orchestra che mi onora di tenere in conto il mio giudizio e i miei consigli, con più frequento quegli ambienti e con più mi rendo conto che queste Monitor One rispondono bene (direi ottimamente) con tutti i generi musicali.
Insomma, sono diffusori seri.
Hanno due limiti grossissimi; il primo è quello estetico, perché certo belle non sono, nemmeno nelle versioni laccate che anzi a me piacciono ancora meno (e con la tela di protezione sono forse anche peggio; almeno, senza, hanno quella rozzezza che fa tanto “pro”).
Il secondo è il prezzo; basso, che le fa relegare in un limbo dove stanno molti prodotti che però sono ben lontani dalla comunicatività e correttezza di queste Davis (però la stampa francese parla di loro come “haut de gamme”, ovvero di fascia elevata).
Per 4.990,00 € la coppia non dico che siano regalate, ma quel costo fa pensare molto, anche perché tanti degli amici che son passati per casa e le hanno giudicate eccellenti (uno addirittura pensava di sostituirle ai suoi blasonati speakers), hanno diffusori molto, ma molto più costosi di loro (se è per quello pure del mio intero impianto). Poi sono ingombranti, pesano un sacco, gli imballi sono giganteschi, non sono di un marchio altisonante e non le rivendi bene sull’usato, ma … chissenefrega. Io non ho nessuna intenzione di venderle, anzi; con loro la Musica sa di Musica, che sia un quartetto d’archi o un’esplosiva composizione contemporanea; che sia Wagner o Monteverdi, o i Rolling Stones o Dizzie Gillespie.
Non mi chiudo in una caverna né mi ritiro sulla nota isola deserta; rimango con i piedi ben saldi nella mia Milano, ma felice di poter ascoltare tutto quel che mi pare e nel migliore dei modi. Anche di sera ed a volume molto basso. E scusate se è poco.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Davis Acoustics
Distributore per l’Italia: AudioMondo
Prezzo: euro 4.990,00