Totaldac d1 - Single DAC
L'alta fedeltà francese, sebbene carica di storia, a volte ci sembra un po' lontana, come se fosse chiusa nei confini di casa propria. Eppure tanti sono i nomi di spicco, sia che provengano dal passato, che più recenti. Senza pretesa di essere esauriente, ricordo Verdier, Triangle, Focal, Hiraga, Micromega, Metronome, Atoll, YBA, Lavardin, Davis, Cabasse, tanto per citare i primi nomi che mi vengono in mente.
Anni fa, si diceva che il suono francese fosse poco adatto per il pubblico estero, a causa di un'impostazione sonora un po' particolare, tendente ad uno sbilanciamento tonale verso le frequenze acute. Come tutti i luoghi comuni, anche questo era poco affidabile. C'erano impianti che amavano suonare molto aperti, altri che erano più rigorosi. Oggi, di quelle tracce di “suono francese”, non resta più nulla o, perlomeno, nulla che varchi i confini francesi, per quanto abbiamo avuto occasione di ascoltare in questi ultimi anni.
Parleremo, sia io che Domenico Pizzamiglio, di un marchio francese relativamente giovane (2010) ma che in questi mesi sta facendo molto parlare di sé, spesso con toni entusiastici, per la sua produzione di DAC, accolti con estremo favore dalla stampa di tutto il mondo e dal pubblico che ha avuto occasione di provarli. In altre pagine di Audio-activity avrete letto l'intervista che Domenico ha realizzato a Vincent Brient, fondatore e progettista di Totaldac. In occasione della visita in Bretagna, abbiamo chiesto di poter provare un paio di prodotti e ci sono stati mandati l'A1 DAC, la cui prova di ascolto è effettuata da Domenico, e il d1-single DAC, che invece è oggetto di questo articolo. Anche questa volta, le due recensioni sono state scritte separatamente e senza previa consultazione quindi, se noterete punti di contatto, di divergenza o ripetizioni, sappiate che sono assolutamente casuali e frutto della massima libertà da condizionamenti, anche involontari.
Anni fa, si diceva che il suono francese fosse poco adatto per il pubblico estero, a causa di un'impostazione sonora un po' particolare, tendente ad uno sbilanciamento tonale verso le frequenze acute. Come tutti i luoghi comuni, anche questo era poco affidabile. C'erano impianti che amavano suonare molto aperti, altri che erano più rigorosi. Oggi, di quelle tracce di “suono francese”, non resta più nulla o, perlomeno, nulla che varchi i confini francesi, per quanto abbiamo avuto occasione di ascoltare in questi ultimi anni.
Parleremo, sia io che Domenico Pizzamiglio, di un marchio francese relativamente giovane (2010) ma che in questi mesi sta facendo molto parlare di sé, spesso con toni entusiastici, per la sua produzione di DAC, accolti con estremo favore dalla stampa di tutto il mondo e dal pubblico che ha avuto occasione di provarli. In altre pagine di Audio-activity avrete letto l'intervista che Domenico ha realizzato a Vincent Brient, fondatore e progettista di Totaldac. In occasione della visita in Bretagna, abbiamo chiesto di poter provare un paio di prodotti e ci sono stati mandati l'A1 DAC, la cui prova di ascolto è effettuata da Domenico, e il d1-single DAC, che invece è oggetto di questo articolo. Anche questa volta, le due recensioni sono state scritte separatamente e senza previa consultazione quindi, se noterete punti di contatto, di divergenza o ripetizioni, sappiate che sono assolutamente casuali e frutto della massima libertà da condizionamenti, anche involontari.
Lasciamo la presentazione dell'azienda al sito http://www.totaldac.com, che la comunicazione in rete dev'essere snella e veloce e le ripetizioni sono inutili.
Vogliamo invece evidenziare la tecnologia impiegata per la realizzazione della serie di DAC, che prevede l'utilizzo di DAC a discreti realizzati in casa, mentre per il jitter è stato implementato un sistema FIFO che immagazzina 10 ms di dati audio che poi invia ad un oscillatore locale.
Lasciateci dire che siamo orgogliosi di essere stati scelti, primi in Italia, da Totaldac, per la recensione dei suoi apparecchi. Audio-activity comincia ad avere un peso internazionale non indifferente e di questo ringraziamo voi lettori che continuate a seguirci e darci popolarità.
Torniamo ora al nostro Totaldac d1-single DAC e descriviamone le caratteristiche tecniche: l'apparecchio impiega un DAC ladder R2R per canale ed esce in sbilanciato, sebbene provvisto di uscite XLR funzionanti. Lo spesso frontale in plexiglas, a forma di tronco di piramide, è provvisto di un piccolo ma ben leggibile display OLED centrale. Il retro offre le uscite analogiche, un'interessante uscita cuffia, un ingresso S/PDIF, uno AES-EBU, uno ottico ed uno USB. Segue il connettore per il cavo proveniente dall'alimentatore separato, provvisto di regolatori a discreti. Ad eccezione dell'ingresso ottico, che riceve segnali fino a 96 kHz, gli altri accettano fino ad un massimo di 24 bit e 192 kHz. Il telecomando permette di regolare il volume di uscita, selezionare i 4 ingressi, la polarità assoluta, la connessione di terra, il filtro digitale, del quale parleremo tra un po', e l'accensione o spegnimento del display. Inoltre, il telecomando vi potrà aiutare anche nella selezione degli infiniti optional che il costruttore propone, compreso un crossover piuttosto complesso. Interessante puntualizzare che il DAC R2R è realizzato impiegando resistenze Vishay allo 0,01% e ce ne sono 100 per canale, coi costi che si possono ben immaginare. Il filtro al quale abbiamo fatto cenno prima serve a ripristinare il calo alle frequenze più acute dovuto alla conversione zero-oversampling ed il suo intervento è chiaramente udibile, come vedremo nella prova d'ascolto che segue questa presentazione.
Vogliamo invece evidenziare la tecnologia impiegata per la realizzazione della serie di DAC, che prevede l'utilizzo di DAC a discreti realizzati in casa, mentre per il jitter è stato implementato un sistema FIFO che immagazzina 10 ms di dati audio che poi invia ad un oscillatore locale.
Lasciateci dire che siamo orgogliosi di essere stati scelti, primi in Italia, da Totaldac, per la recensione dei suoi apparecchi. Audio-activity comincia ad avere un peso internazionale non indifferente e di questo ringraziamo voi lettori che continuate a seguirci e darci popolarità.
Torniamo ora al nostro Totaldac d1-single DAC e descriviamone le caratteristiche tecniche: l'apparecchio impiega un DAC ladder R2R per canale ed esce in sbilanciato, sebbene provvisto di uscite XLR funzionanti. Lo spesso frontale in plexiglas, a forma di tronco di piramide, è provvisto di un piccolo ma ben leggibile display OLED centrale. Il retro offre le uscite analogiche, un'interessante uscita cuffia, un ingresso S/PDIF, uno AES-EBU, uno ottico ed uno USB. Segue il connettore per il cavo proveniente dall'alimentatore separato, provvisto di regolatori a discreti. Ad eccezione dell'ingresso ottico, che riceve segnali fino a 96 kHz, gli altri accettano fino ad un massimo di 24 bit e 192 kHz. Il telecomando permette di regolare il volume di uscita, selezionare i 4 ingressi, la polarità assoluta, la connessione di terra, il filtro digitale, del quale parleremo tra un po', e l'accensione o spegnimento del display. Inoltre, il telecomando vi potrà aiutare anche nella selezione degli infiniti optional che il costruttore propone, compreso un crossover piuttosto complesso. Interessante puntualizzare che il DAC R2R è realizzato impiegando resistenze Vishay allo 0,01% e ce ne sono 100 per canale, coi costi che si possono ben immaginare. Il filtro al quale abbiamo fatto cenno prima serve a ripristinare il calo alle frequenze più acute dovuto alla conversione zero-oversampling ed il suo intervento è chiaramente udibile, come vedremo nella prova d'ascolto che segue questa presentazione.
Per l'elenco degli optional, che sono davvero numerosi, vi rimandiamo al sito del produttore, che è piuttosto chiaro ed esauriente.
Il Totaldac è stato inserito nel seguente impianto:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Scan Tech Lyra Helikon, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, MIT cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
Il primo CD che ascolto è un Deutsche Grammophon, “Die Shöpfung” (The Creation) di Haydn, eseguito da Chor & Simphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, diretta da Leonard Bernstein. Ciò che sento assomiglia molto al suono del mio dCS, solo leggermente più scuro. Interessante, è come se si ascoltasse la stessa esecuzione in sale da concerto diverse o, semplicemente, in stanze d'ascolto dove vi siano impianti di riproduzione uguali ma diversi allestimenti ambientali. Dire quale sia la riproduzione più corretta diventa quindi impossibile e mera questione di gusto personale. Le sibilanti appaiono appena più smussate, ad esempio.
La medesima impressione si ricava ascoltando “Dedalo” (Enja) di Gianluigi Trovesi con la WDR Big Band. Inoltre, il basso risulta appena più “corto” rispetto al riferimento, dando l'impressione di essere opportunamente più frenato. La dinamica è ottima e la gamma media bene avanti, che col sax di Trovesi è la manna dal cielo. La capacità di risoluzione dei segnali più complessi della Big Band è a livelli pari a quelli del riferimento, cioè estremamente elevati.
Il Totaldac è stato inserito nel seguente impianto:
giradischi Basis 2001, braccio Graham 2.2, testina Scan Tech Lyra Helikon, pre phono: Einstein "The Turntable's Choice" bilanciato, lettore CD/SACD dCS Puccini+U-Clock Puccini, preamplificatore: MBL 4006, finali: Bryston 7B ST, diffusori: JBL 4350B, cavi di segnale: MIT Oracle MA-X Proline, MIT Shotgun S2 RCA, Transparent Super XLR, Transparent Super RCA, LAT International XLR, cavi di potenza: MIT Magnum MA, Vovox Initio, MIT cavi di alimentazione: MIT Shotgun AC 1, Black Noise Pearl ed altri auto-costruiti, distributore di rete: Lector Edison 230/8, filtro di rete: Black Noise 2500.
Il primo CD che ascolto è un Deutsche Grammophon, “Die Shöpfung” (The Creation) di Haydn, eseguito da Chor & Simphonieorchester des Bayerischen Rundfunks, diretta da Leonard Bernstein. Ciò che sento assomiglia molto al suono del mio dCS, solo leggermente più scuro. Interessante, è come se si ascoltasse la stessa esecuzione in sale da concerto diverse o, semplicemente, in stanze d'ascolto dove vi siano impianti di riproduzione uguali ma diversi allestimenti ambientali. Dire quale sia la riproduzione più corretta diventa quindi impossibile e mera questione di gusto personale. Le sibilanti appaiono appena più smussate, ad esempio.
La medesima impressione si ricava ascoltando “Dedalo” (Enja) di Gianluigi Trovesi con la WDR Big Band. Inoltre, il basso risulta appena più “corto” rispetto al riferimento, dando l'impressione di essere opportunamente più frenato. La dinamica è ottima e la gamma media bene avanti, che col sax di Trovesi è la manna dal cielo. La capacità di risoluzione dei segnali più complessi della Big Band è a livelli pari a quelli del riferimento, cioè estremamente elevati.
Le continue, ampie variazioni di dinamica imposte da Mahler alle sue composizioni, permeano anche la 5° Sinfonia, eseguita in questo caso dalla Dallas Symphony Orchestra, diretta da Andrew Litton (Dorian Recordings). Il Totaldac sa bene come ricreare le dimensioni e la violenza della grande orchestra ma anche come seguirne i sussurri, riproducendo i pianissimo con delicatezza e precisione, ma anche i fortissimo sottolineati da timpani e grancassa, in un'esplosione di suoni e colori. Chi scrive non ama Mahler in modo particolare ma davanti ad un ascolto come questo, non ci si può sottrarre all'emozione.
Credo profondamente nell'inutilità dei confronti “al volo”; continuare a cambiare l'ingresso cercando di cogliere le differenze tra due apparecchi è inutile, visto che a noi interessa capire non solo se v'è differenza, bensì quale apparecchio suoni meglio, in base a criteri più o meno oggettivi. Per questo servono ascolti attenti e prolungati, per poter metabolizzare le sensazioni ricavate dall'ascolto di più dischi e generi musicali. Il rincretinirsi provocato dal continuo cambio di ingressi dell'amplificatore ogni 5 secondi, lo lasciamo volentieri ad altri.
Nel caso di questa prova, ad esempio, l'immediata differenza tra il Totaldac ed il dCS è quella già evidenziata: il primo suono un po' più “scuro” del secondo. Punto. Chi dovesse saltare alle conclusioni in base a questo confronto affrettato, sbaglierebbe. Dietro, infatti, c'è di più e lo si scopre, ad esempio, riascoltando il primo movimento per intero. Così si riesce a notare che dal dCS sembrano emergere più particolari e più armoniche, soprattutto nei segnali a basso livello mentre, per contro il d1 procura un piacere d'ascolto ed un'emozione sconosciuti al dCS.
Quindi, quale scegliere tra il compassato esecutore inglese ed il fantasioso interprete francese? Non sta a noi scegliere per i lettori: noi vi parliamo dei prodotti, voi li ascoltate e, se del caso, li inserite nel vostro impianto. E, credetemi, non sto facendo sfoggio di diplomazia. Sono anzi felice di non dover scegliere tra le due macchine, perché dopo un mese di ascolti, non sarei ancora in grado.
Ho in casa due Mahler, il Mahler “A” ed il Mahler “B”, entrambi fuoriclasse. Ed anche con altri generi musicali che ascolterò durante questo test, le bilancia è sempre rimasta in bilico. Ci vorrebbero entrambi ma non me li posso permettere.
A titolo d'informazione, per i miei ascolti ho preferito il treble filter in posizione “On”, che mi ha reso una maggiore ambienza e l'impressione di una gamma dinamica leggermente più ampia.
Il passaggio ai files 24/96 sembra abbattere quella leggera velatura alle alte frequenze notata negli ascolti a 16/44.1 e la musica sembra scorrere più libera. Le voci femminili del brano n. 10 del disco “The Nordic Sound” di 2L, si materializzano improvvisamente e con prepotenza dal silenzio tra lo spazio che separa i diffusori.
In tutto ciò, aggiungiamo la variabile del cavo/filtro d1, mandatoci da Monsieur Brient. E' presto detto: il filtro sortisce lo stesso effetto di un ottimo cavo di segnale a confronto di uno da 2 euro. Ad equilibrio tonale pressoché invariato (non agisce da equalizzatore), si ottiene una risoluzione dei particolari ben superiore da quella fornita dal mio cavo USB fornito da dCS col suo U-Clock. Si noti che quest'ultimo cavo ha i contatti dorati e prestazioni migliori di un normale cavo da computer. Anche un normale CD salvato su hard disc e riprodotto tramite JRiver, offre una risoluzione ed un silenzio tra gli strumenti, che il lettore integrato dCS non riesce a raggiungere, grazie alla combinazione computer+filtro+convertitore.
Se amate l'ascolto di musica dal computer, non rinunciate all'acquisto di questo filtro, che ha un prezzo molto competitivo anche nei confronti di normali cavi USB di buona qualità e che quindi posso consigliarvi a cuor leggero. In questo caso non si tratta di gusti, questo cavo non alter in alcun modo l'equilibrio timbrico e tonale della vostra sorgente; semplicemente trasmette un segnale libero da interferenze digitali provenienti dalla sorgente.
Per quanto riguarda il convertitore, abbiamo riscontrato una caratteristica, già evidenziata da qualche omologo provato in passato, solitamente di realizzazione curata artigianalmente ed “accordata” ad orecchio: il suono è particolarmente emozionante e privo di artefatti digitali, da vero zero-oversampling. Sappiamo che questa tecnologia ha la caratteristica di soffrire di un leggero calo di risposta alle altissime frequenze, risolta in questo d1 con un brillante ed efficace filtro.
Del suono abbiamo detto, delle garanzie fornite da Totaldac parliamo adesso: 2 anni sui difetti di fabbricazione e gli upgrade sono facilmente implementabili da parte del fabbricante. A tal proposito, segnaliamo che appena prima di chiudere questa recensione, Vincent ci ha segnalato che tutti i convertitori della serie “d”, da ora accettano in ingresso anche il segnale DSD. La differenza di prezzo è di 320 euro + tasse. Gli apparecchi Totaldac godono di un periodo di prova d'ascolto di 10 giorni presso le vostre abitazioni, trascorso il quale potrete renderli se non vi saranno piaciuti. Evidentemente, Vincent Brient è piuttosto sicuro dei suoi prodotti. A ragione, aggiungiamo noi che, dopo averli ascoltati con attenzione, non vediamo per quale motivo non debbano essere presi in seria considerazione da coloro che con l'impianto hi-fi ci ascoltano la musica.
Davvero un gran bel convertitore.
Angelo Jasparro
Prodotto da: Totaldac
Prezzo DAC d1: 6.400 euro + tasse
Prezzo cavo d1: 330 euro + tasse
Credo profondamente nell'inutilità dei confronti “al volo”; continuare a cambiare l'ingresso cercando di cogliere le differenze tra due apparecchi è inutile, visto che a noi interessa capire non solo se v'è differenza, bensì quale apparecchio suoni meglio, in base a criteri più o meno oggettivi. Per questo servono ascolti attenti e prolungati, per poter metabolizzare le sensazioni ricavate dall'ascolto di più dischi e generi musicali. Il rincretinirsi provocato dal continuo cambio di ingressi dell'amplificatore ogni 5 secondi, lo lasciamo volentieri ad altri.
Nel caso di questa prova, ad esempio, l'immediata differenza tra il Totaldac ed il dCS è quella già evidenziata: il primo suono un po' più “scuro” del secondo. Punto. Chi dovesse saltare alle conclusioni in base a questo confronto affrettato, sbaglierebbe. Dietro, infatti, c'è di più e lo si scopre, ad esempio, riascoltando il primo movimento per intero. Così si riesce a notare che dal dCS sembrano emergere più particolari e più armoniche, soprattutto nei segnali a basso livello mentre, per contro il d1 procura un piacere d'ascolto ed un'emozione sconosciuti al dCS.
Quindi, quale scegliere tra il compassato esecutore inglese ed il fantasioso interprete francese? Non sta a noi scegliere per i lettori: noi vi parliamo dei prodotti, voi li ascoltate e, se del caso, li inserite nel vostro impianto. E, credetemi, non sto facendo sfoggio di diplomazia. Sono anzi felice di non dover scegliere tra le due macchine, perché dopo un mese di ascolti, non sarei ancora in grado.
Ho in casa due Mahler, il Mahler “A” ed il Mahler “B”, entrambi fuoriclasse. Ed anche con altri generi musicali che ascolterò durante questo test, le bilancia è sempre rimasta in bilico. Ci vorrebbero entrambi ma non me li posso permettere.
A titolo d'informazione, per i miei ascolti ho preferito il treble filter in posizione “On”, che mi ha reso una maggiore ambienza e l'impressione di una gamma dinamica leggermente più ampia.
Il passaggio ai files 24/96 sembra abbattere quella leggera velatura alle alte frequenze notata negli ascolti a 16/44.1 e la musica sembra scorrere più libera. Le voci femminili del brano n. 10 del disco “The Nordic Sound” di 2L, si materializzano improvvisamente e con prepotenza dal silenzio tra lo spazio che separa i diffusori.
In tutto ciò, aggiungiamo la variabile del cavo/filtro d1, mandatoci da Monsieur Brient. E' presto detto: il filtro sortisce lo stesso effetto di un ottimo cavo di segnale a confronto di uno da 2 euro. Ad equilibrio tonale pressoché invariato (non agisce da equalizzatore), si ottiene una risoluzione dei particolari ben superiore da quella fornita dal mio cavo USB fornito da dCS col suo U-Clock. Si noti che quest'ultimo cavo ha i contatti dorati e prestazioni migliori di un normale cavo da computer. Anche un normale CD salvato su hard disc e riprodotto tramite JRiver, offre una risoluzione ed un silenzio tra gli strumenti, che il lettore integrato dCS non riesce a raggiungere, grazie alla combinazione computer+filtro+convertitore.
Se amate l'ascolto di musica dal computer, non rinunciate all'acquisto di questo filtro, che ha un prezzo molto competitivo anche nei confronti di normali cavi USB di buona qualità e che quindi posso consigliarvi a cuor leggero. In questo caso non si tratta di gusti, questo cavo non alter in alcun modo l'equilibrio timbrico e tonale della vostra sorgente; semplicemente trasmette un segnale libero da interferenze digitali provenienti dalla sorgente.
Per quanto riguarda il convertitore, abbiamo riscontrato una caratteristica, già evidenziata da qualche omologo provato in passato, solitamente di realizzazione curata artigianalmente ed “accordata” ad orecchio: il suono è particolarmente emozionante e privo di artefatti digitali, da vero zero-oversampling. Sappiamo che questa tecnologia ha la caratteristica di soffrire di un leggero calo di risposta alle altissime frequenze, risolta in questo d1 con un brillante ed efficace filtro.
Del suono abbiamo detto, delle garanzie fornite da Totaldac parliamo adesso: 2 anni sui difetti di fabbricazione e gli upgrade sono facilmente implementabili da parte del fabbricante. A tal proposito, segnaliamo che appena prima di chiudere questa recensione, Vincent ci ha segnalato che tutti i convertitori della serie “d”, da ora accettano in ingresso anche il segnale DSD. La differenza di prezzo è di 320 euro + tasse. Gli apparecchi Totaldac godono di un periodo di prova d'ascolto di 10 giorni presso le vostre abitazioni, trascorso il quale potrete renderli se non vi saranno piaciuti. Evidentemente, Vincent Brient è piuttosto sicuro dei suoi prodotti. A ragione, aggiungiamo noi che, dopo averli ascoltati con attenzione, non vediamo per quale motivo non debbano essere presi in seria considerazione da coloro che con l'impianto hi-fi ci ascoltano la musica.
Davvero un gran bel convertitore.
Angelo Jasparro
Prodotto da: Totaldac
Prezzo DAC d1: 6.400 euro + tasse
Prezzo cavo d1: 330 euro + tasse