Kiseki Purpleheart N.O.S.
alias: la Musica
Toh,
chi si rivede! La Kiseki! C’eravam persi di vista vent’anni fa e
ora ci si ritrova; solo che io sono invecchiato e ingrassato, mentre
lei è sempre uguale. Torna disponibile, in versione N.O.S., la Kiseki Purpleheart che, insieme con la Blue e le sue sorelle ci deliziò negli anni 80/90, prodotta in soli 49 esemplari per tutto il mondo. Le mitiche creazioni del signor Fukada … e non mitiche perché il signor Fukada fosse un mito (una specie di Ikeda o Kondo o Sugano), quanto perché il signor Fukada proprio non esisteva. Ora lo sappiamo, ma un tempo su questa storia si è creato anche il mito di Kiseki che probabilmente è nato sull’equivoco di un falso clamoroso, ma che di falso all’ascolto non aveva (e non ha) proprio nulla. La storia, simpatica, del distributore olandese di Koetsu è sul sito stesso di Kiseki e leggerla è divertente; visto che l’approvvigionamento di Koetsu era difficile (negli anni 80 e 90 Koetsu se ne vendevano parecchie e probabilmente il produttore non riusciva a seguire l’andamento del mercato) e ottenuto uno step-up fatto addirittura da Kondo (quello che io chiamavo il bassotto, perché era cilindrico e mi ricordava quel cane pieno di carattere), è partito il successo di Kiseki e del suo Fukada San.
Oggi conosciamo bene la storia e dopo un po’ di assenza dal mercato (se ne trovano usate, ma spesso con un nuovo e diverso stilo e quindi non certo uguali agli originali) è tornata per prima la Blue e ora la Purpleheart, o Amarantite, come si chiama in italiano il legno dal quale è ricavato il corpo della Kiseki qui in prova. La testina utilizza lo stesso motore della Blue, ma in un corpo che offre il fianco ad un minor numero di risonanze; il costruttore ci dice, poi, che non tutti i pezzi che compongono la testina sono nuovi, ma alcuni sono anch’essi NOS; quali non è dato sapere. Ma al di là dei meri dati tecnici e dell’aura di mistero che aleggia intorno a Kiseki, quel che poi resta è la testina e le sue qualità all’ascolto (e il titolo di questo scritto mi sembra vi dia già qualche indicazione in più).
Devo dire che quando Angelo Jasparro mi ha proposto la prova di questa testina, ne sono stato ben lieto. I miei ricordi con Kiseki erano vivi ed erano di quelli che si portano nella memoria (praticamente alla domanda “quale testina vorresti riavere”, la risposta era pressoché sempre la stessa: “ la Kiseki e la Ortofon MC 3000”).
Comunque ci troviamo in presenza di una testina abbastanza pesante (10 gr circa), con una elevata cedevolezza di 15 mN, che legge ad un peso di 1,8 gr (il range completo va da 1,5 a 2,0, con il miglior peso che è quello che ho indicato) ed ha una uscita di 0,4 mV. Step-up o pre-fono attivo? In realtà Kiseki non fa più i suoi mitici step-up (almeno, non per il momento) e sul sito non si fa menzione né di un apparecchio né di un altro, ma viene detto che l’impedenza di carico va da 100 a 47.000 Ohm e che l’impedenza interna è di 12 Ohm. Il cantilever è in boro e la puntina ha taglio ellittico.
Devo dire che quando Angelo Jasparro mi ha proposto la prova di questa testina, ne sono stato ben lieto. I miei ricordi con Kiseki erano vivi ed erano di quelli che si portano nella memoria (praticamente alla domanda “quale testina vorresti riavere”, la risposta era pressoché sempre la stessa: “ la Kiseki e la Ortofon MC 3000”).
Comunque ci troviamo in presenza di una testina abbastanza pesante (10 gr circa), con una elevata cedevolezza di 15 mN, che legge ad un peso di 1,8 gr (il range completo va da 1,5 a 2,0, con il miglior peso che è quello che ho indicato) ed ha una uscita di 0,4 mV. Step-up o pre-fono attivo? In realtà Kiseki non fa più i suoi mitici step-up (almeno, non per il momento) e sul sito non si fa menzione né di un apparecchio né di un altro, ma viene detto che l’impedenza di carico va da 100 a 47.000 Ohm e che l’impedenza interna è di 12 Ohm. Il cantilever è in boro e la puntina ha taglio ellittico.
Pare che ora sia stata ripristinata l’intera serie di testine NOS, comprese la Agaat e la Blackheart, per la gioia degli estimatori del marchio; ma ora sotto la lente d’ingrandimento c’è lei, la Purpleheart che non viene più prodotta con la doppia opzione della scelta del cantilever (zaffiro o boro), ma viene venduta con il solo cantilever in boro.
La testina è stata inserita nel mio impianto, al momento così costituito: giradischi Bauer Audio DPS, braccio Mørch DP 6, pre-fono American Hybrid Technology –P, preamplificato Lavardin P6, amplificatore finale Wyred4Sound ST250, casse acustiche Audio Note AN E SPx. Ho anche utilizzato un pre-fono Lehmann Black Cube perché mi permetteva di avere anche l’ingresso MM che il mio AHT non ha e quindi fare un confronto dell’ascolto della Kiseki con il Lehmann come phono MC e il Lehmann come phono MM + il trasformatore Ortofon T30.
Prima di tutto, l’accoppiamento meccanico. Non usate bracci pesanti. La cedevolezza ed il peso elevati della Purpleheart tendono facilmente a far scivolare la frequenza di risonanza sotto gli 8 Hz canonici. A dire il vero con il mio disco test Ortofon si era a 7 Hz già con 10/11 gr di peso e le oscillazioni tra 9 e 8 Hz le ho ottenute con la canna Red del mio braccio Morch che vale 6 gr di massa. Cosa accade eccedendo con la massa (ovviamente ho provato anche la canna Blue che ho poi ulteriormente appesantito con una piastrina metallica di 3 gr di massa; la frequenza di risonanza era a 5 Hz): il suono si soffoca. Il basso sembra molto esteso (come poi di fatto è), ma è anche monocorde, troppo frenato e anche il resto della gamma non è che ne benefici poi più di tanto, perché anche le frequenze acute tendono ad essere arretrate più del necessario. Ma è proprio sulla resa del basso che mi sono concentrato (se andate a leggere la recensione della Lyra Kleos, comprenderete perché). E ora della fine mi sento di scrivere che i 10 gr circa dei normali SME IV o V, o dei Rega tipo il 1000 e di tanti altri, sono già più che sufficienti; ed infatti Kiseki cosa dichiara? Di usare bracci di massa media.
Per l’accoppiamento elettrico, al di là del dato fantasioso del carico consigliato (come a dire “tutto è possibile”) dopo un po’ di prove, ho preferito il carico attivo di 100 Ohm. Come step-up ho utilizzato un Ortofon T30 impostando il carico a 12 ohm che è quello interno della Purpleheart. Evito di ripetere che secondo me, al di là del corretto carico offerto dal trasformatore, preferisca poi l’uso del fono attivo; il suono non perde né di peso, né di estensione, ma trovo che la gamma acuta suoni appena più libera con il phono attivo. Mi sarebbe tanto piaciuto riutilizzare “il bassotto” (il trasformatore di Kiseki), ma il suo rientro sul mercato non pare in previsione; almeno non in tempi brevi.
Detto subito che la dimatura è quantomai difficoltosa con normali bracci imperniati (ma non lo sarà per chi ha il braccio con la sua apposita dima, come Graham) e questo perché il cantilever e la puntina lavorano in centro ad un corpo piuttosto lungo e che resta molto basso sulla superficie del disco, non traete conclusioni affrettate e aspettate di aver ascoltato almeno quattro o cinque vinili; all’inizio la testina manifesta problemi di compressione dinamica e di cattivo tracciamento che scompaiono poco a poco. Quanto il rodaggio è fatto, se c’è un parametro dove la Purpleheart eccelle è proprio il fluire della dinamica e anche la cosiddetta “botta” che non solo non manca, ma è quanto di più eccitante mi sia stato possibile ascoltare (ed in questo mi ha rimandato alla Blue che acquistai ormai tanti anni fa).
Dal punto di vista timbrico, l’ho scritto sopra, Kiseki ricrea la Musica.
Mi ha fatto lo stesso effetto che, in ambito digitale, mi aveva fatto il DAC A1 di Total DAC, per il quale avevo scritto quanto mi fosse stato difficile recensirlo perché dopo poco che lo si ascolta, i parametri audiofili iniziano a scemare per lasciar posto alla Musica, con il risultato che si trova trasportati da questa e non certo da qualche caratteristica spettacolare, anche con la Purpleheart non mi è stato facile discernere i bassi dai medi, i medi dagli alti, la scena, la dinamica ecc. I timbri sono di rara bellezza, ricchi di sfumature, con strumenti che hanno corpo e che affascinano proprio perché non restano dei – pur belli - ectoplasmi. Tanto per citare un LP che ho citato poco (non è vero …), ascoltando il Concerto per il Nuovo Anno 1979, su Decca Digital, con la direzione di Boskovski, i timbri di tutti gli strumenti hanno qualcosa di vivo; poco importa se l’estremo acuto è meno presente del solito perché in realtà anche sulle piccole percussioni metalliche il suono ha un sapore di vero; per non parlare degli archi gravi, degli interventi di timpani e grancassa che non sono solo potenti, profondi e ben dinamici, ma non sono mai confusi. La bellezza della gamma medio-alta, leggermente posta in evidenza e la delicata gamma acuta provocano sensazioni che rimandano alla sala da concerto; un esempio per tutti il flauto, che ha quell’aura d’aria intorno a sé come capita di ascoltare dal vivo.
Analogo risultato con il Sacre du Printemps di Stravinski, nell’esecuzione di Maazel su Telarc, registrazione caratterizzata da un sottolineatura della gamma più alta che con la Kiseki torna ad essere normale; anche qui bei timbri, suoni naturali, eccellente dinamica, dinamica che nell’episodio “la glorificazione dell’eletta” diventa esplosiva (il volume era alto e la potenza di cui dispongo non è poca, soprattutto in considerazione del fatto che le AN E sono piuttosto efficienti), con colpi di timpano e grancassa che non sovrastano il testo dell’orchestra, ma hanno una potenza che mi ha fatto temere per la tenuta dei woofers.
L’ascolto dell’Oratorio di Natale di J.S. Bach nell’esecuzione di Gardiner su Archiv mi è parsa più “gioiosa” del solito; la dinamica, mai in sofferenza e la bellezza dei timbri, la loro “verità” già più volte citata, fanno entrare nella partitura, piuttosto che nel semplice ascolto critico. All’ascolto critico, soprattutto nei confronti con l’altro materiale a mia disposizione, è evidente che la parte più alta dello spettro audio è un po’ trattenuta e che a volte qualche suono nel medio-basso è appena accentuato, ma ho dovuto far ricorso ad una dose di concentrazione che andava al limite delle mie possibilità di ex cantante, posto che poi mi immergevo nell’ascolto della Musica.
La Purpleheart è onnivora; Jazz? Si, grazie. Cantautori? Certo. Rock? Si, si. In ogni genere permane, sempre e comunque, quella sensazione di suono dal vivo, di essere al cospetto di un palcoscenico. Non so se si tratti di un felice accoppiamento con il resto della mia catena, ma questa sensazione non mi ha mai abbandonato. Fatto sta che anche ascoltando Brain Salad Surgery di EL&P, produzione non esattamente audiofila, il volume continuava ad aumentare (sino a che mia moglie non mi ha ricordato che abitiamo in un palazzo e non in una villa isolata).
Ed anche con il bellissimo LP doppio “La fabuleuse histoire de Mister Swing”, concerto dal vivo degli anni 80 di Michel Jonasz, nel brano Le temps passé, il basso è potente (e non so quanti dei lettori conoscano questo disco e sappiano di quale potenza sto parlando; consiglio l’acquisto di questo disco che si trova facilmente su Internet), perfettamente intellegibile in tutte le sue sfumature, veloce nei tempi di attacco e corretto in quelli di decadimento, come corretti sono apparsi tutti gli altri strumenti e la voce di Jonasz. A volume elevato, “sembrava di averli lì davanti”.
Peraltro la Kiseki traccia molto bene; non siamo ai livelli dei due “mostri” che son passati per casa recentemente (la Audio Note IO-M e la ZYX Diamond Gold), ma siamo senz’altro ai livelli delle altre testine provate negli ultimi tempi e i fenomeni di fatica nel dipanare il messaggio sonoro, anche il più intricato, sono raramente percepibili e certamente non con i normali dischi di produzione Decca, DGG o EMI che abbiamo tutti in casa. Qualcosa si è manifestato con alcuni Telarc, con il Crystal Clear che contiene la Fanfare For The Common Man di Copland, ma il tutto nella media dei prodotti di costo simile.
Qualcuno penserà che negli ultimi tempi tutte le testine provate andavano bene. Purtroppo (per il recensore) è vero e la difficoltà maggiore nello stilare questi scritti è proprio il tentativo di far capire (con parole) quel che le orecchie ascoltano. E’ anche vero che i prezzi sono comunque importanti, ma è altresì vero che ognuno potrà poi fare la sua libera scelta. Ma per chi (permettetemi il volo pindarico) cerca l’espressività della musica da una testina a bobina mobile, con Kiseki probabilmente le si avvicinerà molto.
Attendiamo ora – con una certa impazienza - che rinascano la Agaat e la Blackheart e che il distributore ce le faccia provare.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Kiseki
Distributore: Audio Reference
Prezzo 2.250,00 €
La testina è stata inserita nel mio impianto, al momento così costituito: giradischi Bauer Audio DPS, braccio Mørch DP 6, pre-fono American Hybrid Technology –P, preamplificato Lavardin P6, amplificatore finale Wyred4Sound ST250, casse acustiche Audio Note AN E SPx. Ho anche utilizzato un pre-fono Lehmann Black Cube perché mi permetteva di avere anche l’ingresso MM che il mio AHT non ha e quindi fare un confronto dell’ascolto della Kiseki con il Lehmann come phono MC e il Lehmann come phono MM + il trasformatore Ortofon T30.
Prima di tutto, l’accoppiamento meccanico. Non usate bracci pesanti. La cedevolezza ed il peso elevati della Purpleheart tendono facilmente a far scivolare la frequenza di risonanza sotto gli 8 Hz canonici. A dire il vero con il mio disco test Ortofon si era a 7 Hz già con 10/11 gr di peso e le oscillazioni tra 9 e 8 Hz le ho ottenute con la canna Red del mio braccio Morch che vale 6 gr di massa. Cosa accade eccedendo con la massa (ovviamente ho provato anche la canna Blue che ho poi ulteriormente appesantito con una piastrina metallica di 3 gr di massa; la frequenza di risonanza era a 5 Hz): il suono si soffoca. Il basso sembra molto esteso (come poi di fatto è), ma è anche monocorde, troppo frenato e anche il resto della gamma non è che ne benefici poi più di tanto, perché anche le frequenze acute tendono ad essere arretrate più del necessario. Ma è proprio sulla resa del basso che mi sono concentrato (se andate a leggere la recensione della Lyra Kleos, comprenderete perché). E ora della fine mi sento di scrivere che i 10 gr circa dei normali SME IV o V, o dei Rega tipo il 1000 e di tanti altri, sono già più che sufficienti; ed infatti Kiseki cosa dichiara? Di usare bracci di massa media.
Per l’accoppiamento elettrico, al di là del dato fantasioso del carico consigliato (come a dire “tutto è possibile”) dopo un po’ di prove, ho preferito il carico attivo di 100 Ohm. Come step-up ho utilizzato un Ortofon T30 impostando il carico a 12 ohm che è quello interno della Purpleheart. Evito di ripetere che secondo me, al di là del corretto carico offerto dal trasformatore, preferisca poi l’uso del fono attivo; il suono non perde né di peso, né di estensione, ma trovo che la gamma acuta suoni appena più libera con il phono attivo. Mi sarebbe tanto piaciuto riutilizzare “il bassotto” (il trasformatore di Kiseki), ma il suo rientro sul mercato non pare in previsione; almeno non in tempi brevi.
Detto subito che la dimatura è quantomai difficoltosa con normali bracci imperniati (ma non lo sarà per chi ha il braccio con la sua apposita dima, come Graham) e questo perché il cantilever e la puntina lavorano in centro ad un corpo piuttosto lungo e che resta molto basso sulla superficie del disco, non traete conclusioni affrettate e aspettate di aver ascoltato almeno quattro o cinque vinili; all’inizio la testina manifesta problemi di compressione dinamica e di cattivo tracciamento che scompaiono poco a poco. Quanto il rodaggio è fatto, se c’è un parametro dove la Purpleheart eccelle è proprio il fluire della dinamica e anche la cosiddetta “botta” che non solo non manca, ma è quanto di più eccitante mi sia stato possibile ascoltare (ed in questo mi ha rimandato alla Blue che acquistai ormai tanti anni fa).
Dal punto di vista timbrico, l’ho scritto sopra, Kiseki ricrea la Musica.
Mi ha fatto lo stesso effetto che, in ambito digitale, mi aveva fatto il DAC A1 di Total DAC, per il quale avevo scritto quanto mi fosse stato difficile recensirlo perché dopo poco che lo si ascolta, i parametri audiofili iniziano a scemare per lasciar posto alla Musica, con il risultato che si trova trasportati da questa e non certo da qualche caratteristica spettacolare, anche con la Purpleheart non mi è stato facile discernere i bassi dai medi, i medi dagli alti, la scena, la dinamica ecc. I timbri sono di rara bellezza, ricchi di sfumature, con strumenti che hanno corpo e che affascinano proprio perché non restano dei – pur belli - ectoplasmi. Tanto per citare un LP che ho citato poco (non è vero …), ascoltando il Concerto per il Nuovo Anno 1979, su Decca Digital, con la direzione di Boskovski, i timbri di tutti gli strumenti hanno qualcosa di vivo; poco importa se l’estremo acuto è meno presente del solito perché in realtà anche sulle piccole percussioni metalliche il suono ha un sapore di vero; per non parlare degli archi gravi, degli interventi di timpani e grancassa che non sono solo potenti, profondi e ben dinamici, ma non sono mai confusi. La bellezza della gamma medio-alta, leggermente posta in evidenza e la delicata gamma acuta provocano sensazioni che rimandano alla sala da concerto; un esempio per tutti il flauto, che ha quell’aura d’aria intorno a sé come capita di ascoltare dal vivo.
Analogo risultato con il Sacre du Printemps di Stravinski, nell’esecuzione di Maazel su Telarc, registrazione caratterizzata da un sottolineatura della gamma più alta che con la Kiseki torna ad essere normale; anche qui bei timbri, suoni naturali, eccellente dinamica, dinamica che nell’episodio “la glorificazione dell’eletta” diventa esplosiva (il volume era alto e la potenza di cui dispongo non è poca, soprattutto in considerazione del fatto che le AN E sono piuttosto efficienti), con colpi di timpano e grancassa che non sovrastano il testo dell’orchestra, ma hanno una potenza che mi ha fatto temere per la tenuta dei woofers.
L’ascolto dell’Oratorio di Natale di J.S. Bach nell’esecuzione di Gardiner su Archiv mi è parsa più “gioiosa” del solito; la dinamica, mai in sofferenza e la bellezza dei timbri, la loro “verità” già più volte citata, fanno entrare nella partitura, piuttosto che nel semplice ascolto critico. All’ascolto critico, soprattutto nei confronti con l’altro materiale a mia disposizione, è evidente che la parte più alta dello spettro audio è un po’ trattenuta e che a volte qualche suono nel medio-basso è appena accentuato, ma ho dovuto far ricorso ad una dose di concentrazione che andava al limite delle mie possibilità di ex cantante, posto che poi mi immergevo nell’ascolto della Musica.
La Purpleheart è onnivora; Jazz? Si, grazie. Cantautori? Certo. Rock? Si, si. In ogni genere permane, sempre e comunque, quella sensazione di suono dal vivo, di essere al cospetto di un palcoscenico. Non so se si tratti di un felice accoppiamento con il resto della mia catena, ma questa sensazione non mi ha mai abbandonato. Fatto sta che anche ascoltando Brain Salad Surgery di EL&P, produzione non esattamente audiofila, il volume continuava ad aumentare (sino a che mia moglie non mi ha ricordato che abitiamo in un palazzo e non in una villa isolata).
Ed anche con il bellissimo LP doppio “La fabuleuse histoire de Mister Swing”, concerto dal vivo degli anni 80 di Michel Jonasz, nel brano Le temps passé, il basso è potente (e non so quanti dei lettori conoscano questo disco e sappiano di quale potenza sto parlando; consiglio l’acquisto di questo disco che si trova facilmente su Internet), perfettamente intellegibile in tutte le sue sfumature, veloce nei tempi di attacco e corretto in quelli di decadimento, come corretti sono apparsi tutti gli altri strumenti e la voce di Jonasz. A volume elevato, “sembrava di averli lì davanti”.
Peraltro la Kiseki traccia molto bene; non siamo ai livelli dei due “mostri” che son passati per casa recentemente (la Audio Note IO-M e la ZYX Diamond Gold), ma siamo senz’altro ai livelli delle altre testine provate negli ultimi tempi e i fenomeni di fatica nel dipanare il messaggio sonoro, anche il più intricato, sono raramente percepibili e certamente non con i normali dischi di produzione Decca, DGG o EMI che abbiamo tutti in casa. Qualcosa si è manifestato con alcuni Telarc, con il Crystal Clear che contiene la Fanfare For The Common Man di Copland, ma il tutto nella media dei prodotti di costo simile.
Qualcuno penserà che negli ultimi tempi tutte le testine provate andavano bene. Purtroppo (per il recensore) è vero e la difficoltà maggiore nello stilare questi scritti è proprio il tentativo di far capire (con parole) quel che le orecchie ascoltano. E’ anche vero che i prezzi sono comunque importanti, ma è altresì vero che ognuno potrà poi fare la sua libera scelta. Ma per chi (permettetemi il volo pindarico) cerca l’espressività della musica da una testina a bobina mobile, con Kiseki probabilmente le si avvicinerà molto.
Attendiamo ora – con una certa impazienza - che rinascano la Agaat e la Blackheart e che il distributore ce le faccia provare.
Domenico Pizzamiglio
Produttore: Kiseki
Distributore: Audio Reference
Prezzo 2.250,00 €