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laVerdi - Concerto del 25 Novembre 2016 
Musiche di Dvořàk e Smetana
Maximilian Horung, violoncello
Jader Bignamini, direttore
Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi

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Strepitoso.

Difficile pensare ad altro aggettivo per il concerto del 24 novembre che ha visto impegnati il violoncellista Maximilian Hornung, il Maestro Jader Bignamini e l’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi.

Preciso subito che cito tutti e tre perché il violoncellista ha eseguito benissimo la sua parte, il direttore ha diretto bene, ma l’orchestra è stata la vera stella della serata, compiaciuta in modo evidente del suo grande lavoro, che è peraltro stato molto apprezzato dal pubblico (i “bravi!” verso l’orchestra si sono sprecati; e giustamente, aggiungo io).
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Partiamo dal fondo.
Le Danze Ungheresi, che diedero la prima notorietà ad Antonin Dvořàk sono state scelte dalle due raccolte op. 46 e op. 72. Splendida l’esecuzione, palpitante di vita, con tempi corretti rispetto alle partiture e una risolutezza del gesto del M° Bignamini che ha condotto l’orchestra in modo eccellente; e l’orchestra, altrettanto in modo eccellente, ha risposto al suo comando fornendo una esecuzione al limite della perfezione tecnica (un solo, piccolissimo ritardo nell’attacco delle trombe in una singola danza), ma soprattutto con una grande gioia che è poi stata passata al pubblico.
Mi si passi il termine: elettrizzante.

Vltava, ovvero La Moldava di Bedřich Smetana, tenuta a tempo apparentemente più rapido del solito, è stata eseguita con grande ricchezza timbrica, con giusti giochi sulle dinamiche, con un tempo in cui il misurato rubato ha dato vita alla musica; poca accademia, tanto di umano in quella esecuzione, per nulla trattenuta ed anzi partecipata. Orchestra assolutamente perfetta.

Tuttavia la serata ha avuto inizio con il meraviglioso concerto per Violoncello e orchestra di Dvořàk, complesso, dalla variazione di “clima” da tempo a tempo, quasi da momento a momento. Una esecuzione vibrante da parte di Maximilian Hornung, violoncellista ormai avviato al successo mondiale, in grado di controllare ogni singola nota, ogni variazione dinamica, differenziare la cavata; peccato che il suo violoncello avesse un suono un po’ debole (probabilmente si tratta di uno strumento settecentesco), ma Bignamini ha fatto in modo di non coprirlo.

La direzione del M° Bignamini è stata splendida, puntuale, perfettamente a tempo con il solista, magniloquente ove fosse richiesto. Dall’inizio del primo movimento, sino al finale dell’ultimo movimento (ove il tema del primo movimento viene peraltro richiamato), direzione e orchestra, oltre al solista, hanno portato all’entusiasmo del pubblico presente.

Bellissimo concerto. Ma mi sia permessa una osservazione. Nella mia abbastanza lunga vita, ho partecipato a concerti diretti da mostri sacri (da Celibidache a Karajan a Kleiber e poi via attraverso Giulini, Solti, Abbado, Muti, Maazel, il poco compreso Sawallisch) e ho ascoltato anche orchestre non solo italiane, ma “macchine da guerra” come i Berliner o i Wiener o i Muenchener.

Bene, lo scrivo serenamente; la prestazione offerta dall’Orchestra Sinfonica Giuseppe Verdi, l’altra sera, non era da meno da quanto sentito a Berlino o a Monaco o a Vienna.

La Verdi ha un’orchestra matura; e non siamo secondi a nessuno.

Domenico Pizzamiglio
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Di solito evito accuratamente di aggiungere qualcosa alle competenti recensioni di Domenico, che di musica classica conosce molto più di me, ma l'entusiasmo che anche in me ha scatenato questo concerto dev'essere in qualche modo testimoniato.

Superfluo è forse ribadire l'ammirazione che portiamo a questo giovane direttore d'orchestra, che abbiamo da poco avuto l'onore di intervistare qui ma devo dire che, tra i tanti ascolti dei miei dischi di classica (ed anche un po' di concerti), molto raramente ho sentito orchestre con una coesione ed una precisione simile, al limite della perfezione.

Chi abbia suonato uno strumento qualsiasi, non necessariamente in una grande orchestra, ma anche in una band di quattro elementi, ben sa quanto sia difficile andare a tempo negli attacchi, nei sincopati, nelle pause. La perfezione in un'orchestra di 30 elementi o più, sembra al limite delle possibilità umane. Solo un gesto deciso ed autoritario del direttore d'orchestra può aiutare i musicisti a suonare tutti insieme ed il Maestro Bignamini ci ha dimostrato ancora una volta di saperlo fare alla perfezione. 


Angelo Jasparro
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