JOB Electronics - JOB 225
Di Job Audio si parla poco, in Italia. Probabilmente, l’assenza di una distribuzione capillare lascia in secondo piano questi interessanti prodotti dietro ai quali, oltre all’azienda statunitense che li vende online, si cela nientemeno che Goldmund. Qualcuno ricorderà, infatti, che ne avevo fatto un brevissimo cenno alla fine del mio scritto sull’impianto Goldmund che il marchio elvetico mi aveva lasciato per la prova d’ascolto. Posto che avevo ascoltato l’impianto completo Goldmund, dopo aver appreso di questa linea low-cost, mi sono domandato quali potessero essere le differenze che giustificavano un tale divario di prezzo; detto fatto, ho chiesto in prova l’interessante amplificatore finale in oggetto che è arrivato il giorno successivo alla richiesta (credo che per l’Europa le consegne vengano curate dalla stessa Goldmund, precisamente dalla sede di Ginevra).
Insieme con l’amplificatore, poco pesante e comunque di peso tale da poterlo tranquillamente trasportare a casa via metropolitana, mi è stato inviato anche il cavo dedicato Sweetcord, questo si, marcato Goldmund.
Il 225 è piccolo. Di dimensioni decisamente inferiori a quelle standard (36 x 24 x 8 cm), denuncia la sua appartenenza alla categoria “meno costosa” solo per il contenitore che è nero, abbastanza anonimo, mentre il pannello frontale è degno di apparecchiature di rango superiore. I connettori sono di buona qualità, anche se non sono presenti gli ipertrofici connettori che caratterizzano certe produzioni d’alto costo e si limitano ai due ingressi sbilanciati ed ai morsetti degli altoparlanti che accettano ogni terminazione. Pur se apparentemente economici, i connettori per il cavo di potenza sono piuttosto tenaci nel bloccare anche le forcelle. Completa il pannello posteriore la vaschetta per l’alimentazione IEC. All’interno del cartone si trovano il manuale d’istruzioni ed il cavo di alimentazione che è un normale cavo nero, nel mio caso terminato con la spina a standard elvetico; pertanto a voi la scelta se tagliare la spina e sostituirla con una standard del vostro Paese o se utilizzare un adattatore (o usare un altro cavo). L’alternativa, per 299.00 USD, è farsi mandare lo Sweetcord, chiedendolo con la spina desiderata.
Insieme con l’amplificatore, poco pesante e comunque di peso tale da poterlo tranquillamente trasportare a casa via metropolitana, mi è stato inviato anche il cavo dedicato Sweetcord, questo si, marcato Goldmund.
Il 225 è piccolo. Di dimensioni decisamente inferiori a quelle standard (36 x 24 x 8 cm), denuncia la sua appartenenza alla categoria “meno costosa” solo per il contenitore che è nero, abbastanza anonimo, mentre il pannello frontale è degno di apparecchiature di rango superiore. I connettori sono di buona qualità, anche se non sono presenti gli ipertrofici connettori che caratterizzano certe produzioni d’alto costo e si limitano ai due ingressi sbilanciati ed ai morsetti degli altoparlanti che accettano ogni terminazione. Pur se apparentemente economici, i connettori per il cavo di potenza sono piuttosto tenaci nel bloccare anche le forcelle. Completa il pannello posteriore la vaschetta per l’alimentazione IEC. All’interno del cartone si trovano il manuale d’istruzioni ed il cavo di alimentazione che è un normale cavo nero, nel mio caso terminato con la spina a standard elvetico; pertanto a voi la scelta se tagliare la spina e sostituirla con una standard del vostro Paese o se utilizzare un adattatore (o usare un altro cavo). L’alternativa, per 299.00 USD, è farsi mandare lo Sweetcord, chiedendolo con la spina desiderata.
Quanto alle prestazioni del 225, si parla di una notevole velocità dei tempi di salita, di una potenza pari a 125 su 8 Ohm per canale che però, calcolati con il solito standard RMS, risultano essere 200 per canale. La potenza viene dichiarata solo a 8 ohm. Il che non vuol dire che l’amplificatore non lavori su 4 ohm, ma solo che non c’è il consueto raddoppio della potenza al dimezzarsi dell’impedenza. La risposta in frequenza è parecchio estesa, posto che il MHz lo si dà a – 3 dB mentre i dati di rumore e comunque i consueti dati tecnici sono assolutamente nella norma. L’unico dato che mi dà qualche preoccupazione è la sensibilità in ingresso, molto elevata: 0,75 mV per ottenere la potenza massima. Con il mio Lavardin, che casualmente ha una uscita nominale pari all’ingresso nominale del JOB, le possibilità di manovra della manopola del volume sono ridotte al minimo, tanto che con la manopola ad ore 9, sia con il CD che con il vinile, il suono è già molto alto, e tale da molestare il vicinato; spero abbiate dei potenziometri del volume molto precisi o diffusori meno sensibili dei miei.
Come si capisce anche dalle fotografie, il JOB è a stato solido.
Il 225 è stato inserito nel mio impianto così composto: giradischi Bauer Audio DPS, braccio Mørch DP 6, fonorivelatore Lyra Kleos, pre-phono American Hybid Technology –P, preamplificatore Lavardin 6.2 (e comprimario nella prova il preamplificatore Olimpia Audio Guglielmo Mk II), casse acustiche le Audio Note AN E SPx (e comprimarie nella prova le PSB Audio Alpha B1). Cavi di alimentazione Black Noise, cavi di segnale e potenza DH Lab e YBA e MIT. Il lettore di CD è il solito Pioneer PD9 modificato, che non cito quasi mai ma in questo caso verrà invece citato.
Come si capisce anche dalle fotografie, il JOB è a stato solido.
Il 225 è stato inserito nel mio impianto così composto: giradischi Bauer Audio DPS, braccio Mørch DP 6, fonorivelatore Lyra Kleos, pre-phono American Hybid Technology –P, preamplificatore Lavardin 6.2 (e comprimario nella prova il preamplificatore Olimpia Audio Guglielmo Mk II), casse acustiche le Audio Note AN E SPx (e comprimarie nella prova le PSB Audio Alpha B1). Cavi di alimentazione Black Noise, cavi di segnale e potenza DH Lab e YBA e MIT. Il lettore di CD è il solito Pioneer PD9 modificato, che non cito quasi mai ma in questo caso verrà invece citato.
Mi aggancio all’ultima frase del paragrafo qui sopra. Gli ascolti del JOB sono iniziati proprio con il CD. Avevo nel lettore un dischetto contenente la Sinfonia n. 9 di Beethoven nell’esecuzione di Ferenc Fricsay (DGG) e subito mi sono reso conto di un anomalo rigonfiamento del medio-basso. Il rigonfiamento si è poi riproposto con praticamente tutti i cd che ho ascoltato (alcune Cantate di Bach nell’esecuzione Harnoncourt/Leonhardt della Telefunken; la Passione Secondo San Matteo diretta da Herreweghe nel 2000 su Harmonia Mundi; il cd Round About Midnight di Miles Davis e quello del Manhattan Jazz Quintet), con anche l’aggravante di una gamma acuta non certo lucida come sono solito ascoltare. Eccellente la dinamica, anche esplosiva in alcuni momenti e buona anche la distribuzione degli strumenti nella scena, ma dopo un po’ il suono si è reso affaticante ed ho teso ad abbassare il volume. All’inizio ho pensato che ci fosse qualcosa che non andava in qualche collegamento e ho iniziato a cambiare i cavi potenza sostituendo i MIT con gli XLO prima e con i Kimber poi; ma cambiava ben poco.
Dopo due o tre giorni di silenzio, ho fatto partire il DPS e ho scelto le Suites per Orchestra di J. S. Bach nell’esecuzione di Gardiner (Archiv) – disco che mi richiama sempre alla mente il vecchio signor Carulli, proprietario del negozio Carù di Gallarate, vera istituzione per noi lombardi, che riposa in cielo e che era uno dei personaggi più piacevoli che mi sia capitato di incontrare tra venditori di Cultura sotto forma di disco. Per i lettori esteri questo non dice nulla, ma per i lettori dell’Italia del Nord probabilmente si – e stranamente tutto era perfettamente a posto. Erano rimaste la dinamica e la scena, ma si erano aggiunti un basso di eccellente qualità e per nulla enfatizzato e un acuto molto naturale, pur se leggermente indietro. Mi son detto che probabilmente era la registrazione ad essere un po’ scarica sul medio-basso (era un po’ che non la ascoltavo) e quindi ho provato con un’altra registrazione che avevo ascoltato pochi giorni prima, ovvero la Seconda Sinfonia di Jan Sibelius, diretta da Sir Barbirolli, registrazione Chesky; anche in questo caso, basso a posto, dinamica, scena e solo l’acuto estremo un po’ indietro (ma non tanto da rendere il suono scuro).
Dopo due o tre giorni di silenzio, ho fatto partire il DPS e ho scelto le Suites per Orchestra di J. S. Bach nell’esecuzione di Gardiner (Archiv) – disco che mi richiama sempre alla mente il vecchio signor Carulli, proprietario del negozio Carù di Gallarate, vera istituzione per noi lombardi, che riposa in cielo e che era uno dei personaggi più piacevoli che mi sia capitato di incontrare tra venditori di Cultura sotto forma di disco. Per i lettori esteri questo non dice nulla, ma per i lettori dell’Italia del Nord probabilmente si – e stranamente tutto era perfettamente a posto. Erano rimaste la dinamica e la scena, ma si erano aggiunti un basso di eccellente qualità e per nulla enfatizzato e un acuto molto naturale, pur se leggermente indietro. Mi son detto che probabilmente era la registrazione ad essere un po’ scarica sul medio-basso (era un po’ che non la ascoltavo) e quindi ho provato con un’altra registrazione che avevo ascoltato pochi giorni prima, ovvero la Seconda Sinfonia di Jan Sibelius, diretta da Sir Barbirolli, registrazione Chesky; anche in questo caso, basso a posto, dinamica, scena e solo l’acuto estremo un po’ indietro (ma non tanto da rendere il suono scuro).
Nel pensare cosa potesse provocare questo comportamento così diverso, mi sono ricordato che a suo tempo, quando provai e poi comprai il cavo della DHL Lab che collega CD e preamplificatore, mi resi conto che c’era una leggera enfasi sul medio-basso, enfasi che probabilmente il JOB rende invece più udibile rispetto ad altre macchine; detto fatto ho tolto il DHL Lab e ho messo uno spezzone di cavo della svizzera Gotham, perdendo qualcosa di definizione in alto, ma riequilibrando la prestazione sul medio-basso. Quindi, mi è parso evidente che con questo piccolo e non troppo costoso amplificatore si vada verso un’eccellente trasparenza.
Detto subito che in casa mia, per quanto abbia fatto, sia con le AN E SPx che con le PSB, la gamma acuta è sì estesa, ma non particolarmente spinta (diciamo che fa parecchio musica “live”, con gente intorno che assorbe un po’ di suono), per il resto è “grasso che cola” per l’audiofilo che non voglia o possa spendere cifre consistenti, ma chieda e voglia una qualità eccellente.
Intanto c’è da dire che l’apparecchio sfodera una capacità di pilotaggio degli altoparlanti degna di nota; a livello di dinamica non lo impensierisce nulla. Restituisce potentissimi colpi di grancassa e timpani, come nella Sagra della Primavera di Stravinski su Telarc (Maazel) o nella Fanfara dell’Uomo Comune di Copland (Chrystal Clear). Segue benissimo le evoluzioni delle voci, come accaduto nella Passione Secondo San Matteo di Bach diretta da Herreweghe (anno 2000) o nel doppio LP dal vivo di Michel Jonasz, La Fabuleuse Histoire De Mister Swing. Restituisce benissimo il pianoforte, diversificando molto bene il timbro dello strumento usato, come accaduto nel confronto tra lo Steinway usato da Pogorelic per il Gaspard de la Nuit di Ravel (DGG) e il Bösendorfer con il quale Michel Frager ha eseguito musiche di Chopin (Telarc).
Quanto alla capacità di pilotaggio, dopo aver ascoltato, in terza fila, uno stupendo Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss (all’Auditorium di Milano), ho ritentato l’ascolto a casa, raggiungendo volumi maggiori di quelli ascoltati a teatro; quindi complimenti al “piccolo” (che poi mancasse lo stesso coinvolgimento dell’ascolto dal vivo, complici anche le registrazioni che proprio non ce la fanno, è altro conto).
A rodaggio avvenuto, pare evidente che la gamma bassa sia più corta rispetto a quanto sono solito ascoltare; non manca la potenza, ma direi che le note più basse, quelle che interessano la pedaliera dell’organo, la grancassa, i contrabbassi nelle loro note più profonde, mancano un po’ di energia proprio nella parte più profonda. Così come ho già detto gli acuti sono estesi, ma non proprio prominenti. Qualcuno penserà, “OK, suona solo la gamma media”; ma io non ho scritto questo. Ho scritto che suona tutto e bene con la sola limitazione del basso più profondo (che non si rileva nell’ascolto di normali programmi classici o anche jazz; e comunque sto parlando di frequenze veramente molto basse) e con l’acuto esteso ma non predominante. Come a dire, ribadisco, che si tratta di un suono parecchio “live”; non da prima fila, ma che ricorda bene la sala da concerto (e come ho più volte scritto, per me questo conta molto).
La sensazione di velocità è evidente con qualunque genere musicale, così come non affaticante risulta l’ascolto di lunga durata. I dischi passano senza grandi problemi, che si tratti di musica classica, elettronica, jazz, il piccolo Job, pur con il suo carattere, suona tutto. E anche la scena è decisamente ottima, forse non profonda come sono solito ascoltare, ma sicuramente ampia e anche discretamente alta. La dinamica, poi, non fa assolutamente difetto a questo amplificatore, posto che è ben difficile che possa entrare in crisi in normali ambienti domestici nei quali risulta invece anche sovrabbondante (anche usando casse acustiche poco sensibili).
Bisogna pur sempre ricordare che il costo lo attesta all’equivalente di 1500 €, una somma certo non elevata in relazione alle prestazioni che il piccolo JOB 225 ha offerto. Difficile ascoltarlo perché venduto solo online; bisogna fidarsi di chi scrive. Dopo aver steso le mie note d’ascolto ho letto un paio di recensioni online e ho visto che anche altri hanno rilevato più o meno le stesse cose.
Purtroppo non sono di quelli bravi che scrivono “questo amplificatore vale tre, quattro, cinque volte il suo prezzo”, anche perché mi domando cosa ci stanno a fare sul mercato i prodotti che sono surclassati da qualunque altro oggetto; e poi perché per poterlo scrivere si dovrebbe quantomeno aver ascoltato tutto quello che offre il mercato (cosa impossibile per chiunque); e poi perché ritengo che quel che poi conta sia il risultato finale, sommando sorgente, amplificazione, casse acustiche e curando l’ambiente. Ma è certo che se il costo del JOB è la somma che vi eravate prefissati di spendere, l’acquisto andrebbe meditato.
Un accenno al cavo di alimentazione Sweetcord (che ho ovviamente provato anche su tutti gli apparecchi del mio impianto, giusto per avere la certezza che quanto ascoltato con il JOB non fosse fuorviante). Il costo non è elevatissimo, soprattutto in rapporto alla notevole finitura del prodotto, questa sì di classe elevata. Quanto al suono, il cavo tiene fede al suo nome e rende il suono un pochino sweet; non toglie frequenze, ma calma appena gli acuti, rendendo ancor più godibili gli ascolti di lunga durata ed ampliando la scena in tutte le direzioni. Personalmente ho preferito il mio consueto cavo Systems & Magic o il cavo originale con classica e jazz, mentre con il repertorio vocale antico lo Sweetcord ha restituito meglio la magia di alcune registrazioni. A voi, dunque, la scelta.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: JOB Electronics
Venduto on-line 1.699,00 USD
Detto subito che in casa mia, per quanto abbia fatto, sia con le AN E SPx che con le PSB, la gamma acuta è sì estesa, ma non particolarmente spinta (diciamo che fa parecchio musica “live”, con gente intorno che assorbe un po’ di suono), per il resto è “grasso che cola” per l’audiofilo che non voglia o possa spendere cifre consistenti, ma chieda e voglia una qualità eccellente.
Intanto c’è da dire che l’apparecchio sfodera una capacità di pilotaggio degli altoparlanti degna di nota; a livello di dinamica non lo impensierisce nulla. Restituisce potentissimi colpi di grancassa e timpani, come nella Sagra della Primavera di Stravinski su Telarc (Maazel) o nella Fanfara dell’Uomo Comune di Copland (Chrystal Clear). Segue benissimo le evoluzioni delle voci, come accaduto nella Passione Secondo San Matteo di Bach diretta da Herreweghe (anno 2000) o nel doppio LP dal vivo di Michel Jonasz, La Fabuleuse Histoire De Mister Swing. Restituisce benissimo il pianoforte, diversificando molto bene il timbro dello strumento usato, come accaduto nel confronto tra lo Steinway usato da Pogorelic per il Gaspard de la Nuit di Ravel (DGG) e il Bösendorfer con il quale Michel Frager ha eseguito musiche di Chopin (Telarc).
Quanto alla capacità di pilotaggio, dopo aver ascoltato, in terza fila, uno stupendo Also Sprach Zarathustra di Richard Strauss (all’Auditorium di Milano), ho ritentato l’ascolto a casa, raggiungendo volumi maggiori di quelli ascoltati a teatro; quindi complimenti al “piccolo” (che poi mancasse lo stesso coinvolgimento dell’ascolto dal vivo, complici anche le registrazioni che proprio non ce la fanno, è altro conto).
A rodaggio avvenuto, pare evidente che la gamma bassa sia più corta rispetto a quanto sono solito ascoltare; non manca la potenza, ma direi che le note più basse, quelle che interessano la pedaliera dell’organo, la grancassa, i contrabbassi nelle loro note più profonde, mancano un po’ di energia proprio nella parte più profonda. Così come ho già detto gli acuti sono estesi, ma non proprio prominenti. Qualcuno penserà, “OK, suona solo la gamma media”; ma io non ho scritto questo. Ho scritto che suona tutto e bene con la sola limitazione del basso più profondo (che non si rileva nell’ascolto di normali programmi classici o anche jazz; e comunque sto parlando di frequenze veramente molto basse) e con l’acuto esteso ma non predominante. Come a dire, ribadisco, che si tratta di un suono parecchio “live”; non da prima fila, ma che ricorda bene la sala da concerto (e come ho più volte scritto, per me questo conta molto).
La sensazione di velocità è evidente con qualunque genere musicale, così come non affaticante risulta l’ascolto di lunga durata. I dischi passano senza grandi problemi, che si tratti di musica classica, elettronica, jazz, il piccolo Job, pur con il suo carattere, suona tutto. E anche la scena è decisamente ottima, forse non profonda come sono solito ascoltare, ma sicuramente ampia e anche discretamente alta. La dinamica, poi, non fa assolutamente difetto a questo amplificatore, posto che è ben difficile che possa entrare in crisi in normali ambienti domestici nei quali risulta invece anche sovrabbondante (anche usando casse acustiche poco sensibili).
Bisogna pur sempre ricordare che il costo lo attesta all’equivalente di 1500 €, una somma certo non elevata in relazione alle prestazioni che il piccolo JOB 225 ha offerto. Difficile ascoltarlo perché venduto solo online; bisogna fidarsi di chi scrive. Dopo aver steso le mie note d’ascolto ho letto un paio di recensioni online e ho visto che anche altri hanno rilevato più o meno le stesse cose.
Purtroppo non sono di quelli bravi che scrivono “questo amplificatore vale tre, quattro, cinque volte il suo prezzo”, anche perché mi domando cosa ci stanno a fare sul mercato i prodotti che sono surclassati da qualunque altro oggetto; e poi perché per poterlo scrivere si dovrebbe quantomeno aver ascoltato tutto quello che offre il mercato (cosa impossibile per chiunque); e poi perché ritengo che quel che poi conta sia il risultato finale, sommando sorgente, amplificazione, casse acustiche e curando l’ambiente. Ma è certo che se il costo del JOB è la somma che vi eravate prefissati di spendere, l’acquisto andrebbe meditato.
Un accenno al cavo di alimentazione Sweetcord (che ho ovviamente provato anche su tutti gli apparecchi del mio impianto, giusto per avere la certezza che quanto ascoltato con il JOB non fosse fuorviante). Il costo non è elevatissimo, soprattutto in rapporto alla notevole finitura del prodotto, questa sì di classe elevata. Quanto al suono, il cavo tiene fede al suo nome e rende il suono un pochino sweet; non toglie frequenze, ma calma appena gli acuti, rendendo ancor più godibili gli ascolti di lunga durata ed ampliando la scena in tutte le direzioni. Personalmente ho preferito il mio consueto cavo Systems & Magic o il cavo originale con classica e jazz, mentre con il repertorio vocale antico lo Sweetcord ha restituito meglio la magia di alcune registrazioni. A voi, dunque, la scelta.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: JOB Electronics
Venduto on-line 1.699,00 USD