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Come la ... sento io
parte terza
Ho lasciato passare un po’ di tempo dall’articolo precedente, a causa di altri impegni che hanno assorbito molto del mio tempo. Mi avete scritto in molti, chiedendomi di proseguire questa rubrica, che avete evidentemente trovato interessante.
Oggi provo a parlarvi di registrazioni di pianoforte. Argomento giustamente controverso, visto che si parla di uno degli strumenti più complessi da riprendere. E non è solo un fatto tecnico, ma anche di gusto personale, e sto per dimostrarvelo. Prendiamo due registrazioni dello stesso artista, della stessa casa discografica, distanti solo 3 anni tra loro, e realizzate con la stessa tecnologia 4D DDD. Qualcuno avrà già capito che parliamo di Deutsche Grammophon, etichetta amata-odiata dagli appassionati di audio, che nel tempo è stata capace di grandissime registrazioni, ma anche di cadute di qualità deludenti. L’artista è un pianista davanti al quale ci si può solo togliere il cappello: Ivo Pogorelich. I CD sono: I quadri di un’esposizione di Mussorgsky e le Sonate per pianoforte KV 283 e KV 331 di Mozart. Parliamo quindi di due opere d’arte vere e proprie, non di noiose lagne per audiofili impallinati che sondano improbabili magie nel suono del loro impianto. La differenza “tecnica” delle due registrazioni sta nelle 3 persone che si sono occupate delle riprese e, vado a sensazione, il luogo delle esecuzioni. Per quanto riguarda Mozart, sappiamo per certo che la performance si è tenuta nella Friedrich-Ebert-Halle di Amburgo, mentre non ci danno notizie del luogo dove sono stati registrati i “Quadri” ed i “Valses nobles et sentimentales” di Ravel. Parto da quest’ultima registrazione, i celeberrimi “Quadri”, citati spessissimo anche dall’amico e collega Marco Cicogna di AudioReview. Dalle prime note della Promenade, ma soprattutto durante la violenta Bydlo, si ascolta un pianoforte estremamente definito, pieno di particolari, dinamico e timbricamente inappuntabile.
La disposizione dei microfoni è certamente in posizione estremamente ravvicinata rispetto alle corde dello strumento, ma anche all’esecutore, del quale sentiamo chiaramente i respiri affannosi durante le parti più concitate, così come sentiamo alcuni rumori meccanici dello strumento, soprattutto dei pedali. Bello, “scenografico”, potrei aggiungere. Ma, siccome siamo qui a cercare il pelo nell’uovo, altrimenti questi articoli divulgativi non avrebbero motivo di esistere, dico che, a mio parere, è una registrazione innaturale. Non perché ci sia qualcosa che non va, se aveste l’esecutore nella vostra sala, a 2 metri da voi, ascoltereste esattamente questo suono. Ma se andate ad un concerto in un teatro, il suono che ascoltate è diverso. Intanto molti particolari (che non fanno parte strettamente della musica) vi sfuggirebbero, ma in compenso avreste un suono “ambientato”, più consono alle nostre abitudini, se frequentiamo le sale da concerto. Intendiamoci: non è una critica alla registrazione, la mia. Personalmente avrei dato più risalto (do per scontato che siano stati utilizzati) ai microfoni d’ambienza, così da dare l’impressione di un concerto eseguito non dico per forza in un grande teatro, ma almeno in un salone, mentre in questo caso il suono è tra i diffusori, anche un po’ più largo, ma schiacciato contro la parete davanti ai miei occhi. E’ una questione di gusto personale, che sia ben chiaro. Voi vi sedete davanti ad un impianto in grado di riprodurre un pianoforte come si deve, e vi “bevete” questo CD come se niente fosse, perché suona bene, oltre ad avere una qualità compositiva ed esecutiva eccelsa. Parte il CD di Mozart, ed improvvisamente il suono sembra prendere una dimensione più vera, più naturale. Non mancano neanche qui i dettagli più sottili, né il respiro di Pogorelich, ma sono più “integrati” nella scena finalmente tridimensionale. La dinamica, alla fine, non è inferiore alla registrazione precedente, solo che la musica è ora suonata in un teatro, che ci vede seduti tra le prime file, ma il contributo del soffitto e di parte delle pareti laterali ora c’è, com’è giusto che ci sia, a parer mio.
Il timbro del pianoforte, rispetto alla registrazione precedente, non perde nulla. La tastiera è completa, piena nelle note più gravi, leggiadra ma col giusto peso in quelle più acute. Ma se chiudiamo gli occhi, se prima ci sembrava di essere seduti vicinissimo al pianoforte, adesso lo ascoltiamo ad una decina di metri. Torna la domanda di prima: quale delle due registrazioni è più corretta? Risolviamo così: se suonate il piano, preferirete la prima, se invece andate a teatro ad ascoltare i concerti, anche di pianoforte solo, troverete più naturale la seconda. In ogni caso, il “tocco” di Pogorelich è sempre da grandissimo pianista ed interprete, e ve ne convincerete ancora di più ascoltando come trasforma il suo modo di suonare, passando per tre compositori estremamente diversi tra loro: Mussorgsky, Ravel e Mozart. Due CD che non potete non avere nella vostra discoteca. Adesso vi parlerei di un altro “piano audiofilo” per definizione, e cioè del Concerto di Colonia di Keith Jarrett. Bel disco, soprattutto il primo brano, quello della prima facciata del vinile (perché del vinile stiamo parlando). La qualità della ripresa … insomma … dal mio punto di vista lascia un po’ a desiderare.
Piuttosto sbilanciato in gamma media, dal medio-basso in giù è carente. La prospettiva nello spazio ci colloca alle spalle di Jarrett. Per un ascoltatore è insolita, ma non si può criticare a priori. Manca il decadimento nelle note, è tutto un po’ asciutto, ma la qualità esecutiva del brano tende a far passare in secondo piano le lacune tecniche. Certo, adottarlo come disco test per gli impianti, è a mio parere un tantino fuorviante. Un altro CD con un piano decisamente strepitoso è “Berlin Affair” (Organum), co-prodotto da MBL (si, proprio quella), e registrato in alta risoluzione per un DVD Audio (che non possiedo), con mezzi tecnici di livello altissimo. Qualche nome: Schoeps, FM Acoustics, dCS, Nagra, Weiss, MBL, Stax. Sono brani di Chopin interpretati molto bene dalla giapponese Chie Ishii, seguiti da un paio di pezzi composti da lei stessa, ed alla fine un brano di percussioni suonate da Wolfgang Thierfeldt, registrato anch’esso magistralmente.
Restando sul pianoforte, credo sia una delle registrazioni più naturali che conosca. Nessuna spettacolarizzazione o voglia di stupire; i tecnici hanno colto esattamente l’atmosfera di un recital in una grande sala piuttosto riflettente, e ci trasportano ogni volta nella Haus des Rundfunks di Berlino. Questa è la magia delle registrazioni perfette, se riprodotte da un impianto all'altezza. Angelo Jasparro Dicembre 2020 - segue Vai all'introduzione |