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Come la ... sento io
parte quarta
Oggi proviamo a trattare, senza alcuna velleità scientifica, il tema della soggettività dell'ascolto del suono, spesso contrapposto a quello dell'oggettività che si richiede (o si dovrebbe richiedere) ad un impianto di riproduzione audio.
La storia ci ricorda che l'industria dell'elettronica ha sempre cercato di stabilire degli standard di laboratorio che potessero definire la qualità minima degli apparecchi, perché potessero fregiarsi del marchio "Hi-Fi", tramite le norme DIN tedesche. Norme che erano evidentemente figlie del loro tempo, e che presto sono state superate senza alcuna difficoltà da tutti gli attori sul mercato, diventando in effetti piuttosto inutili. Da un bel po' di anni, ormai, nessuno utilizza più quello standard; ognuno misura i propri apparecchi con parametri che si presumono (sbagliando) uguali per tutti, e si danno in pasto i dati ai consumatori, che possono così leggere 3.000 Watt PMPO, che non significano nulla, e farsi accalappiare dalle peggiori schifezze da discount. Tocca quindi fare un po' di ordine nella questione della riproduzione audio. Noi di Audio-activity.com non abbiamo certo questa pretesa, però ci piace dirvi la nostra sull'argomento della percezione soggettiva dei suoni musicali, che troppo spesso viene preso a pretesto per un "liberi tutti" che giustifica le peggiori nefandezze sonore. Inutile rifare l'ennesimo ripasso sul funzionamento dell'orecchio umano, anche perché ne abbiamo già parlato nell'articolo sull'orecchio bionico. Ci concentreremo invece sulla famigerata "percezione": la madre di tutte le soggettività (parrebbe). Nessuno di noi può negare, evidentemente, che la conformazione dell'apparato auricolare comporti lievi differenze, e che durante la trasmissione dei segnali sonori, il percorso tra timpano e porzione di cervello deputata alla trasduzione degli impulsi elettrici in suoni, ci possano essere differenze. Piccole differenze, intendiamoci, che tutti sappiamo riconoscere l'abbaiare di un cane dal miagolio di un gatto. Una volta che abbiamo avuto l'imprinting, i suoni restano riconoscibili da tutti, qualsiasi sia il loro apparato di ricezione dei suoni, in qualsiasi parte del mondo ed in qualsiasi cultura. Ma noi che abbiamo l'hobby dell'alta fedeltà, siamo "oltre", non ci basta sapere se è un cane ad abbaiare, vogliamo riconoscerne la razza, il peso, il colore del pelo e l'età; questo complica un bel po' le cose e per raggiungere il risultato attacchiamo apparecchi, li stacchiamo, cambiamo i supporti che li reggono, trattiamo acusticamente le stanze dove ascoltiamo, spendiamo cifre inenarrabili e passiamo notti insonni cercando di convincerci che dette spese siano pienamente giustificate dai risultati ottenuti. Poi siamo lì, bei tranquilli, che leggiamo i forum o Facebook, e troviamo opinioni espresse direttamente, o rimandi a "riviste del settore" che ci spiegano che abbiamo solo perso tempo, che tanto la percezione del suono è così soggettiva che il risultato che abbiamo raggiunto e che tanto ci piace, risulterà inascoltabile per il nostro amico del cuore, e per molti altri "esperti". Il panico comincia a serpeggiare tra le fila audiofile, si leggono risposte balbettanti, gente che dà ragione al parere del "guastatore" di turno, martellandosi i santissimi con stile tafazziano, mentre altri cercano di organizzare una strenua resistenza, senza troppa convinzione. Ed è qui che noi di Audio-activity.com, in un impeto di altruismo e generosità, cerchiamo di intervenire in aiuto degli eroi che con tanto coraggio cercano di difendere le proprie posizioni. Il principio è, anzi verissimo. Nessuno di noi ascolta esattamente allo stesso modo, ma vi informo che ai fini di ciò che stiamo dicendo, non ce ne frega niente. L'unica condizione perché si possa partire tutti con lo stesso metro di giudizio, è conoscere (e scusate se i ripeto per la centomillesima volta) il suono degli strumenti dal vero; soprattutto quelli acustici. Altrimenti possiamo anche parlare di cartoni animati, che tanto è lo stesso. Torniamo alla soggettività: lo sapete che se siete per la prima volta al cospetto di un violino, e qualcuno vi dice che si chiama "chitarra", la prima volta che lo riascolterete in un impianto vi toccherà litigare, sempre col famoso amico del cuore, che insisterà a chiamarlo violino, mentre per voi è una chitarra? Quindi: per prima cosa dobbiamo sapere tutti di cosa stiamo parlando, altrimenti non se ne esce. Una volta assodato questo più che rilevante problema, approfondiamo la soggettività. Diamo per scontato che ognuno ascolterà la stessa chitarra (o violino, o qualsiasi altro suono) con lievi differenze, causa apparato uditivo o anche semplice abitudine all'ascolto diversa. L'impressione che ognuno di noi avrà dal vivo sarà la stessa che dovrà al cospetto della riproduzione del suono. Dobbiamo ovviamente dare per scontato un sistema di registrazione e di riproduzione perfetto (che non esiste) per ridurre le variabili a zero, altrimenti non ne usciamo più. Diciamo che cercheremo un suono vicino a quello che abbiamo come riferimento reale. Quindi, è vero che come suona il mio impianto per me non è ESATTAMENTE come suona il mio impianto per Domenico (toh, un amico a caso), ma resterà una certa comunanza di impressioni e di valutazioni, che deriva da ampie esperienze di ascolti, sia di musica dal vivo, che di impianti. Se l'ascolto fosse così soggettivo come ci vogliono far credere che sia, questa comunanza di impressioni e di valutazioni non potrebbe verificarsi. Facciamo un altro esempio, più semplice. Mettiamo che io sia daltonico e butto lì una cosa: i girasoli, che per tutti sono gialli, io li vedo blu. Non c'è niente da fare, per me sono blu, mentre per voi sono gialli. Poco male, ai fini del nostro discorso. Poi vado al museo e vedo "I girasoli", il famoso quadro di Van Gogh. Come sono i girasoli del quadro? Sono ancora una volta gialli per voi, blu per me. Quindi, ecco che la percezione del quadro sarà molto diversa tra voi e me e allora, secondo qualcuno, buttiamo via secoli di opere d'arte perché ognuno vede un colore diverso? Sto estremizzando, ma penso alle mille discussioni che ho avuto con gentili donzelle che guardano un vestito, e cominciano a descrivere colori con linguaggi in codice tipo "pervinca", "uova di pettirosso", "ametista", e non so quanti altri, che per me sono violetto o verdino. Per tacere di quando chiamo ereticamente "nero" un blu molto scuro. Percezioni diverse, certo. Ma, come avrete ormai concluso anche voi, se per me il giallo dei fiori è blu, anche il quadro di Van Gogh sarà blu. Per voi il giallo è giallo? Il quadro è giallo. Le nostre percezioni divergono alla fonte ma alla fine, il girasole blu deve rimanere dello stesso blu per me, e quello giallo deve rimanere dello stesso giallo per voi. Stiamo guardando la stessa cosa, sebbene i modo distorto, ma distorto già dall'inizio; il quadro è stupendo per entrambi, ed entrambi percepiamo lo stesso grado di aderenza al reale, per quanto nelle intenzioni del pittore. La soggettività ce la portiamo dall'inizio alla fine del percorso percettivo, e di conseguenza non può in alcun modo incidere sul risultato finale. La fedeltà a quanto percepiamo inizialmente è quella che troviamo alla fine della catena, ed è questo ciò che conta. Conta ascoltare il suono, o vedere il colore, come in originale. Se concordate con questo punto di vista, capirete che alla fine tutti dovremmo cercare (e trovare) lo stesso risultato: ascoltare suoni quanto più verosimili a quelli reali. Angelo Jasparro Agosto 2021 - segue Vai all'introduzione |